Chi vincerà a Gerusalemme
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Bibi Netanyahu, Barack Obama, Abu Mazen
Cari amici,
mentre vi scrivo Obama è in volo per Israele. Ci starà tre giorni, seguendo un calendario fitto di visite simboliche e di incontri politici (ci saranno per esempio tre riunioni formali con Netanyahu e una mezza giornata trascorsa con i dirigenti dell'Anp, l'omaggio alla tomba di Herzl e la visita a Yad Vashem, il museo della Shoah, ma anche al Tesoro dei libri nel museo ebraico, dove sono custoditi i Rotoli del Mar Morto e la Bibbia ebraica di Aleppo).
Dell'evento avete già letto forse molto e potrete leggere ancor di più sui giornali, ma chi ne parla sono soprattutto media antisraeliani che per incompetenza o deformazione ideologica (o per entrambe insieme) sostengono speranze irrealistiche di magiche soluzioni di pace o attribuiscono alla malvagità dei “coloni” e del governo israeliano il loro scacco. In realtà gli americani hanno già messo le mani avanti sulla difficoltà di ottenere progressi importanti su questo fronte. In generale, è difficile pensare che qualcosa cambi anche nei rapporti psicologici, oltre che nella diplomazia: Obama conosce Israele per esserci già stato prima della presidenza (non negli ultimi quattro anni) e non lo ama, cordialmente ricambiato; conosce Netanyahu per molti incontri e non lo trova simpatico, cordialmente ricambiato; ha visto in passato anche Mahmoud Abbas e neppure con lui le cose vanno benissimo. In generale non c'è spazio per il cambiamento in questi negoziati (sospesi da quattro anni), perché il minimo che può volere Israele, il proprio riconoscimento come Stato ebraico, il disarmo palestinese, la conservazione dei quartieri e dei villaggi ebraici al di là della linea verde, il controllo militare delle alture e della valle del Giordano è ben al di là del massimo che i palestinesi sono disposti a concedere; e il minimo dei palestinesi (Gerusalemme “Est”, la distruzione delle “colonie”, tutto il territorio al di là della linea verde, la liberazione di tutti i terroristi condannati, il “ritorno” in Israele di quote non simboliche di “rifugiati”, va molto al di là del massimo che Israele può dare. Per non parlare della presenza del convitato di pietra Hamas, che rifiuterà qualunque accordo, come faranno le organizzazioni palestinesi nei paesi arabi).
Dunque non aspettatevi nulla di serio su questo piano. Obama avrà vinto se riuscirà a imbastire l'ennesima rappresentazione di una trattativa; Netanyahu se non dovrà pagare un prezzo eccessivo per questo (e si spera che il nuovo governo lo aiuterà nella fermezza); Abbas se otterrà soldi o altre concessioni per tirare avanti un po' e proseguire la sua guerra a bassa intensità. E' molto probabile che in una forma o nell'altra prosegua l'impostazione realistica per cui il conflitto coi palestinesi non si può risolvere, solo gestire in attesa di un'evoluzione a lungo termine del quadro strategico e dell'orientamento della società palestinese.
Ahmadinejad : "Rilassati, è solo una pianta d'ulivo! "
La trattativa vera fra Israele e amministrazione Obama però riguarderà un altro problema ben più urgente e cioè l'Iran, che fra qualche mese (più o meno un anno, ha detto l'inguaribile ottimista Obama) avrà un certo numero di bombe atomiche e i vettori per spedirle su Israele, su tutti i paesi del Golfo incluse le basi americane, su un bel pezzo d'Europa, compreso probabilmente il nostro Paese. I boicottaggi e i sabotaggi informatici e fisici hanno rallentato il corso di questo armamento, ma non possono più bloccarlo. Si tratta ora probabilmente di passare alle maniere forti. E' disposto Obama a farlo? O Israele dovrà procedere da solo, con il sovrappiù enorme di rischio che questo comporta? Questa è la posta in gioco della visita di Obama. Israele avrà vinto se riuscirà a convincere il presidente americano a prendere in mano finalmente le sue responsabilità non solo verso il paese ebraico direttamente minacciato dagli ayatollah ma verso il mondo che sarà tutto destabilizzato dall'armamento atomico di un governo fanaticamente aggressivo e millenarista. Sarà sconfitto se prevarrà ancora una tattica attendista e miope. Ma questo non sarà scritto sui comunicati stampa e non sarà certamente raccontato in pubblico. Salvo eventi imprevedibili, lo capiremo da indizi e lo verificheremo in seguito, quando le conseguenze delle decisioni di questi giorni diverranno operative. Una cosa è certa, le discussioni faccia a faccia fra Obama e Netanyahu segneranno la storia, e non solo quella del Medio Oriente. Speriamo per la resistenza attiva al nuovo genocidio programmato dai fanatici sciiti e non per l'eterna politica dello struzzo.
Ugo Volli