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La Stampa Rassegna Stampa
21.03.2013 Obama in Israele: la cronaca
di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 21 marzo 2013
Pagina: 11
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Obama: 'Israele ha diritto all’autodifesa'»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 21/03/2013, a pag. 11, la cronaca di Maurizio Molinari dal titolo " Obama: «Israele ha diritto all’autodifesa» ".


Maurizio Molinari      L'arrivo di  Barack Obama

In maniche di camicia e con la giacca sulle spalle, Barack Obama e Benjamin Netanyahu visitano una batteria dell’«Iron Dome» che protegge Israele dai missili di Hamas, trovando la convergenza su come bloccare la corsa dell’Iran all’atomica. «Nessuno può dire a Israele come garantire la propria sicurezza» sono le parole con cui Obama apre di fatto all’ipotesi che sia Israele ad attaccare.

E’ la conferenza stampa a far emergere il passo compiuto. Netanyahu dice: «Siamo stati un popolo perseguitato, oggi abbiamo il diritto e le capacità di proteggerci, non possiamo rinunciare all’autodifesa». Obama commenta: «Nessun Paese può dettare a un altro come garantire la sicurezza dei propri cittadini, ciò che ci unisce è avere come priorità la sicurezza dei nostri popoli». Soppesa i termini perché sta parlando della minaccia dell’atomica iraniana e le sue parole assegnano a Israele il diritto di autodifendersi, ovvero di lanciare l’attacco se lo riterrà necessario. E’ un passo che avviene nella cornice di molte rassicurazioni israeliane. Netanyahu sottolinea che «non ci sono linee rosse» per il nucleare di Teheran, facendo marcia indietro rispetto al discorso all’Onu e rifiutando l’idea di automatismi per l’attacco. Tanto Netanyahu che il presidente Shimon Peres ribadiscono inoltre che «la priorità è la soluzione diplomatica e non militare». Significa che Obama ha ancora tempo per convincere l’Iran a bloccare il programma atomico, aspettando anche l’esito delle presidenziali - a giugno - per verificare cosa deciderà il successore di Ahmadinejad.

Israele non preme sull’acceleratore perché è Obama ad aver fatto il passo che conta dichiarando, alla vigilia dell’arrivo, che è «contro il contenimento». Peres gliene dà atto perché è la scelta che più conta: opporsi al «contenimento» significa che Obama non vuole ripetere l’errore compiuto da Bill Clinton e George W. Bush con la Nord Corea, riuscita in questa maniera a diventare nucleare. «La leadership iraniana ha ancora tempo per bloccare il programma» aggiunge Obama ma se ciò non avverrà Israele avrà il diritto all’autodifesa. Non saranno dunque gli Usa a lanciare, eventualmente, l’attacco ma il loro alleato sulla base di un principio che si richiama alla Carta dell’Onu. Netanyahu incassa il successo e descrive i criteri che applicherà: «Per l’atomica servono uranio arricchito e ordigno». Solo quando Teheran li avrà entrambi sarà una minaccia.

La convergenza sull’Iran chiude uno dei capitoli più spinosi delle relazioni WashingtonGerusalemme degli ultimi quattro anni e in cambio Obama incassa dal riconfermato Netanyahu il rinnovato impegno a «raggiungere la pace con i palestinesi attraverso la soluzione dei due Stati per due popoli perché non ce n’è un’altra». E su questa base da oggi a Ramallah, col presidente Abu Mazen, tenterà di imbastire una nuova iniziativa. L’altro tema a Gerusalemme è la Siria. Netanyahu e Peres chiedono a Obama di «prevenire l’uso di armi chimiche da parte di Assad» e il «trasferimento di missili siriani agli Hezbollah». Obama non solo è d’accordo ma va oltre: «Apriremo un’indagine sulle notizie recenti in merito all’uso di armi chimiche in Siria», precisando di «non credere che a usarle siano stati i ribelli».

Per il resto la prima giornata della visita è disseminata di simboli. Obama definisce Israele «la terra in cui gli ebrei pregano da 3000 anni», pianta una magnolia nel giardino di Peres e ricorda Yoni Netanyahu - fratello del premier caduto nel raid di Entebbe per entrare in sintonia con gli israeliani a cui si rivolgerà oggi in un pubblico discorso. E Netanyahu gli risponde evocando le radici dell’America, quei «Padri Fondatori» che si richiamarono «all’uscita degli ebrei dall’Egitto» perché sancì «il passaggio dalla schiavitù alla libertà». Il rinnovo decennale del patto militare suggella la giornata che sembra seppellire anni di dissidi. Nel comune interesse di fermare l’atomica iraniana.

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