Sul FOGLIO di oggi, 11/04/2013, a pag.1, con il titolo " Morsi è il 'responsabile morale' delle violenze. L'accusa del papa copto ", un articolo sulle responsabilità di Morsi nella repressione violenta della minoranza copta.
Roma. “Le tensioni tra comunità religiose che scuotono l’Egitto hanno ormai raggiunto un livello di caos”, ha detto il papa copto Tawadros II dopo gli agguati sanguinosi contro i copti, culminati con l’assedio alla cattedrale del Cairo, domenica. Tawadros II non si è limitato a denunciare la situazione ormai insostenibile, ma ha anche accusato il presidente della Fratellanza musulmana, Mohammed Morsi, di esserne il responsabile morale. “Dopo gli incidenti di domenica scorsa, Morsi mi ha telefonato e mi ha promesso di fare di tutto per proteggere la cattedrale ma in realtà non abbiamo visto nulla. Questo fa parte della categoria della negligenza o della valutazione sbagliata degli eventi”. Secondo alcune fonti, la scintilla che ha fatto scattare gli incidenti nella notte tra venerdì e sabato ad al Khosous, un sobborgo a nord del Cairo, è stata innescata dai graffiti di croci uncinate di due bambini copti (arrestati e rilasciati ieri) sui muri di un istituto religioso islamico. Rabbiosa la reazione dei musulmani contro i copti: furibondi scontri nelle strade del sobborgo, mentre le forze di sicurezza, come sempre, hanno ritardato il loro intervento, e alla fine il bilancio degli incidenti è stato di 8 morti e 20 feriti. Domenica, il secondo tempo degli incidenti: nonostante le assicurazioni di Morsi al papa copto (“tutti gli attacchi contro la chiesa copta sono un attacco personale contro di me”), dopo i funerali di quattro copti vittime degli incidenti di al Khosous, sul sagrato della cattedrale di al Abbasiya al Cairo sono deflagrate altre violenze – tra copti e forze di sicurezza – che hanno provocato la morte di 2 copti e il ferimento di altri 90. Tawadros II oggi attacca Morsi perché ritiene che la sua complicità, quanto meno morale, nell’escalation di violenze abbia ormai raggiunto un livello intollerabile. L’11 ottobre del 2011, all’indomani di un massacro di copti, il vicepresidente e ministro delle Finanze, Hazem Beblawi, diede le dimissioni. La persecuzione dei copti si è a tal punto incancrenita – senza alcun contrasto da parte del governo islamico – che il 26 febbraio scorso la Conferenza delle chiese cristiane ha rifiutato un incontro richiesto da Morsi per discutere della pace religiosa. Questa struttura si è formata al Cairo l’8 febbraio scorso per riunire tutte le chiese cristiane (copta, cattolica, ortodossa, le chiese evangeliche) per impedire che la nuova Costituzione nel nome della sharia riduca la libertà di culto e i diritti civili dei cristiani e per imporre al governo un minimo di difesa dei cristiani. E’ inequivocabile la motivazione del rifiuto delle chiese cristiane al confronto con Morsi, come l’ha espressa l’anglicano Andre Zaki: “Le chiese hanno avuto precedenti ‘dialoghi’ con la presidenza ma hanno dovuto registrare che Morsi non ha minimamente tenuto conto delle loro richieste; riteniamo quindi oggi che ulteriori incontri siano inutili e che non portino nulla di nuovo”. Lo sconfinamento in Libia Dalla caduta di Hosni Mubarak in poi, gli assalti dei musulmani contro i copti – già violenti da anni – sono diventati più cruenti. Mentre il regime del “Faraone laico” conservava una apparenza di neutralità nel conflitto interconfessionale (che è anche interetnico, perché in genere i copti non sono arabi, ma berberi), da quando la Fratellanza controlla la presidenza, il governo e il Parlamento, si fa sempre più chiara la doppiezza denunciata da Tawadros II e dalla Conferenza delle chiese cristiane. Alle parole di solidarietà e comprensione di Morsi (accompagnate da appelli falsamente ecumenici di al Azhar), seguono evidenti indicazioni alle forze di sicurezza a lasciare mano libera alle squadracce di islamisti che assediano i cristiani che negli ultimi due anni contano i loro martiri a decine e decine, sì che migliaia di copti (secondo alcune fonti centomila) sono scappati dall’Egitto diretti negli Stati Uniti e in Europa, dove le comunità copte sono fiorenti, anche dal punto di vista economico. Questo doppio binario dei Fratelli musulmani nei confronti dei cristiani, ecumenico a parole ma persecutorio nei fatti, ha contagiato la confinante Libia dove – secondo la denuncia del copto Naguib Gibrail, presidente dell’Unione egiziana per i diritti dell’uomo – Ezzat Hakim Atallah, un copto egiziano, accusato di “proselitismo”, è stato torturato a morte in un carcere assieme a quattro correligionari, mentre altri 51 copti egiziani sono stati arrestati in varie località libiche, sempre con l’accusa di “proselitismo” e una chiesa copta di Bengasi è stata data alle fiamme. Naguib Gibrail ha denunciato anche la complicità di Morsi e del suo governo che nulla hanno fatto per contrastare le persecuzioni dei libici nei confronti dei copti egiziani.
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