Sul FOGLIO di oggi, 11/04/2013, a pag.2, con il titolo "Un musulmano contro il multiculturalismo. Il j'accuse di Malik", Giulio Meotti riporta le opinioni dello scrittore musulmano Kenan Malik sul multiculturalismo.
Kenan Malik
Roma. Kenan Malik non è nuovo alle provocazioni intellettuali. Nel 2009 pubblicò un libro sul “Caso Rushdie e la sua eredità” (Atlantic Books), in cui sosteneva che il liberalismo occidentale aveva sacrificato la libertà di parola nella condanna a morte di Salman Rushdie, accusando la “ritirata preventiva” dei liberal guidata dal “pensiero unico del multiculturalismo”. “La paura di altre fatwe dopo quella contro i ‘Versetti satanici’ ha portato a vietare qualsiasi forma di offesa religiosa, negando la libertà di espressione”, scrisse Malik. Adesso questo intellettuale islamico inglese, editorialista di testate di sinistra come il Guardian e della Bbc, già fondatore del movimento anti razzista in Gran Bretagna e autore di “The Meaning of Race” (Il significato della razza, ndr), a maggio torna con un libro che è un manifesto: “Multiculturalism and its discontents”. Il saggio risponde alla domanda: “Se sei pro immigrazione come fai a essere contro il multiculturalismo?”. “Sono di sinistra, a favore dell’immigrazione di massa a frontiere aperte”, scrive Malik. “Ma credo che il multiculturalismo come processo politico sia stato disastroso. Anziché creare nazioni più uguali le ha rese più tribali e chiuse al confronto”. Malik si dice scettico anche sul termine tanto abusato di “islamofobia”, perché “confonde le critiche lecite all’islam con la discriminazione nei confronti dei musulmani”. Il libro di Malik si apre sul massacro in Norvegia da parte di Anders Behring Breivik. “Agli occhi di Breivik le uccisioni di Oslo e Utoya sono stati i primi colpi di una guerra per difendere l’Europa dal multiculturalismo”. La strage ha fatto implodere il castello delle politiche di immigrazione in Europa. “Venti anni fa, il multiculturalismo era visto da molti come la risposta ai problemi sociali dell’Europa. La celebrazione della differenza e il rispetto del pluralismo vennero considerati come le caratteristiche di una visione antirazzista fondamento delle moderne democrazie liberali”. Questo teorema ha fallito, dice Malik. “Oggi il multiculturalismo è visto da un numero crescente di persone non come la soluzione, ma come la causa dei mali dell’Europa. Questa percezione ha portato politici tradizionali, come ad esempio David Cameron in Gran Bretagna, la tedesca Angela Merkel, e l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, a denunciare i pericoli del multiculturalismo”. La critica al multiculturalismo da anni è associata alla retorica populista di Geert Wilders, ma Malik ci tiene a rivendicare che “c’è una lunga e importante tradizione di critiche di sinistra al multiculturalismo e delle idee che ne sono alla base”. Secondo l’intellettuale musulmano, “quello del multiculturalismo è un linguaggio attraverso il quale oggi vengono propagate idee razziste. Il multiculturalismo pone le persone in una griglia etnica, creando confini fisici, culturali, immaginari”. Al centro vi è la convinzione che l’umanità sia divisa in gruppi aventi differenze immutabili fra loro. Ogni gruppo ha proprietà speciali che lo definiscono e il suo destino è legato a queste proprietà, diverse da ogni altro gruppo. Il multiculturalismo apre all’apartheid perché “imprigiona l’identità”. Le pratiche sociali e politiche multiculti hanno fatto sì che l’eguaglianza non venisse estesa agli immigrati. “Così, invece di dire che in Gran Bretagna viviamo in una società ugualitaria, diciamo che viviamo in una società multiculturale”. Malik si appropria dell’antirazzismo per criticare il multiculturalismo: “Il nazismo e l’Olocausto hanno screditato le teorie biologiche della razza, che ora vengono tradotte nel linguaggio del pluralismo culturale, che nel Dopoguerra è divenuto il linguaggio accettabile per discutere di ciò che prima veniva discusso in termini di differenza biologica”. L’autore porta infine come esempio negativo i Balcani dilaniati dalle guerre confessionali: “Nella ex Jugoslavia tutti esaltavano Sarajevo come ‘città multiculturale’, mentre è stata proprio la promozione delle differenze culturali a causare la guerra”. Il messaggio di Malik è chiaro: se l’Europa non abbandonerà la ghettizzazione multiculturale finirà come la magnifica e tragica “polis” di Sarajevo.
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