Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/04/2013, a pag. 33, l'articolo di Stefano Jesurum dal titolo "Il messaggio di Bieber ad Anna Frank non è il gesto irriverente di una star".


Justin Bieber Anna Frank
Diceva Baruch Spinoza che riguardo alle vicende umane non dobbiamo ridere, non dobbiamo piangere né indignarci, dobbiamo cercare di capire. Già. Non gridiamo allo scandalo, dunque, se un ragazzetto travolto da fama e successo iperbolici ne «spara» una così grossa ma così grossa che al momento lascia attoniti. Fermiamoci a ragionare, proviamoci almeno. Justin Bieber ha 19 anni, con oltre 35 milioni di follower ha spodestato Lady Gaga dall'empireo degli idoli di Twitter. In tournée nei Paesi Bassi, chiede di andare ad Amsterdam a visitare la casa di Anna Frank. Per un'ora, circondato da amici e bodyguard, si guarda intorno, fa domande. Fuori lo aspetta una folla di ragazzine urlacchianti. Sul libro dei visitatori, lascia scritta una frase: «Profonda ispirazione nell'essere venuto qui. Anna era una ragazza fantastica. Mi piace sperare che sarebbe stata una belie-ber, (una mia devota fan, ndr)». I social network s'infiammano di commenti per lo più disgustati, anche assai retorici, di quella rituale vuota-retorica di cui non si sente il bisogno. L'accusa è infamante: ha usato Anna Frank per vendere più dischi. Può darsi, e sarebbe una ignominia. Però non lo sappiamo, non siamo nella testa di Justin. E viene da domandarsi quanti ragazzi e ragazze passino da Amsterdam e alla casa di Anna Frank vadano a rendere omaggio per cercare di capire. Quanti sappiano che ad Amsterdam c'è l'appartamento dove si nascose e fu arrestata la piccola ebrea tedesca che aveva iniziato a scrivere il Diario il giorno del suo 13 compleanno. Quel diario lo aveva chiamato Kitty, l'amica che non c'è, la compagna inventata con cui parlare e sognare. Sogni giovanili. Quelli erano decisamente altri tempi, lei era senza dubbio molto matura e sensibile, a Kitty confidava anche sofferenze adolescenziali, qualche pagina dolorosa sul matrimonio dei propri genitori, pagine che per anni rimarranno segrete per volontà del padre Otto. A 15 anni la caricano su un treno per Auschwitz-Birkenau, poi la portano a Bergen-Belsen, muore di tifo nel marzo 1945, a tre settimane dalla liberazione del campo. Non prendetemi per blasfemo, ma magari avesse potuto essere una belieber!
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