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La Stampa-Il Giornale-Informazione Corretta Rassegna Stampa
24.03.2013 Barack Obama ritorna in USA: cronache,commenti
Maurizio Molinari, Fiamma Nirenstein, Deborah Fait

Testata:La Stampa-Il Giornale-Informazione Corretta
Autore: Maurizio Molinari, Fiamma Nirenstein, Deborah Fait
Titolo: «Obama a Petra, spot per l'alleato senza più turisti-La pace tra Turchia e Israele conta più di quella coi palestinesi-Obama quasi sionista, Shalom !»

Fine del viaggio di Barack Obama in Medio Oriente. Pubblichiamo oggi, 24/03/2013 la cronaca di Maurizio Molinari, dalla STAMPA a pag14, la visita alla giordana Petra, il commento di Fiamma Nirenstein sul GIORNALE, nel quale sottolinea come Obama ha capito quanto  sia fondamentale la sicurezza per Israele, il commento della nostra corrispondente da Israele Deborah Fait su quello che indubbiamente è stato un successo del Presidente americano ma anche del Premier Netanyahu.
Ecco gli articoli:

La Stampa-Maurizio Molinari: " Obama a Petra, spot per l'alleato senza più turisti"


Maurizio Molinari        Barack Obama, turista a Petra

Occhiali da sole, pantaloni kaki e giubbotto scuro Barack Obama fa il turista fra i canyon di Petra per aiutare l’immagine e le finanze della Giordania di re Abdallah, sotto forte pressione a causa della guerra in Siria. Il presidente americano arriva da Amman, per 55 minuti sorvola con il Marine One il deserto della Giordania per atterrare in un eliporto non distante dall’antica capitale dei Nabatei, commercianti di spezie fra l’India e l’Arabia.

Dall’attimo in cui mette piede sulla sabbia rossa da cui prese il nome il regno Edomita, Barack veste i panni del visitatore straniero ammaliato dalle gigantesche tombe in pietra scavate nelle rocce. Attraversa i canyon che i Nabatei usavano per i canali d’acqua con al fianco Suleiman Al Farajat, l’archeologo dell’Università della Giordania che gli fa da guida. Lo bersaglia di domande sulle piccole statue degli idoli del deserto, ascolta le spiegazioni sulle microdighe e le rocce multicolore levigate dall’acqua e attraversa quasi in punta di piedi la stretta gola che lo porta davanti a El Kashneh, l’imponente tomba forse opera di architetti d’Alessandria che, come osservano le guide, «ha uno stile classico che si ritrova in alcuni palazzi di Washington». «È davvero spettacolare» commenta Obama, aggiungendo «è fantastico» davanti a reporter e teleoperatori al seguito in maniera da trasformare la visita in una sorta di spot presidenziale per il regno hashemita che deve gran parte delle sue entrate al turismo. È un gesto per l’alleato in difficoltà finanziarie, a causa dei 400 mila profughi arrivati dalla Siria in appena 25 mesi. Ed è possibile grazie ad un’imponente schieramento di sicurezza: dozzine di agenti del servizio segreto americano punteggiano il percorso di Obama fra le rocce, sovrastate da truppe scelte giordane. Neanche un pezzo di carta in terra grazie a squadre di pulizia all’opera sin dall’alba «pulendo questo luogo come avveniva in epoca romana quando a transitare era l’imperatore», commenta una guida.

Terminata la visita, Obama è ripartito per Washington, lasciando ad Amman il Segretario di Stato John Kerry che ha cenato con Abu Mazen prima di partire per Gerusalemme dove domani incontrerà il premier Benjamin Netanyahu. Per far ricominciare al più presto i negoziati diretti.

Il Giornale-Fiamma Nirenstein: " La pace tra Turchia e Israele conta più di quella coi palestinesi"



Fiamma Nirenstein        Netanyahu          Erdogan           Obama

Dopo la visita di Obama: per chi si lamenta che il presi­dente Usa non lascia il pro­cesso di pace aperto, attenti che inve­ce ce n'è uno in corso, e ancora più importante di quello con i palestine­si. È quello fra Israele e la Turchia, una Turchia che dovrà smetterla di odiare lo Stato ebraico, ricordando che fino a tre anni fa con Israele scambiava scambiava tecnologia, intelligence ed esercitazioni milita­ri. Ora riprenderanno, specie quelli degli aerei israeliani nei cieli turchi, molto vicini all'Iran. È il processo di pace più importante, perché dise­gn­a uno schieramento moderato in­sieme al re di Giordania: creerà, spe­riamo, stabilità contenendo l'Iran, la Siria e gli Hezbollah. Adesso Erdo­gan, secondo il capo di Hamas Ha­niyeh, farà una visita a Gaza. Ha det­to che ha anche ricevuto l'annuncio dal suo carissimo amico Erdogan in­sieme a quello delle scuse del nemi­co, Israele. Una pillola amarissima, e lo zuccherino della visita. Non stu­pisce peraltro che Erdogan si dilun­ghi nel rapporto con Hamas: lo ha fat­to anche con Assad di Siria finché ha potuto. Gli sono simpatici. Ma poi, nonostante i trattati, le visite, i party di odio antisraeliano, ha dovuto la­sciar perdere. Anche il fidanzamen­to con Hamas si dovrà rompere, an­che se duole a Erdogan: ma la telefo­nata con Bibi Netanyahu è fatta. Gli Stati Uniti lo chiamano a far parte dell'alleanza contro l'estremismo che divora il Medio Oriente, come potrà restare amico dell'organizza­zione sunnita terrorista?


Informazione Corretta-Deborah Fait: " Obama quasi sionista, Shalom !"


                                                                                Deborah Fait

E’ partito. Il nuovo amico di Israele, Barak Obama, e’ salito ieri pomeriggio prima dell’entrata dello Shabbat, sul suo Air Force One, si e’ girato verso Israele per l’ultimo saluto sorridente ed e’ scomparso all’interno dell’aereo.
Lo aspettava un volo, 15 minuti soltanto, verso Amman in Giordania.
Prima di partire, all’aeroporto,  ha salutato tutti, uno per uno, strette di mano, abbracci, grandi risate, anche un po’ di emozione, forse commozione per il calore che questa visita di tre giorni lasciava nel cuore degli israeliani.
Prima di salutare Netanyahu e Shimon Peres, e’ stato improvvisamente “assalito” da tre bambine che gli sono saltate al collo, erano le figlie di Daniel Shapiro, ambasciatore USA in Israele. Lui ha abbracciato a lungo le due piccole, ridendo, alla piu’ grande ha detto qualcosa sul suo prossimo Bat Mizva’, poi ha salutato calorosamente Bibi e Shimon e , saltellando, e’ salito sull’aereo tra i commenti estasiati dei giornalisti israeliani.
“Affascinante” dicevano ridendo, usando le parole di Yair Netanyahu, figlio di Bibi, su Obama “Chatich”.
Miss Israele lo ha definito “un fusto mondiale” e credo che molte donne israeliane siano d’accordo con lei, lo si puo’ dedurre anche dai commenti entusiasti delle giornaliste della TV israeliana, tutte giovani e belle e letteralmente “sedotte” da lui.
Barak Obama ha conquistato un Israele molto scettico prima del suo arrivo, un Israele deluso e preoccupato per il suo famoso discorso in Egitto nel 2009, un Israele che, piu’ di qualsiasi altro paese, ha un gran bisogno di sentire amicizia e rispetto quasi a voler fare da contrappeso all’odio che lo circonda in Medio Oriente e che arriva, sulle ali dei media e delle condanne ONU, dall’Occidente che non riesce e non vuole sradicare il proprio eterno antisemitismo.
Obama, da quasi ostile si e’ trasformato in “quasi” sionista. Che sia il miracolo di Pesach? O il miracolo di Israele che gia’ ne ha fatti tanti? IAlcuni giornalisti italiani non hanno capito niente,i loro articoli vertono su quello che Obama ha detto, in Israele, sui palestinesi, in molti casi travisandone il contenuto.
Sono un chiodo fisso i palestinesi, Obama ha parlato di molto altro e quei giornalisti non hanno colto l’importanza di questa visita, non solo per Israele ma per il mondo intero e per tutto il MO in particolare.
Palestinesi e palestinesi e ancora palestinesi , l’ossessione dei media che non vedono e non capiscono altro....anziche’ mettere in rilievo che USA e Israele uniti e alleati possono cambiare molte cose nella politica internazionale perche’ isolare Israele significa isolare la cultura occidentale e rischiare di annegare in un mare immenso di fondamentalismi violenti e sanguinari. Questo, Obama deve averlo capito! Quei media italiani hanno anche snobbato il calore con cui Obama ha parlato agli israeliani, riconoscendo il diritto alla sicurezza di Israele, parlando del legame millenario degli ebrei con la Terra ,Erez Israel, ( allo Yad VaShem ha detto una cosa molto importante, che Israele non e’ nato a causa della Shoah) la sua storia, il sionismo, l’eroismo di questo piccolo popolo che, nonostante sia sempre minacciato di sterminio, e’ pieno di inventiva e di coraggio fino a diventare, da zero, ad essere il terzo paese piu’ economicamente sviluppato , dopo USA e Cina.
Il paese con la piu’ alta concentrazione di start up del mondo e con la piu’ elevata spesa per ricerca e sviluppo a livello mondiale.
Un piccolo paese di 7 milioni di abitanti, sempre in guerra di difesa, dietro a due giganti come gli USA e la Cina. Obama finalmente ha capito. Ha studiato e si notava benissimo, ma questo va a suo onore perche’ si vedeva che parlava con il cuore, che aveva capito e metabolizzato la nostra storia, i nostri valori, i nostri desideri come popolo, desideri di tranquillita’, di poter vivere in santa pace, di poter salire su un autobus senza guardarsi intorno in cerca del terrorista, di continuare a rendere questo paese sempre migliore.....
Israele, stato ebraico...continuava a ripeterlo Obama, anche in quelle quattro ore di visita ai palestinesi. Ha visto i nostri giovani, li ha guardati negli occhi, ha scherzato con loro, li ha trattati con rispetto e simpatia, ricambiato; ha parlato di cose molto serie, li ha incoraggiati a considerare la pace una cosa necessaria e giusta.
Si, li ha visti i nostri giovani, ha sentito i loro applausi pieni di calore anche quando parlava dei nostri nemici. Personalmente, dite quello che volete, io trovo grandioso che dei giovani che sanno di vivere in un paese minacciato di distruzione dai loro vicini, battano le mani a chi li invita a parlare di pace con chi li vuole distruggere! Io lo trovo grandioso! Lo trovo di una generosita’ al limite della follia!
Obama non lo ha detto, e non avrebbe potuto dirlo, ma non puo’ non aver pensato che tra i ragazzi israeliani e quelli palestinesi la differenza e’ sostanziale e che e’ proprio questa differenza che rende difficile , se non impossibile , la pace tra i due popoli. Ha ribadito che e’ il popolo che deve spingere i leaders a parlare di pace.
E’ vero, presidente, ma lei sa che mentre il popolo israeliano l’ha avvolta in un’accoglienza piena di simpatia, cordialita’ e affetto, dall’altra parte la popolazione palestinese urlava odio contro di lei, bruciava la sua bandiera, calpestava i suoi ritratti.
Quando lei, Presidente Obama , nel 2009 dichiarava la sua fiducia nell’islam e non era proprio tanto cordiale con Israele, nessuno in questo Paese ha bruciato bandiere americane o ha inveito contro di lei.
Eravamo delusi e amareggiati , abbiamo criticato anche aspramente, ma nessuna violenza anti-Obama o anti-americana ha attraversato le strade di Israele.
E’ possibile parlare di pace quando le differenze umane e culturali sono cosi’ enormi ? Io non credo che sara’ mai possibile una vera pace tra noi e il mondo arabo palestinese, l’odio che viene loro instillato da generazioni non morira’ mai. Quello che i bambini palestinesi imparano oggi nelle scuole e nelle moschee lo insegneranno ai loro figli, diranno loro che la nostra Terra non e’ nostra ma loro, diranno loro che il Corano raccomanda di ammazzare gli ebrei come aveva fatto il profeta Maometto, diranno loro che discendiamo da scimmie e maiali e, cosi’, di generazione in generazione. Le bambine che alla Tv palestinese dicono di amare il martirio che consiste nel suicidio-omicidio ,  domani diventeranno mamme orgogliose di figli “kamikaze”, se non addirittura assassine-suicide loro stesse.
I giovani israeliani possono volere fortemente la pace e lo dimostano ma difficilmente troveranno dei coetanei con la stessa esigenza dall’altra parte anche perche’ i loro capi sono dei dittatori dediti al terrorismo.
I popoli possono influenzare i leader democratici, non i dittatori che fanno e decidono a modo loro sulla testa della gente.
La dimostrrazione e’ che mentre il popolo turco sta facendo ancora oggi manifetazioni antisemite a causa della Mavi Marmara, e’ bastata una telefonata di Obama a Erdogan “Ti passo un amico” per far si che finalmente il presidente turco parlasse con Benjamin Netanyahu e capisse che, dal momento che Obama e’ amico di Israele, a lui conviene abbozzare, stringere metaforicamente la mano di Bibi e mettere nel cassetto estremismi islamici pericolosi e controproducenti per un grande paese come la Turchia.
E’ giusto, Presidente, che lei abbia parlato ai giovani della pace. I nostri ragazzi, che rischiano la vita quotidianamente a causa della guerra e del terrorismo, conoscono bene questo valore.
Peccato che non abbia potuto dire le stesse parole ai giovani palestinesi impegnati in atti di violenza contro la sua immagine.
Shalom Mister Obama, alla prossima volta!

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