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Il Ministero degli Affari Esteri israeliano ha un problema (Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz)
Alcuni mesi fa il Ministero degli Affari Esteri mi aveva inviato in un paese asiatico, per consigliare il governo a risolvere un problema molto serio riguardante la propria popolazione islamica. Il Ministero degli Affari Esteri aveva organizzato l’incontro sotto ogni aspetto, e l’ambasciatore israeliano mi aveva accompagnato personalmente a incontrare le autorità locali. In quei giorni il Ministero degli Affari Esteri stava preparando un film promozionale su Israele con protagonista la top model Bar Rafaeli: la sua partecipazione al film aveva sollevato un’ondata di obiezioni, perché non aveva fatto il servizio militare. La partecipazione della famosa modella a un film prodotto ufficialmente dallo Stato di Israele poteva essere interpretata come messaggio di comprensione nei confronti di chi non ha servito nell’IDF. Soprattutto quando la discussione sulla “ giusta condivisione dei doveri” è diventata un mantra politico, Il Ministero degli Affari Esteri riflette un modello sociale superato, la realtà è oggi completamente diversa. Il profilo sociale dei funzionari si adatta ancora perfettamente al modello degli “Akhusalim” – un acronimo coniato dal sociologo Baruch Kimmerling, che aveva descritto lo Stato di Israele degli anni ‘ 70 come un paese governato da un gruppo elitario di ashkenaziti (gli ebrei di origine europea), laici, membri della vecchia guardia socialista e nazionalista. Il Ministero degli Affari Esteri, infatti, non è fedele alle politiche del governo e del Primo Ministro. L’agenda politica dello staff del Ministero (MAE) ha dato origine a una situazione assurda. E’ il Ministero, nonostante il Primo Ministro sia tutt’altro che all’unisono con i propri funzionari, ad essere il portavoce della politica del Primo Ministro. In più è responsabile dell’ Hasbarà (come diffondere le informazioni nelle pubbliche relazioni), con il compito di spiegare le decisioni del governo. Il Ministero degli Affari Esteri ha trascurato il parere del Prof. Yehuda Blum, che fu consulente legale del Ministero e rappresentante di Israele alle Nazioni Unite, il quale aveva dimostrato, secondo il diritto internazionale, che i “territori” non sono occupati, per non parlare dei documenti che garantiscono i diritti del popolo ebraico e la sua sovranità su tutta la Terra d’Israele, come ad esempio la decisione presa nella Conferenza internazionale di San Remo nel 1920. Nel corso degli ultimi anni ho personalmente percepito questo modo di pensare tra non pochi membri del personale del Ministero degli Affari Esteri. Alla fine dell’anno 2000, quando i terroristi palestinesi avevano ricominciato a far saltare in aria i nostri autobus con i relativi passeggeri, avevo scritto un breve articolo in inglese sul mondo che circonda la figura del “martire”, e sulla ricompensa che lo aspetta in Paradiso dopo che ha portato a termine con successo la sua missione. Avevo inviato l’articolo a un alto funzionario che era allora responsabile del settore “Hasbarà”, ritenendo che l’avrebbe inviato ai diplomatici israeliani all’estero, per diffonderlo tramite le ambasciate ai media locali. Dopo alcuni giorni chiesi a un funzionario se il mio articolo era stato inviato, ma mi venne detto “abbiamo deciso di non farne alcun uso”. “ Perché? ”, obiettai,e il funzionario mi rispose “ non dobbiamo lasciarci coinvolgere in problemi che riguardano le fedi degli altri, non è nostro compito giudicare le loro culture ”. Io reagii “ amico mio, ma veniamo uccisi sugli autobus a causa di quelle culture e di quella fede ! ”. “Comunque sia” mi rispose “questa è la nostra decisione finale”. Un altro esempio, sempre al Ministero degli Esteri, riguarda la politica di Israele nei confronti dei palestinesi. Sono stato testimone quando alcuni funzionari dicevano: “ Dobbiamo indirizzare il governo ad adottare la politica che noi pensiamo sia corretta ”. In questo caso, “ la politica corretta ”, era la creazione di uno Stato palestinese con contiguità territoriali, con lievi variazioni, sulla base dei confini del 1948. Il significato di tutto questo è che i funzionari del Ministero degli Affari Esteri, pur essendo dipendenti pubblici, si ritengono essi stessi gli architetti della politica governativa, anzichè dei funzionari che devono mettere in atto le decisioni del Primo Ministro e del Ministro degli Affari Esteri, che sono stati, non dimentichiamolo, eletti dal popolo. Chi fra i miei lettori segue il programma britannico “Yes, Minister” e il suo seguito “Yes, Prime Minister”, sa esattamente quello che voglio dire: il Ministro ha un’agenda, ma il ruolo degli alti funzionari che ne deriva non è quello di realizzarla, bensì quello di orientarla nella direzione che loro stessi ritengono sia quella giusta. Al Ministro vengono inviate le informazioni scelte dai funzionari, così lui ritiene di prendere le decisioni in modo indipendente. Il Ministero degli Esgteri è poi poco efficiente in materia di Hasbarà. Il rapporto della Commissione Agranat sulle attività governative durante la Seconda Guerra del Libano (2006), aveva anche riportato gli insuccessi in materia di Hasbarà, allora sotto la responsabilità del Ministro degli Esteri Tzipi Livni. Il miglioramento dei mezzi di comunicazione erode oggi l’importanza del Ministero degli Affari Esteri. La questione di un’agenda separata non è l’unico problema del Ministero. E’ sempre più evidente il generale declino della sua importanza, perché viviamo in un’epoca in cui ogni giorno i Capi di Stato si parlano tra loro con i telefoni cellulari e prendono decisioni in materia politica senza coinvolgere gli ambasciatori. La conclusione da trarre da questa analisi, è che a causa dei cambiamenti esterni e per il modo in cui il Ministero degli Affari Esteri israeliano funziona, questa istituzione è diventata un centro di scarsa importanza, poco influente su ciò che accade all’interno di Israele così come nelle relazioni internazionali con gli altri paesi. Ritengo i Ministeri della Sanità, dei Trasporti, delle Infrastrutture e degli Interni assai più importanti, influenti e significativi per i problemi attuali e futuri che devono essere affrontati dallo Stato di Israele. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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