lunedi` 25 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
13.03.2013 La politica ambigua di Obama in Siria e Iraq
analisi di Daniele Raineri

Testata: Il Foglio
Data: 13 marzo 2013
Pagina: 1
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Il doppiogioco della Cia sul confine tra Siria e Iraq»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 13/03/2013, in prima pagina, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "Il doppiogioco della Cia sul confine tra Siria e Iraq".


Barack Obama        ribelli siriani con una foto del dittatore Assad

Roma. A dieci anni dall’intervento americano contro Saddam Hussein del 2003, il Wall Street Journal rivela che l’Amministrazione Obama ha aumentato le operazioni della Cia in Iraq, assegnando all’intelligence il ruolo che durante la guerra è stato delle squadre speciali del Pentagono, a fianco delle unità antiterrorismo comandate dal primo ministro di Baghdad, Nouri al Maliki. Il passaggio di responsabilità dall’esercito ai servizi segreti è cominciato già nel novembre 2011 – data di un primo memo segreto letto dal Wall Street Journal – ed è andato avanti nel 2012. L’obbiettivo dei servizi segreti americani è contrastare la saldatura che si sta creando a cavallo del confine tra Siria e Iraq fra il gruppo ribelle siriano Jabhat al Nusra, messo sulla lista dei terroristi globali dalla Casa Bianca a dicembre, e al Qaida in Iraq, il gruppo terrorista che durante gli anni della guerra con gli americani era arrivato a creare uno “stato nello stato” nell’Iraq centrale ma poi era stato sconfitto – anche se mai del tutto. La saldatura tra le due fazioni è una questione anche geografica, oltre che ideologica: Jabhat al Nusra ha preso il controllo dell’est della Siria e dell’alta valle dell’Eufrate; al Qaida in Iraq è molto forte nell’ovest dell’Iraq – che è la zona confinante – e più a valle nella stessa area dell’Eufrate, che attraversa tutta la regione di Anbar fino ad arrivare alla capitale Baghdad. Secondo il dipartimento del Tesoro americano, al Qaida in Iraq inviò due leader esperti in Siria nel gennaio 2011 per aiutare il gruppo siriano nella sua fase d’avviamento, e anche il capo sarebbe lo stesso per i due gruppi – ma non c’è la certezza assoluta. Il 2 marzo scorso Jabhat al Nusra ha dato l’assalto a un posto di frontiera dell’esercito tra Siria e Iraq e una cinquantina di soldati fedeli al presidente Bashar el Assad ha cercato scampo oltreconfine. Due giorni dopo, mentre tornavano verso la Siria su un autobus scortato dall’esercito iracheno, sono stati attaccati: 48 soldati siriani sono stati uccisi assieme a nove guardie irachene. Lunedì mattina al Qaida in Iraq ha rivendicato l’assalto con un comunciato in cui sootlinea la sua alleanza con Jabhat al Nusra. Il giorno dopo – con tempismo perfetto – è arrivata la fuga di notizie dalla Casa Bianca sulla collaborazione rafforzata tra i servizi americani e Baghdad. In realtà un altro articolo del Wall Street Journal, questo del giugno 2012, spiegava che l’agenzia sta riducendo il suo impegno in Iraq almeno del 40 per cento, rispetto al culmine della guerra, quando Baghdad era diventata la più grande sede della Cia al mondo con 700 agenti. La Cia sta diminuendo la sua presenza in Iraq seguendo a distanza il ritiro dell’esercito, perché troppo impegnata su altri fronti.

La pessima alleanza con il premier Maliki


Nouri al Maliki con Bashar al Assad

Per quel gioco di specchi che è diventato il mondo arabo durante le rivolte, l’Amministrazione Obama di fatto collabora con il governo iracheno, che aiuta Assad a restare al potere in Siria – Baghdad lascia transitare gli aerei carichi di uomini, mezzi e rifornimenti che arrivano dall’Iran alleato con Damasco. La Cia combatte a fianco dei reparti speciali iracheni contro al Qaida in Iraq, che però aiuta i ribelli siriani – o perlomeno aiuta Jabhat al Nusra, il gruppo siriano considerato più efficiente nella guerra contro il governo di Assad. Allo stesso tempo, a pochi chilometri, in Giordania, l’Amministrazione Obama addestra i ribelli siriani e coordina il traffico d’armi pesanti comprate dai sauditi soprattutto dalla Croazia. Washington addestra i ribelli siriani considerati più lontani dagli estremisti, ma la situazione è davvero poco decifrabile: uno di questi gruppi è lo stesso che la settimana scorsa ha sequestrato 21 caschi blu delle Nazioni Unite e i suoi uomini appaiono in un video in cui alcuni prigionieri di guerra sono trucidati. La Cia, inoltre, è l’agenzia che controlla il programma di bombardamenti con i droni sul Pakistan. Farà lo stesso nella zona di confine tra Siria e Iraq, dove ogni mese passano trecento volontari – è un dato del governo iracheno – per andare a combattere contro Assad? C’è pure, e non è affatto marginale, il problema del primo ministro Nouri al Maliki. Un pessimo alleato per la Cia. Le squadre speciali irachene fanno direttamente capo a lui, e sono spesso usate per punire dissidenti e oppositori politici. Ci sono anche casi di sparizioni e torture.

Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT