Flirtare con il terrorismo è apologia di genocidio
Commento di Giulio Meotti
Giulio Meotti
http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/13096#.UV7LaxEaySM
(Traduzione di Yehudit Weisz)
Zeev Sternhell Gideon Levy Amira Hass
Gli ebrei che collaborano con il nemico, gli ebrei tedeschi o comunisti in passato e i giornalisti israeliani di sinistra di oggi, non possono lavarsi il sangue dalle mani.
Fine marzo del 1983, esattamente 30 anni fa. Il Partito Comunista dell’Unione Sovietica crea il “Comitato anti-sionista”. Si deve combattere contro la pretesa di Israele come “esclusività nazionale del popolo eletto”. Tutti i cittadini sovietici – lavoratori, agricoltori, rappresentanti dell’intellighenzia” - sono invitati a partecipare attivamente alla lotta contro il popolo ebraico.
Al “Comitato anti-sionista” presero parte anche eminenti ebrei, odiatori di sé, come Yakov Fishman, il rabbino capo di Mosca, e David Dragunsky, colonnello generale dell’esercito sovietico e per due volte premiato “Eroe dell’ Urss”.
Come i leader ebrei sovietici che avevano tradito il proprio popolo, trent’anni dopo i giornalisti ebrei israeliani sono confluiti nelle file del terrorismo arabo. L’ignobile elenco dei giornalisti israeliani che flirtano con l’Intifada palestinese è già molto lungo. L’ultima iscritta nella lista è l’ebrea israeliana Amira Hass di Haaretz. “Il lancio di pietre è un diritto e un dovere di tutti coloro che vivono sotto il dominio straniero”, ha scritto l'esprta ufficiale di Haaretz di quelli che il quotidiano etichetta “territori occupati”. Il punto di non ritorno per questi commentatori israeliani è il Prof. Ze’ev Sternhell dell’Università Ebraica di Gerusalemme e vincitore del Premio Israele che, prima ancora di essere stato scelto per ricevere il premio, aveva scritto su Haaretz: “Non vi è alcun dubbio circa la legittimità della resistenza armata nei territori. Se solo i palestinesi avessero avuto un po’ di buon senso, avrebbero potuto concentrare la loro lotta contro gli insediamenti, senza ferire donne e bambini, e avrebbero evitato di sparare a Gilo (nella parte sud-est di Gerusalemme, che ogni giorno era sotto tiro NdA.) a Nahal Oz (un kibbutz vicino a Gaza NdA.) e a Sderot. Dovrebbero anche evitare di fare attentati sul lato occidentale della Linea Verde. In questo modo gli stessi palestinesi avrebbero tracciato lo schema di una soluzione che si realizzerà senza dubbio in futuro”.
Sternhell in questo modo ha approvato il terrorismo palestinese durante la Seconda Intifada, mentre i suoi studenti venivano massacrati sugli autobus e nei ristoranti.
Non sorprende che allora, come oggi, Amira Hass, Zeev Sternhell avesse elogiato “quel meraviglioso ragazzo che ha appena sradicato un uliveto o rotto un parabrezza”. Nel 1988 Sternhell aveva scritto sul quotidiano Davar, oggi chiuso: “Alla fine dovremo usare la forza contro i coloni di Ofra o Elon Moreh. Solo chi è disposto a prendere d’assalto Ofra con i carri armati, sarà in grado di bloccare il pericolo fascista che minaccia di soffocare la democrazia israeliana”.
Larry Derfner, ex giornalista del Jerusalem Post, alcuni giorni dopo che degli innocenti civili israeliani erano stati uccisi da terroristi vicino a Eilat, sul suo blog scrisse che tali attacchi contro gli israeliani erano un’arma giustificabile per i palestinesi, da usare perché abbia fine l’ “occupazione”. Derfner aveva scritto: “I palestinesi che hanno ucciso otto israeliani nei pressi di Eilat la settimana scorsa, per quanto vile fosse l’ideologia, erano giustificati a farlo”. In seguito a quanto ha scritto, gli è stato chiesto di dimettersi dal Jerusalem Post dopo una valanga di proteste dei lettori. Punti di vista come questo o come quello di Sternhell, portano direttamente alla conclusione che il genocidio è ammissibile per i “combattenti per la libertà” arabi che uccidono gli ebrei, siano essi civili o soldati dell’“esercito di occupazione” israeliano.
E che dire di Amos Oz, che si mise in contatto con Marwan Barghouti, il leader terrorista palestinese accusato di aver ucciso cinque israeliani e di aver programmato un gran numero di attacchi terroristici ? Questo vincitore del Premio Israele aveva inviato al prigioniero palestinese uno dei suoi libri con una dedica personale, augurandogli una pronta liberazione dal carcere: “Questa storia è la nostra storia. Spero che tu la legga e possa capire meglio noi, così come noi cerchiamo di capire voi. Sperando di incontrarti presto in pace e libertà”.
Haaretz ha diligentemente insidiato la superiorità morale di Israele, ponendo le vittime del terrorismo sullo stesso piano dei loro barbari carnefici. Nahum Barnea, non di destra, su Yediot Aharonot ha scritto nel novembre del 2000 che ci sono giornalisti israeliani che non hanno superato il “test del linciaggio”. Questi giornalisti non potrebbero mai criticare i palestinesi persino quando due israeliani vengono barbaramente assassinati da un pogrom palestinese a Ramallah. Chi sono questi giornalisti? Gideon Levy, Amira Hass e Akiva Eldar, tutti di Haaretz. Questi giornalisti israeliani hanno molto sangue israeliano sulle loro mani. Credo che quasi tutto l’establishment dei giornalisti israeliani sia colpevole di arrendevolezza e di istigazione al terrorismo arabo, perché quando durante la prima Intifada gli arabi palestinesi avevano attaccato i civili israeliani e le forze di sicurezza con pietre, sbarre di ferro, proiettili, coltelli, asce e bombe molotov, nei media israeliani i terroristi venivano descritti come “dimostranti”, persino come “manifestanti pacifisti”, e non per quello che sono i realtà: terroristi.
Viviamo in un tempo in cui un giovane musulmano, barbaro e demente, a Tolosa ha ucciso la piccola Miriam Monsonego, l’ha sollevata da terra e le ha sparato due volte alla testa mentre lei stava sanguinando a morte, solo per “aver la riprova” di averla uccisa. Ma quel macellaio non avrebbe mai usato il coltello se non avesse ricevuto l’ordine da qualcuno che gli aveva fatto il lavaggio del cervello.
Ecco perché i giornalisti israeliani, i cronisti e gli scrittori che espurgano il terrorismo genocida musulmano sono colpevoli quanto i terroristi stessi, e in questo senso, ancora più colpevoli.
500 anni fa, l’italiano Niccolò Machiavelli pubblicò il suo capolavoro, “Il Principe”, in cui formulò l’idea che “il fine giustifica i mezzi”. Se il fine è smantellare gli “insediamenti” e spingere l’IDF indietro oltre i confini del 1967, allora vuol dire che ogni mezzo è giustificato. Compresa la strage di una famiglia in un kibbutz, far esplodere una caffetteria o sparare ad un’auto con all’interno dei bambini “coloni”.
Il giorno dopo, l’intero paese può piangere, ma la notizia, sui giornali della sinistra israeliana, finiràrelegata in un angolo delle pagine interne: “Colona ebrea uccisa”, o peggio, “Bambino colono ebreo strangolato”, come se il duplice stigma di “Ebreo” e “colono”, avesse reso l’omicidio comprensibile, giustificato e allontanato dalla nostra attenzione.
Il poeta italiano Emilio Lussu ha scritto “con queste parole, le pistole sparano da sole”.
Giulio Meotti è l'autore di " Non smetteremo di danzare " (Lindau Ed.) pubblicato in inglese con il titolo " A New Shoah", scrive per Yediot Aharonot, Wall Street Journal, Arutz Sheva, FrontPage Mag,The Jerusalem Post, Il Foglio. Informazione Corretta pubblica in lingua italiana - nella rubrica “Meotti International”- i suoi articoli scritti in inglese per le testate sopra citate.