Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 29/03/2013, a pag. 16, l'articolo di Francesca Paci dal titolo "Damasco, colpi di mortaio sull’università morti 15 studenti".
Francesca Paci bombardamenti a Damasco
Una breve colonnina sul massacro di 15 studenti dell'università di Damasco.
E' questo lo spazio ridotto dedicato dalla Stampa (e dagli altri quotidiani italiani) a ciò che succede in Siria. Ormai il pubblico italiano è anestetizzato e la Siria non fa più così tanto notizia, mentre Assad e gli islamisti infiltrati fra i ribelli continuano a trucidare la popolazione.
Ecco il breve articolo:
Di nuovo l’università, di nuovo gli studenti. Dopo i bombardamenti che due mesi fa uccisero oltre 80 persone nel campus di Aleppo, la guerra civile siriana irrompe nella facoltà di architettura di Damasco lasciando in terra almeno 15 vittime, 20 feriti, le vaghe speranze di quanti ancora si rifiutano di ammettere l’Armageddon da cui difficilmente uscirà un vincitore.
Oggi come ieri governo e opposizione si rimpallano la responsabilità dell’ennesima strage in un conflitto che a questo punto è degenerato in uno scontro di trincea ideologico, religioso, mediatico.
«Assad è disposto a distruggere Damasco pur di rimanere al potere» spiega «l’ambasciatore» dei ribelli Nizar al-Hiraki appena insediatosi nell’ufficio di Doha, prima sede diplomatica degli avversari del regime. In realtà anche l’opposizione (sempre meglio equipaggiata) sembra da tempo aperta a qualsiasi aiuto, siano le armi di Qatar e Arabia Saudita sdoganate dalla Lega Araba, siano l’addestramento e l’intelligence americani, sia perfino il supporto affatto disinteressato dei qaedisti di al Nusra (passati da 300/400 a circa mille miliziani) con cui però iniziano a sorgere dissidi violenti specie al nord.
Le agenzie umanitarie aggiornano le cifre del disastro: oltre 70 mila morti (di cui 112 ieri), una cifra a numerosi zeri di dispersi, un milione di rifugiati sparsi nei paesi confinanti come la Turchia, dove pare che ieri, in seguito ai tafferugli scoppiati in un campo profughi, alcuni siriani siano stati rispediti in patria.
Iran e Russia restano al fianco di Assad ma, al di là di alimentarne le truppe, ignorano l’uscita dal labirinto.
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