Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 13/03/2013, a pag. , l'articolo di Una Galani dal titolo "Se non vuole affondare l’Egitto deve tornare al più presto al voto".
Mohamed Morsi
I Fratelli musulmani hanno urgentemente bisogno di aiuto per sistemare le finanze dell’Egitto. La decisione del Tribunale amministrativo di annullare il decreto Morsi porta con sé una grande incertezza sulle tempistiche delle prossime elezioni politiche. Il Cairo sta andando sempre più verso il disastro finanziario e sociale man mano che ritarda l’accordo con il Fondo monetario internazionale. Senza il supporto esterno e potendo contare su riserve in valuta estera di soli 13,5 miliardi di dollari, l’Egitto potrebbe essere a due mesi di distanza da una vera e propria crisi della bilancia dei pagamenti. La recente svalutazione del 10% della sterlina egiziana si è tradotta in un’inflazione più elevata e in una maggiore difficoltà nell’importare beni di varia natura. Così il malcontento non fa che aumentare nelle aree nei pressi del Canale di Suez.
Questa settimana lo sciopero indetto dai conducenti di minibus a causa dell’attuale carenza di carburante diesel ha messo in ginocchio e paralizzato molte zone della capitale. Il governo è caduto in un circolo vizioso. Fino a che l’economia non tornerà a creare occupazione, il panorama politico diventerà sempre più teso. Il governo islamista al potere sarà meno disposto ad attuare quelle riforme che potrebbero danneggiarlo politicamente, anche se rappresentano l’unica strada percorribile verso una crescita a lungo termine. L’Egitto sta vagliando l’ipotesi di un prestito ponte dell’Fmi come misura provvisoria. La manovra metterebbe a disposizione solamente 750 milioni di dollari, un’alternativa poco efficace per sistemare completamente la questione. Tuttavia, potrebbe essere uno strumento efficace per installare una piccola dose di sicurezza in più, dimostrando che realizzare un programma serio potrebbe essere possibile anche nel breve termine. Con un’opposizione politica debole, l’alternativa sarebbe un ritorno al dominio del potere militare e un passo indietro nel difficile cammino verso la democrazia. Il governo deve trovare un modo per portare il paese a nuove elezioni.
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