Per la festività di Pasquetta, oggi non escono i giornali. IC pubblica il commento di Ugo Volli, con gli auguri ai nostri lettori.
La soddisfazione di un'elemosina antisemita
Commento di Ugo Volli
Cari amici,
In politica, come nei contratti di compravendita, bisogna sempre guardare a quel che è scritto in caratteri piccoli e naturalmente stare attenti alle conseguenze. Prendete i finanziamenti europei all'Anp e alle organizzazioni palestinesi (o alle Ong filopalestinesi o “dedite alla difesa dei diritti umani”, incluse quelle che hanno sede in Israele, non fa differenza).
Informazione Corretta ha documentato con un dossier l'estensione e l'irregolarità giuridica di questi finanziamenti nelle amministrazioni locali italiane: ogni sindaco, in particolare se di sinistra, ogni presidente di provincia e di regione, ogni comunità montana non manca di usare i soldi delle nostre tasse, rari come sappiamo, per sentirsi più buono allungandoli a questo o quel comitato, organizzazione non governativa, iniziativa palestinese.
In fondo è come l'elemosina delle feste fuori dalle chiese, che tutti danno senza chiedersi chi sia il beneficiato: basta che abbia l'aria di averne bisogno - e chi ha più bisogno di aiuto dei poveri palestinesi oppressi da Israele?
La stessa cosa avviene ovviamente a livello dei governi: anche del nostro governo.
E' accaduto di recente che il governo norvegese abbia dovuto ammettere di aver ingannato il suo stesso parlamento pur di compiere questo “dovere umanitario” di dare ai palestinesi la sua santa elemosina. Si era dimenticato di raccontare al Parlamento, che in tutti i paesi democratici decide su come spendere i soldi pubblici, che aveva saputo per certo che i finanziamenti ai palestinesi finivano ai terroristi ( http://europenews.dk/en/node/65284) e lo stesso primo ministro si è dovuto dichiarare “preoccupato” da questo “finanziamento indiretto”
(http://www.thecommentator.com/article/2873/norwegian_mp_concerned_over_norway_s_indirect_funding_of_palestinian_terrorism).
Lo stesso accade più o meno con tutti gli altri governi europei e deriva dal fatto che il bilancio dell'Anp, se si prescinde dalla parte importante che ne è tolta per arricchire dirigenti e loro figli, parenti e amici, è speso per lo più a pagare gli stipendi dei loro dipendenti (inclusi quelli di Gaza, appartenenti al nemico Hamas), il cui compito principale non è fare i postini o gli impiegati dell'anagrafe, ma combattere il nemico vero, cioè Israele. Quasi tutti i terroristi palestinesi sono ufficialmente dipendenti dall'Anp, magari dalla sue “forze di sicurezza”, armate per combatterli; e se per caso vengono catturati e condannati ricevono un regolare stipendio, anche se per caso fossero “studenti” o “disoccupati”, proprio per il fatto di essere “prigionieri dell'occupazione”.
La fabbrica del terrore, che funziona oggi a bassa intensità, per ragioni politiche e per la capacità di autodifesa israeliana inclusa la barriera di sicurezza che imbestialisce i “pacifisti”, ma non è affatto smantellata, è la principale “industria” palestinese.
Un altro finanziamento che bisogna considerare è quello dell'Unione Europea, che ammonta a parecchie centinaia di milioni l'anno, naturalmente presi dai soldi nostri (e dei greci, dei ciprioti, degli spagnoli, di tutti quelli che devono stringere la cintura perché “non ci sono soldi”). E' qui che è particolarmente interessante guardare i “caratteri piccoli”. Perché queste centinaia di milioni, forse miliardi di euro sparsi in diversi capitoli di bilancio e “azioni” hanno obiettivi diversi, che qualche volta sono specificati (a caratteri piccoli, naturalmente e con la fiducia che il parlamento europeo sia meno noioso e comunque assai meno potente di quello norvegese).
Fra questi obiettivi, c'è un finanziamento alle costruzioni palestinesi nella zona C dei trattati di Oslo e in particolare nella piccola area E1, che è il luogo - piccolo, pochi ettari, oggetto di grandi polemiche - della pianificazione di uno sviluppo edilizio israeliano che dovrebbe unire il comune do Maalé Adumim e quello di Gerusalemme (http://en.wikipedia.org/wiki/E1_(Jerusalem).
Se traduciamo queste indicazioni burocratiche in linguaggio comune, questo capitolo di bilancio significa che l'Unione Europea finanzia l'Autorità Palestinese a violare i trattati di Oslo
(http://www.jpost.com/Diplomacy-and-Politics/EU-budgets-7m-euros-for-PA-development-of-Area-C-307366). Nonostante il suo carattere ideologico di sostanziale resa ai palestinesi, che ne fa uno dei maggiori fallimenti nella storia israeliana, il trattato di Oslo conteneva alcune garanzie, non era affatto una cessione indiscriminata della “Cisgiordania” all'Olp (che con esso sarebbe diventata l'Anp). Fra queste garanzie c'era una divisione in zone del territorio:
la zona A, che conteneva le città e la grandissima maggioranza dei villaggi e il 96 per cento della popolazione palestinese, era affidato all'Anp per gli aspetti amministrativi e di sicurezza,
la zona B, cioè la terre circostanti la zona A ,era affidata all'Anp per l'amministrazione e a Israele per la sicurezza,
la zona C infine, quasi vuota di popolazione araba ma strategicamente rilevante e già popolata da villaggi israeliani, era affidata a Israele per entrambi gli aspetti: per esempio il confine con la Giordania e la sommità delle colline in Giudea e Samaria.
Ora l'Unione Europea vuole che l'Anp costruisca dentro queste aree, perché ritiene ideologicamente che tutto il territorio oltre la linea armistiziale del '49 (la “linea verde”) debba costituire la base dello stato palestinese. Può pensarlo, naturalmente. Ma se finanzia delle iniziative in questo senso viola i trattati di Oslo e la legalità internazionale.
Si dice spesso che le “colonie” israeliane in Giudea e Samaria sarebbero illegali.
Non è così, anzi il trattato di San Remo del 1921 e poi la deliberazione della Società delle Nazioni che istituiva il mandato britannico (ripresa poi integralmente dall'Onu alla sua fondazione, come tutte le delibere della SdN), che è la vera base legale per la fondazione dello stato di Israele) fissava fra gli obiettivi del Mandato proprio l'insediamento ebraico in tutte le sue zone.
Una cosa è certa: che l'Anp è stata fondata proprio sulla base degli accordi di Oslo, inclusa la divisione in zone del territorio; violarlo, o indurre i palestinesi a violarlo costituisce non un'azione a favore della legalità e della pace, ma della prepotenza e della guerra. E questo si può dire di tutti i finanziamenti di cui stiamo parlando: sono atti di guerra “indiretta” contro Israele. Come quando i paesi arabi finanziavano l'Ira, cioè i terroristi irlandesi, contro la Gran Bretagna e come quando - a quel che pare - l'Unione Sovietica appoggiava concretamente le Brigate Rosse in Italia.
Azioni di destabilizzazione belle e buone.
A guardare i caratteri piccoli, o piuttosto le conseguenze, dovrebbero essere anche i palestinesi. Perché vi sono numerose ricerche che dimostrano il carattere corruttivo ed economicamente distruttivo dei finanziamenti stranieri (http://www.csmonitor.com/World/Middle-East/2013/0328/Too-much-of-a-good-thing-Palestinians-realize-downsides-of-foreign-aid-boom?nav=107-csm_subcategory-topStories)
Non solo l'economia palestinese è devastata da questi soldi arrivati senza una logica economica, solo per far la guerra a Israele (in definitiva per odio agli ebrei, per antisemitismo). Anche la loro società lo è, perché chi controlla il denaro e magari se ne appropria, non sopporta la minima critica. E' accaduto così nei giorni scorsi che un giornalista di Ramallah fosse arrestato per aver osato criticare il presidente Muhammed Abbas (http://www.jpost.com/National-News/Palestinian-journalist-jailed-for-insulting-Abbas-308014) e fosse gettato in quelle carceri dove si pratica abbondantemente la tortura (lì sì, non nelle carceri israeliane, ma le proteste dei pacifisti filopalestinesi su queste torture non si sono mai sentite: http://elderofziyon.blogspot.it/2013/03/palestinian-arabs-describe-torture-in.html)
Insomma, sarebbe meglio per tutti smetterla con questa pioggia di soldi che fa dei territori dell'Autorità palestinese il recettore di finanziamenti internazionali più cospicuo al mondo (più o meno pari a tutto quel che riceve l'intera Africa, per fare solo un paragone).
Farebbe bene alle nostre tasche, farebbe bene alla pace, a Israele e agli stessi palestinesi. Ma volete mettere la soddisfazione di un'elemosina antisemita?
Ugo Volli