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Il Foglio Rassegna Stampa
19.04.2013 Iran: sanzioni inefficaci, a che cosa servono ?
commento di Daniele Raineri

Testata: Il Foglio
Data: 19 aprile 2013
Pagina: 3
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «L’economia iraniana è in ripresa, le sanzioni non funzionano»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 19/04/2013, a pag. 3, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "L’economia iraniana è in ripresa, le sanzioni non funzionano".


Daniele Raineri     'E' davvero solo per uso domestico..'

Roma. Martedì la diplomazia occidentale, Stati Uniti più Unione europea, ha ricevuto una cattiva notizia: le sanzioni contro l’Iran non funzionano. Il Fondo monetario internazionale ha pubblicato il rapporto sul World Economic Outlook, che contiene le previsioni di crescita delle economie del mondo. Per inizio 2014 l’Iran segna un più 1,1 per cento. Vale a dire che anche se nel 2012 ha perso 1,9 e quest’anno perderà un ulteriore 1,3, la serie negativa si potrebbe interrompere perché l’economia è in ripresa. Il Fondo monetario è anche convinto che l’Iran conserverà un surplus di bilancio, il che rende molto bassa la probabilità di una crisi capace di cambiare il governo. “Non siamo nemmeno nello stesso quartiere di una crisi di bilancio”, conferma a Reuters l’economista nato in Iran Mehrdad Emadi, del gruppo di consulenza Betamatrix a Londra. E’ difficile raccogliere dati economici precisi sull’Iran, perché il governo di Teheran è diventato molto riservato dopo le sanzioni internazionali, ma quelli del Fondo monetario sono i più accurati a disposizione. Come nota il sito specializzato The Diplomat, la benevola previsione inserita nel rapporto globale è strettamente legata ai negoziati sul programma nucleare militare dell’Iran, che finora si sono trascinati senza successo. Se l’economia riparte vuol dire che la linea di chi dice “costringiamo il governo iraniano a rinunciare al nucleare con sanzioni economiche durissime” non sta funzionando. Eppure le sanzioni sono state pesanti anche per chi le impone – l’Europa era un buon partner commerciale di Teheran, ha dovuto fare a meno di scambi vantaggiosi. “Il governo ha avuto molto tempo per prepararsi alla guerra economica – dice Mohammad Ali Shabani, un analista politico iraniano a Londra – c’è chi parla di collasso, ma non sta succedendo”. Cinque giorni fa Reuters ha pubblicato l’intervista beffarda a un businessman iraniano che dice che con le sanzioni gli affari vanno meglio. Babak Zanjani controlla un network di sessantacinque compagnie con sedi soprattutto a Dubai e in Turchia ed è accusato di muovere milioni di dollari per conto del governo di Teheran – che non può – e di essere il canale privato delle compravendite di petrolio di stato, per aggirare i controlli. “Da quando sono stato colpito dalle sanzioni, a dicembre, gli affari vanno meglio, perché ci hanno fatto pubblicità”. Il dato del Fondo monetario internazionale complica le trattative: se le sanzioni non funzioneranno, si torna alla minaccia di un’intervento armato. Le voci su un imminente ondata di bombardamenti contro i siti atomici dell’Iran – da parte di Israele o degli Stati Uniti o di entrambi – sono circolate con frequenza nel 2011 e 2012, ma da un po’ di tempo s’erano affievolite. C’è un altro elemento che complicherà le trattative. Il capo dell’organizzazione epr l’energia atomica iraniana, Fereydoon Abbasi Davani, ha annunciato che il paese punta ad avere sottomarini nucleari in un futuro non meglio precisato. I sottomarini nucleari hanno bisogno come combustibile nucleare di uranio arricchito a un livello tra il 45 e il 90 per cento – il 90 per cento è adatto anche per costruire bombe atomiche. “Al momento non abbiamo piani per arricchire uranio oltre la soglia del venti per cento, ma per certe necessità, come per esempio per le navi e i sottomarini, potremmo dover produrre piccoli motori alimentati a uranio arricchito tra il 45 e il 56 per cento”, ha detto Abbasi Davani martedì. Sarebbe in ogni caso un attraversamento di quella soglia di sicurezza del venti per cento oltre la quale diventa più probabile la reazione militare da parte di Israele e Stati Uniti.

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