Israele/Turchia: guardando al futuro
Commento di Mordechai Kedar
(Traduzione dall'ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz)
Mordechai Kedar
Mentre Obama si trovava in Israele il Primo Ministro di Israele Benjamin Netanyahu ha telefonato al suo omologo turco, Recep Erdogan, scusandosi per la morte dei cittadini turchi nell’incidente della Mavi Marmara. Le scuse hanno messo fine a un periodo fin troppo lungo di relazioni congelate tra i due paesi, oggi potrebbero invece diventare di nuovo normali, in particolare alla luce dei significativi cambiamenti che si stanno verificando in Medio Oriente, iniziati con con le “primavere arabe”.
Le scuse di Netanyahu sono chiaramente il risultato dell’intervento di Obama, e possono essere interpretate in due modi diversi: come un fatto marginale, o, al contrario, come un evento importante.
Lo scenario minore
Presuppone che il Presidente Obama fosse intenzionato a ristabilire i rapporti tra i due Stati, essendo con ogni probabilità la Turchia - in modo aperto o velato - dietro a quei gruppi estremisti come Hamas a Gaza e i Fratelli Musulmani in Egitto, che operano contro Israele. Ma c’era anche di peggio, l’interruzione nelle comunicazioni tra i governi israeliano e turco non consentiva agli americani di condividere le informazioni dei servizi segreti per affrontare in modo unitario il deterioramento della situazione in Siria, con la conseguenza di rendere impossibile una politica regionale operativa in merito alle armi chimiche che potrebbero cadere nelle mani di organizzazioni jihadiste ed essere usate contro la stessa Turchia, Israele, in Europa e in ogni parte del mondo, Stati Uniti compresi.
Il Presidente Obama vuole ridurre al minimo il pericolo che gli Stati Uniti possano essere attaccati, per questo ha esercitato pressioni su Netanyahu perché si scusasse con Erdoğan. Per Obama la sicurezza nazionale degli Stati Uniti conta più dell’onore di Netanyahu o degli interessi di Israele, così ha ottenuto la collaborazione di Netanyahu. Ha negoziato la pace tra Netanyahu ed Erdogan anche per il desiderio di apparire (Yes, we can) come “qualcuno che può” portare la pace in Medio Oriente. Va ricordato che due giorni prima che Netanyahu telefonasse a Erdogan, Abdullah Ocalan, leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) aveva annunciato un cessate il fuoco dopo trenta anni di lotta e 40.000 vittime tra curdi e turchi. L’annuncio con Ocalan non è nato dal nulla, ma solo in seguito al fatto che gli Stati Uniti avevano spinto Erdogan a questa decisione. Le scuse di Netanyahu possono essere state la ciliegina sulla torta quale ricompensa che Obama ha offerto a Erdogan per il suo accordo con Ocalan. Un’altra ciliegina riguarda l’ego di Erdoğan, che aveva cercato da tempo di trasformare il governo della Turchia in un sistema presidenziale, come quello di Francia e Stati Uniti. Dato che non può candidarsi nuovamente come primo ministro, vorrebbe essere eletto Presidente, per questo intende instaurare un sistema presidenziale, per continuare a governare il paese. Deve però essere cambiata la Costituzione con un referendum pubblico, a questo fine il successo nell’aver ottenuto le scuse da Israele ne migliora l' immagine pubblica e aumenta le sue possibilità di vincere il referendum.
Dopo aver preso in una settimana due piccioni con una fava, Obama può dichiarare che chi è in grado di ristabilire la pace tra Israele e Turchia e tra Turchia e curdi, può anche aver successo con sunniti e sciiti, curdi e arabi, e anche con Israele e palestinesi. John Kerry resta nella regione per gestire i collegamenti tra le diverse parti ed elaborare i dettagli dopo che il Presidente Obama ha definito le linee generali della pace in Medio Oriente. Ecco come Obama può giustificare il Nobel per la Pace che aveva ricevuto all’inizio del suo primo mandato, e non affrontare ancora direttamente un argomento come l’Iran.
Lo scenario maggiore
Quanto detto sopra è del tutto credibile, ma è solo una piccola parte, il primo capitolo, di una storia molto più ampia, la cui conclusione consiste nel preparare il terreno per un attacco contro l’Iran. Dal punto di vista strategico, Obama sta cercando di temporeggiare , al fine di non danneggiare gli alleati nel Golfo Persico, Arabia Saudita, Bahrain, Kuwait, Qatar ed Emirati Arabi Uniti, e in particolare le loro installazioni petrolifere. Tutti abbiamo presente gli avvertimenti iraniani, se uno dei paesi del Golfo venisse utilizzato come base per un attacco contro l’Iran, per quel paese sarebbe la fine. Alla stregua degli americani, gli emirati del Golfo prendono assolutamente sul serio gli avvertimenti iraniani, per cui stanno cercando di spostare, per quanto possibile, lontano da una possibile zona di guerra i contenitori di stoccaggio di idrocarburi e gas, se non altro per proteggere il mercato mondiale dell’energia dal pericolo di enormi disastri .
Negli ultimi due anni il governo turco è diventato sempre più ostile verso il regime degli ayatollah, in parte perché sono sciiti, ma anche a causa del massiccio sostegno che l’Iran dà al “macellaio di Damasco” che uccide spietatamente i propri cittadini sunniti. Cresce la voglia della Turchia di dare una lezione all’Iran, ma c'è anche il timore di una massiccia partecipazione militare iraniana in Siria.
Il vuoto di potere che si è creato in Siria negli ultimi mesi, e soprattutto nelle ultime settimane, potrebbe spingere l’Iran ad appellarsi ad argomentazioni religiose per proteggere gli sciiti, la minoranza alawita e i luoghi sacri sciiti.
Ancora oggi, lo spazio aereo dell’Iraq serve come canale per la libera circolazione di armi, munizioni e combattenti dall’Iran verso la Siria.
Erdogan e i suoi alleati nella Nato sanno che alle forze di terra iraniane - blindati, divisioni motorizzate e artiglieria pesante - manca solo l'ordine dell’Ayatollah Khamenei per spostarsi verso ovest, passando per l’Iraq con il pieno accordo del governo iracheno, e combattere contro le bande dei jihadisti sunniti che stanno invadendo la Siria.
La Turchia teme questa possibilità, perché l’esercito iraniano schiaccerà facilmente quello siriano ribelle, mettendo fine ai sogni dei cittadini sunniti di liberarsi dalla dittatura degli infedeli alawiti. la Turchia teme poi la corsa iraniana al nucleare, perché destabilizzerebbe drasticamente l’equilibrio del potere in Medio Oriente e porterebbe a un’ulteriore diffusione dell’influenza iraniana, anche nelle minoranze sciite e alawite all’interno della stessa Turchia.
Un Iran nucleare potrebbe anche esercitare una pressione sui curdi nell’Iraq del Nord per quanto riguarda il petrolio esportato attraverso la Turchia nei vari porti del Mar Mediterraneo, che rende ingenti somme di denaro.
Turchia, Israele e Stati Uniti,d’accordo sul problema rappresentato dal pericolo iraniano, hanno deciso che si deve cominciare ad agire in stretta cooperazione, raccogliendo informazioni di intelligence sull’Iran, per poi analizzarle e trasformarle in un piano operativo insieme agli altri membri della Nato con gli altri stati dell’area. Secondo questo scenario, la Turchia sarà la base principale da cui le forze della coalizione internazionale lanceranno le azioni militari di aria e di terra contro l’Iran, con la possibilità che ulteriori stati vicini al confine settentrionale dell’Iran - Armenia, Azerbaigian e Turkmenistan - partecipino all’operazione.
Prima della progettazione e dell’esecuzione di questi provvedimenti, vanno risolti alcuni problemi. La tensione tra Israele e Turchia per l’incidente della Mavi Marmara deve far posto a una stretta collaborazione, e anche la zona curda a sud-est della Turchia deve cessare di fare la guerra contro il governo centrale, perché questa zona servirà da trampolino di lancio dal territorio turco contro l’Iran.
Secondo questo scenario, la visita di Obama nella regione aveva lo scopo di stabilire una base comune politica e diplomatica, convincere cittadini e politici dubbiosi ad aderire al progetto, e dare alle leadership regionali la sensazione che gli Stati Uniti sono determinati a portare avanti il loro programma con successo.
John Kerry rimane nella regione per tenere i collegamenti politici; personale delle forze armate americane e di intelligence lavoreranno con i loro colleghi sul posto per la formulazione dei piani operativi.
“Voi non sarete soli”
Nel suo discorso agli studenti israeliani al Centro Conferenze Binyanei HaUma può essere che Obama abbia fatto qualche allusione a questo scenario. Vi sono espressioni e frasi già dette in altri contesti, ma è anche possibile interpretarle come preparazioni per il futuro. Le citazioni dal suo discorso sono tratte dal sito di Haaretz:
“ Sappiamo anche che qui sulla Terra, dobbiamo assumerci le nostre responsabilità in un mondo imperfetto. Ciò significa accettare la nostra parte di sacrificio e di lotta, proprio come le generazioni precedenti. Significa che noi lavoriamo di generazione in generazione, in nome di quell’ideale di libertà ”. .. “ Le persone meritano di essere libere nella terra cui esse appartengono.” ... “Insieme, condividiamo l’impegno per la sicurezza dei nostri cittadini e per la stabilità del Medio Oriente e del Nord Africa ”. ... “ Ora, io sono qui oggi, consapevole del fatto che per entrambe le nostre nazioni, questi sono tempi complicati. Abbiamo problemi difficili da risolvere nei nostri paesi, e ci troviamo ad affrontare pericoli e sconvolgimenti in tutto il mondo.” ... “Non importa quanto grandi siano le sfide, il loro idealismo, la loro energia, la loro ambizione mi danno sempre la speranza.” ... “ E visti i legami tra i nostri paesi, credo che il vostro futuro sia legato al nostro.” ... “Mi piacerebbe concentrarmi su come noi - e quando dico “noi”,mi rivolgo in particolare ai giovani - possiamo lavorare insieme per fare progressi in tre aree che definiscono il nostro tempo - la sicurezza, la pace e la prosperità. Vorrei iniziare con la sicurezza. Sono orgoglioso che il rapporto di sicurezza tra gli Stati Uniti e Israele non sia mai stato così forte come oggi. Mai. Più esercitazioni tra le nostre forze armate, più scambi che mai tra i nostri rappresentanti politici, militari e di intelligence; il più grande programma fino ad oggi per aiutarvi a mantenere la vostra superiorità a livello militare. Questi sono i fatti. Queste non sono mie opinioni, questi sono fatti.”... ”Continueremo a cooperare uniti per evitare questo pericolo. Ho fatto capire a Bashar al-Assad e a tutti coloro che seguono i suoi ordini: Non tollereremo l’uso di armi chimiche contro il popolo siriano, o il trasferimento di queste armi ai terroristi. Il mondo sta guardando, noi vi riterremo responsabili. Il popolo siriano ha il diritto di essere liberato dalla morsa di un dittatore che preferisce uccidere il proprio popolo piuttosto che rinunciare al potere. Assad deve andarsene, così il futuro della Siria può iniziare (e non come un satellite iraniano). Perché la vera stabilità in Siria dipende dalla costituzione di un governo che sia responsabile per il proprio popolo…che protegga tutte le comunità all’interno dei suoi confini, mentre è in pace con i paesi vicini.”... ” Queste sono le cose che penso quando mi riferisco alla sicurezza di Israele. Quando considero la sicurezza di Israele, penso anche a un popolo che ha una memoria vivente della Shoah, di fronte alla prospettiva di un armamento nucleare del governo iraniano che ha chiesto la distruzione di Israele. Non c’è da meravigliarsi se gli israeliani ritengono che questa sia una minaccia alla propria esistenza. Ma questa non è solo una sfida per Israele - è un pericolo per il mondo intero, compresi gli Stati Uniti. Un Iran dotato di armi nucleari aumenterebbe il rischio del terrorismo nucleare. Minerebbe il programma di non proliferazione. Scatenerebbe una corsa agli armamenti in una regione instabile. E incoraggerebbe un governo che non ha mostrato alcun rispetto per i diritti del suo stesso popolo né richiamerebbe le responsabilità delle nazioni. Ecco perché l’America ha costituito un fronte per costringere l’Iran ad adempiere ai suoi obblighi. Il governo iraniano è ora sotto una pressione maggiore rispetto al passato, e questa pressione sta crescendo. È un governo isolato. La sua economia è in cattive acque. La sua leadership è divisa. E la sua posizione - nella regione, e nel mondo – è diventata più debole. Io credo che tutti noi abbiamo interesse a risolvere la questione pacificamente. Una diplomazia forte e basata su dei principi morali è il modo migliore per garantire che il governo iraniano abbandoni le armi nucleari. La pace è molto più preferibile alla guerra. Per non parlare dei costi inevitabili e delle conseguenze che seguirebbero alla guerra: significa che dobbiamo fare tutto il possibile per cercare di risolvere questo problema diplomaticamente. Per la collaborazione tra i nostri governi, sappiamo che c’è ancora il tempo per trovare una soluzione diplomatica. Questo è ciò che l’America farà, con chiarezza, lavorando con un mondo che è unito, e con l’urgenza necessaria. Ma l’Iran deve sapere che questo tempo non è illimitato. La posizione degli Stati Uniti d’America è ben chiara: l’Iran non deve avere armi nucleari. Questo non è un pericolo che può continuare ad esistere, in qualità di Presidente, ho detto che tutte le opzioni sono sul tavolo per il raggiungimento dei nostri obiettivi. L’America farà tutto quanto è necessario per impedire che l’Iran si doti di armi nucleari. Per i giovani israeliani, io so che la sicurezza è una necessità ancora più fondamentale rispetto alla minaccia che state affrontando. Voi vivete in un luogo in cui molti dei vostri vicini hanno rifiutato il vostro diritto di esistere. I vostri nonni hanno dovuto rischiare la vita e tutto quello che avevano per trovare un luogo in cui vivere. I vostri genitori hanno vissuto una guerra dopo l’altra per garantire la sopravvivenza dello Stato ebraico. I vostri figli crescono sapendo che, persone che non hanno mai conosciuto, li odiano solo per quello che sono, in un’area del mondo che è in pieno fermento e che sta cambiando davanti ai vostri occhi. Ecco, questo è quel che penso, Israele si trova ad affrontare queste sfide, ho la sensazione di un Israele circondato da molti in quest’area che ancora lo rifiutano, e molti nel mondo che si rifiutano di accettarlo. Ed è per questo motivo che la sicurezza del popolo ebraico in Israele è così importante. Non può essere data per scontata. Ma non bisogna commettere errori -- coloro che si richiamano all’ideologia di negare il diritto di Israele ad esistere, potrebbero anche negare la terra o il cielo, ma Israele da qui non si muoverà mai. E oggi voglio dirvi - in particolare a voi giovani - in modo che qui non ci sia alcun errore, fin quando ci saranno gli Stati Uniti d’America - (in ebraico) Atem lo levad! : voi non siete soli.”
Le parole di Obama sui missili lanciati da Gaza non sono allusive, non mascherano la realtà del pericolo iraniano. Può darsi che si tratti di “wishful thinking”, ma potrebbe anche essere tutto vero. Come ho detto, io non so che cosa è successo dietro le quinte, e potrebbe darsi che tutto ciò che è stato detto in questo articolo sul “grande scenario” esista solo nella fantasia dell’autore.
In ogni caso, buona fortuna e successo a Obama, Netanyahu, Erdogan ...
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link: http://eightstatesolution.com/
http://mordechaikedar.com/