Di cosa parliamo quando parliamo di Anna Frank? Nathan Englander
Traduzione di S. Pareschi
Einaudi Euro 19
Nato a Long Island in un ambiente “contrario alla libertà di pensiero e con una mentalità da shtetl”, per Nathan Englander la letteratura ha rappresentato una scelta ben precisa, oltre che una via di fuga.
Dopo la pubblicazione di un’ esilarante raccolta di racconti “Per alleviare insopportabili impulsi” che è diventato un bestseller internazionale, Englander decide di vivere per alcuni anni in Israele, un’esperienza rivelatasi determinante sia dal punto di vista artistico che personale.
La conferma del suo talento narrativo arriva nove anni dopo con l’uscita del primo romanzo “Il Ministero dei casi speciali”, una storia di forte impatto emotivo ambientata nell’Argentina dei generali e dei desaparecidos, il cui fulcro ruota attorno all’identità e alla scomparsa di una tradizione culturale.
“Di cosa parliamo quando parliamo di Anna Frank?” è il titolo dell’ultima raccolta di racconti, un omaggio al grande scrittore e saggista statunitense Raymond Carver del quale Englander prende in prestito lo stile e la sceneggiatura.
Nel primo racconto che dà il titolo al libro si narra di due coppie che affrontano argomenti complessi e tragici, sorseggiando una bevanda: una situazione simile per certi versi a quelle descritte da Carver, benchè la visione del mondo e il modo di affrontare la fiction siano notevolmente differenti l’uno dall’altro.
I personaggi di Carver vivono una quotidianità lontana dagli affanni sociali e dalle preoccupazioni politiche, quelli di Englander si confrontano con l’Olocausto, la memoria del passato, il tentativo di ricostruirlo, le guerre israeliane, l’accettazione o il rifiuto della tradizione ebraica ortodossa.
Nelle pagine di Englander il dolore si pone come elemento centrale dell’esistenza, uno stato d’animo che si può affrontare solo attraverso una pungente ironia. E in questo il suo stile si avvicina molto a quello di Philip Roth.
I personaggi e le situazioni raccontate da Englander sono molto vari e alcuni di essi risentono della sua permanenza in Israele per la mirabile capacità dell’autore di trasmettere le ansie, le paure, i conflitti degli israeliani e degli ebrei di oggi.
Ad esempio ne “Le colline sorelle” che ha per protagoniste due donne si descrive attraverso una vicenda di eredità scene di vita quotidiana in Israele, a partire dalla vigilia della guerra dello Yom Kippur fino ad arrivare ai giorni nostri; se in “Peep Show” sono i sensi di colpa di un professionista di successo che - recatosi in un peep show immagina di vedere, anziché giovani donne disinibite, il rabbino nudo e la madre in abiti discinti - ad essere al centro del racconto, in “Come vendicammo i Bloom” l’autore descrive con toni crudi i soprusi e le violenze perpetrate contro la comunità ebraica in una cittadina americana.
Quella di Englander è una prosa fluida che cattura il lettore con pagine che scorrono veloci grazie ad uno stile nitido e ironico al contempo. In otto racconti si dispiegano la sapienza e la tradizione ebraiche, i rituali degli ebrei ortodossi, le manie di personaggi indimenticabili in un caleidoscopio dalle mille sfaccettature.
Accolto con elogi incondizionati da autori americani del calibro di Roth, Chabon, Franzen l’ultima opera di Englander, pur essendo di tono minore rispetto alle altre, riesce a condurre il lettore al di là del significato intrinseco di ogni racconto e a renderlo partecipe dei vizi, delle paure e delle debolezze che si agitano nell’animo dei personaggi offrendo come cura a tutto questo un’incontenibile e liberatoria risata.
Giorgia Greco