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Il Foglio Rassegna Stampa
12.04.2013 Qatar: dove si incontrano i terroristi di al Qaeda
commento di Pio Pompa

Testata: Il Foglio
Data: 12 aprile 2013
Pagina: 2
Autore: Pio Pompa
Titolo: «Che andirivieni jihadista in Qatar, tutti s’ispirano alla costola siriana»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 12/04/2013, a pag. 2, l'articolo di Pio Pompa dal titolo "Che andirivieni jihadista in Qatar, tutti s’ispirano alla costola siriana".


Emiro del Qatar                                  al Qaeda

Dopo i talebani, i jihadisti libici, siriani e palestinesi, anche al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) ha deciso di inviare propri emissari a Doha, nel Qatar, zona franca per le formazioni islamiste impegnate nelle principali aree di crisi. “Con le informazioni giuste – raccontano al Foglio fonti arabe d’intelligence – può capitarti di vedere, in alcuni hotel periferici della capitale qatariota, l’andirivieni di esponenti qaidisti e filoqaidisti impegnati in incontri e trattative che nulla hanno a che fare con gli sbandierati processi di mediazione e pacificazione. Non è un caso che i rappresentanti di Aqmi stiano affrontando in questi giorni, con i fratelli libici e talebani, la situazione del jihad nei paesi nordafricani e il possibile invio di combattenti esperti da dispiegare nella crisi maliana al fianco dei miliziani asserragliati nel massiccio dell’Adrar degli Ifoghas. Il modello organizzativo più evocato è quello di Jabhat al Nusra, il più efficiente e pericoloso gruppo jihadista schierato contro il regime di Damasco, con i suoi oltre diecimila effettivi che annoverano reduci libici e affiliati di Aqmi”. Un altro, non meno importante aspetto ha riguardato il finanziamento di Aqmi e dei suoi alleati per fronteggiare al meglio l’offensiva francese nel nord del Mali. “La decisione assunta – puntualizzano le nostre fonti – è a dir poco clamorosa. Una parte dei proventi necessari sarà estrapolato dall’enorme flusso di denaro, proveniente in particolare dal Qatar e dall’Arabia Saudita, destinato alle formazioni dei ribelli siriani compreso l’esercito di Jabhat al Nusra. Un’altra parte dal traffico di droga, che comprende cocaina e anfetamine (oltre tremila chili di produzione l’anno) nell’Africa occidentale e rivendute sul mercato asiatico a 200 mila dollari al chilo”. Intanto nel Mali, in attesa dell’annunciato dispiegamento a giugno del contingente di pace dell’Onu, alle forze francesi e panafricane del Misma si aggiungeranno, questa settimana, 235 militari ivoriani portando il dispositivo di stabilizzazione a quasi 11 mila uomini. Ma resta aperto l’irrisolto e grave problema della riunificazione tra il nord e il sud del paese. Un problema che Parigi spera di aggirare imponendo al governo di Bamako di assicurare lo svolgimento, a luglio, delle elezioni presidenziali ritenute indispensabili per avviare un processo di riconciliazione nazionale. (Le imposizioni non sono gradite alle autorità maliane). Aveva iniziato il 27 marzo lo stesso François Hollande, con un’intervista a France 2: “Vogliamo che ci siano elezioni in Mali alla fine di luglio. E saremo irremovibili al riguardo”. Medesimo tono hanno avuto, venerdì scorso a Bamako, le dichiarazioni del ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, sia nell’insistere sulle elezioni, fissate per il 7 e 21 luglio, sia nell’invitare il Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) a deporre le armi. Così è potuto accadere che un politico, vicino al premier maliano, Diango Cissoko, stigmatizzasse tale atteggiamento come una “ingerenza che ricorda la Françafrique e un fare minaccioso assai sarkoziano. Cosa conterà di fare, Hollande, nel caso in cui la scadenza fissata non fosse rispettata?”.

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