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Informazione Corretta Rassegna Stampa
14.03.2013 L'esempio di Israele
commento di Vitaliano Bacchi

Testata: Informazione Corretta
Data: 14 marzo 2013
Pagina: 1
Autore: Vitaliano Bacchi
Titolo: «L'esempio di Israele»

"L'esempio di Israele "
commento di Vitaliano Bacchi


Vitaliano Bacchi       Gualtiero Jacopetti ( con Monica Vitti)


Operazione Entebbe

Gualtiero Jacopetti è un regista morto qualche mese fa a Roma, che negli anni sessanta girò due film memorabili: Mondo Cane e Africa addio.
La tesi del suo cinema era semplice e brutale: il ritiro degli stati europei dal continente nero e la fine della civiltà coloniale avrebbe determinato il disastro africano e la perdita di ogni possibilità di affrancarsi dalla condizione selvaggia per accedere ad uno sviluppo di civiltà di tipo occidentale: lasciati a sé stessi, i popoli africani, si sarebbero sbranati fra di essi e, una volta esaurita la carneficina interna, avrebbero aggredito l'occidente ex coloniale che li aveva abbandonati. Questa la sua teoria.

Una tesi dura e impopolare, che suscitò la polemica della sinistra marxista degli anni sessanta fino al punto che i gruppi di Lotta Continua e Potere operaio in quegli anni arrivarono a presidiare le sale cinematografiche nelle quali erano programmate le visioni dei film per impedire l'accesso della gente alla visione di lungometraggi denunciati come “fascisti” e “razzisti” e con l'accusa al regista di essere un fascista.
Fascista Jacopetti lo era stato, ma era anche un uomo intelligente e generoso e concluse la sua avventura politica di guerra con un tardivo ma autentico ed eroico arruolamento partigiano combattuto fino alla guerra diretta contro i nazisti occupanti della sua Versilia, luogo delle peggiori rappresaglie.

Agevole, quindi, per la sinistra liquidarlo come razzista denunciando la sua ideologia come ariana e discriminatrice dell'Africa come di un continente di scimmie e ciò con facile riferimento alle idee di Nietzsche, autore amato da Jacopetti, ma falsificate dai nazisti sulla questione antropologica della negritudine (was ist eine affe fur der mensch?) Che cosa è la scimmia per l'uomo?
Und was ist der mensch fur der ubermensch? (E che cosa è l'uomo per il superuomo?)
La risposta a questo sillogismo ariano non la rendo e lascio che i lettori conoscitori della filosofia irrazionalistica tedesca la deducano o ricordino quella di Zarathustra.
E che gli altri la inferiscano logicamente, come in tutti i sillogismi.

Aveva quindi ragione Jacopetti o aveva ragione la sinistra che presidiava le sale dove si proiettavano i suoi film crudi e scettici sul destino dell'Africa?
I nostri giorni ci danno esempi amari per decidere la risposta.
L'Africa è insanguinata: i massacri fra le popolazioni autoctone sono ancora in atto ed hanno registrato stagioni atroci e irrimediabili, soprattutto nel corno d'Africa, ma il punto disastroso della sua involuzione non è tanto la lotta tribale quanto la sua sorte amara di terra di nessuno e quindi luogo ideale delle organizzazioni terroristiche internazionali, in particolare islamiche; recenti gli incidenti del Mali, recentissima la sorte dei prigionieri in Nigeria, fra i quali il nostro ing. Trevisan, massacrati come bestie dai terroristi di Al Qaeda, stanziati stabilmente nell'alta Africa.

Là tutto è facile, impunito, senza controlli, selvaggio e primordiale; chi va e chi viene, chi resta e chi parte, chi lavora e chi delinque; nessun controllo, nessun timore di sanzioni, là tutto agevola l'insediamento criminale e la base di ogni tipo di azione terroristica e di stoccaggio di materiali e armi per le imprese peggiori.
Dall'Africa parte oggi l'offensiva terroristica mondiale senza quartiere e la decisione militare di contrastarla da parte dei paesi che ne furono occupanti (o i salvatori secondo Jacopetti) come la Francia, deve declinarsi su azioni militari di guerra in loco, con trasferimento di contingenti militari da guerra per sostenere lo scontro.
Non contro le scimmie di Nietzsche o i cannibali di Jacopetti: contro i terroristi di Al Qaeda.
Quindi bisogna attaccarli là, perchè altrimenti attaccheranno loro, esattamente come prima accadeva nei paesi islamici centroasiatici del terrore, dove gli americani dovettero intervenire per evitare il ripetersi dell'11 settembre a scadenze programmate.
Quale è il modello di questa nuova legge di guerra?

Israele è stato anche qui magistero di teoria e prassi militare (vedi il magistrale raid di Entebbe) per tutto il mondo; nessuno mai nella storia ha sperimentato le azioni e le tecniche coraggiose del commando sionista, compulsato da una sanguinaria e atroce offensiva terroristica a dover rispondere sangue a sangue, occhio per occhio, una guerra ancora oggi esemplare per la sua correttezza militare e il suo risultato incomparabile.

Ma Israele non ha insegnato con questo suo sacrificio immane a combattere o a uccidere: ha insegnato a sopravvivere ed a prevenire.
Ha insegnato a resistere con l'informazione.
Un uomo dislocato in un punto strategico di uno scenario internazionale di terrorismo, se addestrato a interpretare i segni utili di un evento occulto e remoto e se è parimenti addestrato a decrittare e trasmettere, è una arma che non ha uguali.
La stagione dei combattimenti con lo Stato confinante è finita; è cominciata la stagione delle guerre d'informazione, la famigerata cyberwar.
L'informazione è oggi la nuova metafisica dell'intelligenza.

Alla base dei più recenti blitz nei porti del mediterraneo su container che occultavano arsenali di armi destinate al terrorismo e alla malavita c'è stato solo ed esclusivamente un frammento di informazione, sviluppato da un sistema che sapeva leggerlo.
Fornito alle polizie locali da sussurri e grida di un esercito ordinato composto e fedele a Sion, addestrato a informare chi va informato, a tacere quando va taciuto e a privilegiare il magistrato quando il rischio è troppo alto o lo riguarda.
Stanno cercando di imitarlo tutti, a cominciare dagli americani, già rassegnati alla concorrenza cinese sulle portaerei e i sommergibili, armi del passato.

Ci riusciranno, perchè la struttura è computazionale anche se lo spirito che ci vuole è quello del patriota, non necessariamente dello scienziato.
Quello che non riusciranno a imitare è invece il coraggio dell'anonimo sionista sparso nel mondo che sa cosa osservare e cosa segnalare; figura inimitabile, perchè porta Israele nel cuore e questo non si può imitare, si può solo esperire.

Questa è la vera forza di Sion.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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