martedi` 26 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Informazione Corretta Rassegna Stampa
12.03.2013 XIII edizione del Premio letterario ADEI WIZO
commento di Giorgia Greco

Testata: Informazione Corretta
Data: 12 marzo 2013
Pagina: 1
Autore: Giorgia Greco
Titolo: «XIII edizione del Premio letterario ADEI WIZO»

" XIII edizione del Premio letterario ADEI WIZO   "
di Giorgia Greco


Giorgia Greco

E’ un appuntamento fisso ormai da tredici anni, il Premio Letterario ADEI-WIZO Adelina Della Pergola che anche quest’anno è giunto alla fase finale.
L’Adei Wizo, importante associazione di donne ebree che “guarda al passato per costruire il futuro” fondata ottant’anni fa e con scopi culturali ed assistenziali, ha ideato nel 2000 - grazie all’impegno di  Lia Hassan,  Adelina Della Pergola e Berta Sinai - un prestigioso premio letterario con lo scopo di far apprezzare al grande pubblico il mondo ebraico nelle sue molteplici sfaccettature, divulgando la conoscenza di opere di narrativa ebraica ed israeliana in Italia. Dal 2001 si sono dunque succeduti scrittori ebrei ed israeliani che hanno arricchito con la pluralità delle loro voci, a volte discordanti ma mai monotone, il panorama letterario italiano.
Una Giuria Selezionatrice composta da donne del mondo della cultura sceglie ogni anno, fra i titoli proposti dalle case editrici, una terna finalista di romanzi che vengono sottoposti ad una Giuria popolare composta da più di 250 appassionate lettrici appartenenti al mondo ebraico ma non solo: saranno loro a designare il vincitore!
Accanto alla sezione principale, il Premio si rivolge anche ai giovani e infatti, contemporaneamente ai libri per adulti, la Giuria Selezionatrice propone due romanzi che vengono valutati da una giuria composta da studenti provenienti da Istituti Superiori di diverse città, fra i quali quest’anno ci saranno alcune sezioni del liceo classico Galvani di Bologna, la città scelta per la Premiazione finale che avrà luogo il prossimo 30 ottobre.
Seppur meno famoso del Premio Strega, il Premio Letterario ADEI-WIZO ha ricevuto l’ambito riconoscimento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha manifestato la sua adesione con l’invio all’XI edizione di una Targa di Rappresentanza.

Il Premio dunque è un’opportunità imperdibile per chi ama la letteratura e desidera approfondire la conoscenza della narrativa ebraica. Tuttavia il lavoro della Giuria Selezionatrice è tutt’altro che semplice: la valutazione richiede tempo e spesso è solo dopo un ampio dibattito che alcuni testi vengono scartati.

La scelta di quest’anno ha privilegiato, in egual misura, opere di autori già affermati accanto a romanzi di scrittori che si stanno affacciando per la prima volta nel panorama letterario italiano. La memoria della guerra d’Indipendenza del 1948, il mondo e la cultura ebraica stretti fra l’accettazione della tradizione e il suo rifiuto, il rapporto fra religione e laicità sono alcune delle tematiche che pervadono i romanzi scelti dalla Giuria del premio letterario. Se con “1948” di Yoram Kaniuk la giuria ha inteso valorizzare una testimonianza di guerra priva di retorica, un racconto epico della storia di Israele agli albori dell’Indipendenza, il romanzo di Chochana Boukhobza, “Il terzo giorno”, è l’occasione per gettare uno sguardo sulla complessa società ebraica e sull’impatto che la Shoah ha ancora oggi sui giovani israeliani.
Negli otto racconti, ironici e spiazzanti che compongono l’ultimo libro di Nathan Englander “Di cosa parliamo quando parliamo di Anna Frank?”, ha colpito la Giuria l’uso dell’allegoria e delle tecniche del racconto popolare per affrontare le grandi questioni della morale e della storia.
Con il romanzo di Fania Cavaliere, “Il Novecento di Fanny Kaufmann”,  accurata ricostruzione di un mondo scomparso oltre che avvincente cronaca familiare, e con i racconti di Amos Oz, “Tra amici”, che descrivono un’epoca di forte idealismo si è voluto offrire agli studenti l’opportunità di gettare uno sguardo, sia sulla Storia europea, sia sugli anni immediatamente successivi alla nascita dello Stato d’Israele attraverso la descrizione della vita nei kibbutz degli anni ’50.
Per i lettori di Informazione Corretta che fossero interessati ad approfondire i romanzi scelti dalla Giuria vi proponiamo di seguito le recensioni dei cinque libri.

1948                                                            Yoram Kaniuk
Traduzione di Elena Loewenthal
Giuntina                                                        euro 15

Una delle voci più intense del panorama letterario israeliano, Yoram Kaniuk all’età di 80 anni è una vera icona in Israele. Critico teatrale e giornalista è autore di romanzi e raccolte di racconti, molti dei quali tradotti in italiano come Adamo risorto (Theoria), il suo esordio in Italia, cui sono seguiti Postmortem, Il comandante dell’Exodus, Tigerhill, La ragazza scomparsa. Tradotto in 25 lingue lo scrittore israeliano ha vinto con il suo ultimo romanzo il prestigioso Premio Sapir.
“1948” racconta in pagine di forte impatto emotivo, colme di poesia e pervase da un sottile sarcasmo, il conflitto che ha portato alla nascita dello Stato di Israele, addentrandosi senza retorica nel dolore della guerra, salendo una montagna impervia di memorie da cui spuntano, come arbusti selvatici, gesti di eroismo, situazioni assurde e imprevedibili, attimi di terrore dinanzi alla morte che colpisce giovani poco più che adolescenti.
Dopo 60 anni dalla fine della Guerra d’Indipendenza Kaniuk è riuscito a dare voce ai frammenti di memoria che lo hanno accompagnato per tutta la vita: già dal 1959 quando lavorava come marinaio sulla Pan York, una delle navi che portavano i profughi ebrei dall’Europa in Israele, aveva tentato di scrivere ma “…in realtà ero pieno di odio, avevo visto troppo sangue…non trovavo il tono giusto”. Solo dopo essere uscito da una lunga malattia ha compreso che se non avesse scritto allora non l’avrebbe fatto più. Sono pagine crude, atroci come solo può essere la guerra, quelle di Yoram Kaniuk: una narrazione autobiografica dalla quale emerge l’esperienza di un ragazzo partito volontario per la guerra che si trova a dover fare i conti con la fame, il freddo, il sonno, lo sgomento dinanzi alla morte assurda dei sopravvissuti alla Shoah che, senza capire una parola di ebraico, imbracciano il fucile orgogliosi di combattere per la difesa della loro Terra. Quei frammenti di ricordi che fluiscono come un fiume in piena, ci restituiscono un racconto dall’impronta orale che, al di là dei meriti letterari, ha il grande valore storico di averci fatto conoscere la guerra non attraverso le strategie dei comandanti, ma filtrata dagli occhi ingenui di giovani idealisti, di soldati semplici che, combattendo per difendere il diritto alla sopravvivenza, hanno reso possibile la nascita dello Stato d’Israele. Dedicato agli “amici morti e vivi che sono stati in quell’inferno da macello e sì, hanno anche fondato uno Stato”, il romanzo di Kaniuk è un vero “testamento spirituale”: un’opera da leggere con rispetto e devozione.

Di cosa parliamo quando parliamo di Anna Frank?    Nathan Englander
Traduzione di S. Pareschi
Einaudi                                                                                       Euro 19

Nato a Long Island in un ambiente “contrario alla libertà di pensiero e con una mentalità da shtetl”, per Nathan Englander la letteratura ha rappresentato una scelta ben precisa, oltre che una via di fuga. “Di cosa parliamo quando parliamo di Anna Frank?” è il titolo dell’ultima raccolta di racconti, un omaggio al grande scrittore e saggista statunitense Raymond Carver del quale Englander prende in prestito lo stile e la sceneggiatura. Nelle pagine di Englander il dolore si pone come elemento centrale dell’esistenza, uno stato d’animo che si può affrontare solo attraverso una pungente ironia. E in questo il suo stile si avvicina molto a quello di Philip Roth. I personaggi e le situazioni raccontate da Englander sono molto vari e alcuni di essi hanno tratto spunto dalla sua permanenza in Israele per la mirabile capacità dell’autore di trasmettere le ansie, le paure, i conflitti degli israeliani e degli ebrei di oggi. Quella di Englander è una prosa fluida che cattura il lettore con pagine che scorrono veloci grazie ad uno stile nitido e ironico al contempo. In otto racconti si dispiegano la sapienza e la tradizione ebraiche, i rituali degli ebrei ortodossi, le manie di personaggi indimenticabili in un caleidoscopio dalle mille sfaccettature. Accolto con elogi incondizionati da autori americani del calibro di Roth, Chabon, Franzen l’ultima opera di Englander, pur essendo di tono minore rispetto alle altre, riesce a condurre il lettore al di là del significato intrinseco di ogni racconto e a renderlo partecipe dei vizi, delle paure e delle debolezze che si agitano nell’animo dei personaggi offrendo come cura a tutto questo un’incontenibile e liberatoria risata.

Il terzo giorno                                                   Chochana Boukhobza
Traduzione di Emanuelle Caillat
Einaudi                                                                Euro 19

Città santa per eccellenza, capitale dei tre monoteismi, custode di una memoria in cui si depositano millenni di Storia, Gerusalemme è lo scenario che Chochana Boukhobza, scrittrice tunisina, trasferitasi in Israele all’età di diciassette anni, ha scelto per ambientare il suo ultimo romanzo.
Gerusalemme è anche il luogo dove il destino di due donne, Elisheva e Rachel, entrambe musiciste, si intreccia e trova il suo compimento. La prima è un’anziana violoncellista, sopravvissuta al campo di sterminio di Majdanek; la seconda è la sua allieva prediletta che ha lasciato la famiglia e il giovane fidanzato Eytan per inseguire il suo sogno di musicista a New York dopo aver vinto una borsa di studio per la prestigiosa Julliard School. E’ un concerto diretto dal famoso direttore d’orchestra Haim Newman l’occasione che riporta le due donne in Israele, una tappa importante nella loro carriera artistica ma anche un appuntamento con il passato al quale non potranno sottrarsi e che nel breve volgere di tre giorni si rovescia nelle loro vite con il suo carico di sofferenze e di paure mai risolte. Attorno alle due donne si muovono personaggi indimenticabili, voci e destini che si intrecciano con musicale geometria e ci conducono nei gorghi più misteriosi della psiche umana. Non sfugge al lettore che attraverso le vicende dei personaggi l’autrice, vincitrice del Prix Méditerranée nel 1986 con il suo primo romanzo, “Un été a Jérusalem”, ci racconta in modo magistrale la complessa realtà di un paese , con un passato troppo drammatico per poter essere dimenticato e un presente nel quale pur vivendo ogni giorno in stato di allerta non si rinuncia a coltivare la speranza in un futuro di pace e di tolleranza. Una trama ben costruita, uno stile terso, preciso sempre a punto sia sul piano linguistico sia su quello del ritmo del racconto ci regalano un romanzo che lascia l’impronta di una memoria da conservare.

Tra amici                                                   Amos Oz
Traduzione di Elena Loewenthal
Feltrinelli                                                    Euro 14

Ogni nuovo libro dello scrittore israeliano Amos Oz lascia stupefatti per quella straordinaria capacità stilistica di far “vedere” al lettore, quasi si trattasse di un quadro, ciò che descrive, siano moti dell’animo, paesaggi o azioni. Quello del Kibbutz è un mondo che conosce molto bene Amos Oz per averci vissuto molti anni dopo la morte della madre: “…una sorta di laboratorio dove tutto è concentrato, amore, morte, solitudine, nostalgia, desiderio, desolazione”. E al kibbutz Amos Oz ritorna con il suo ultimo libro “Tra amici” mirabilmente tradotto da Elena Loewenthal. Yekhat è un microcosmo degli anni cinquanta dove si intersecano le storie di alcuni abitanti, fra aspirazioni utopistiche, solidarietà, uguaglianza, declinate attraverso otto racconti di magistrale arte narrativa. C’è David Dagan, uno dei fondatori e leader del kibbutz, docente di storia, “dotato di una logica stringente e di una irresistibile capacità di persuasione. C’è Zvi Provizor uno scapolo basso di statura, incapace di accettare il minimo contatto fisico con chiunque, ha la passione di dare brutte notizie: terremoti, alluvioni, incendi sono gli unici argomenti di conversazione che destano il suo interesse.  E ancora Yotam, un ragazzo cui lo zio, arricchitosi facendo affari all’estero, offre un corso di studi in Italia ma non vuole accettare senza l’approvazione dell’assemblea del kibbutz. E’ una galleria di ritratti sospesa fra solitudine, passione, idealismo, paura, invidia, voglia di tenerezza quella che Oz mette in scena dove i drammi interiori non celano un costante anelito alla felicità.
Grazie all’uso magistrale della parola, Oz accompagna il lettore dentro un universo fatto di solidarietà e condivisione ma che non è affatto esente da invidie, solitudini e passioni segrete regalandoci un libro intenso e indimenticabile.

Il novecento di Fanny Kaufmann               Fania Cavaliere
Passigli editore                                             Euro 19,50

Dopo alcuni scritti di carattere scientifico e tecnico Fania Cavaliere, laureata in Filosofia a Milano e specializzata in Storia della Scienza presso la Domus Galileiana di Pisa, si cimenta con il romanzo storico narrando la storia e le vicissitudini della sua famiglia di origini ebraiche, colta e ricca, dai pogrom della Russia dei primi anni del Novecento fino all’avvento del nazismo nell’Europa della seconda guerra mondiale: in mezzo due Rivoluzioni russe e il ventennio fascista.
E’ un libro complesso quello di Fania Cavaliere, che nasce dal ritrovamento dei diari della nonna Fanny: un’accurata ricostruzione storica del Novecento ma anche una avvincente cronaca familiare dove a un certo punto la storia della famiglia russa emigrata in Europa si intreccia con un ramo calabrese conducendo il lettore a scoprire un pezzetto dell’Italia del sud, ancora arretrato in quegli anni, ma accogliente e per Fanny molto simile alla Jalta della sua giovinezza. Il romanzo di Cavaliere si apprezza anche per la magistrale costruzione dei personaggi e per la descrizione affettuosa e a tratti ironica dei caratteri di ciascuno di loro: fra tutti il nonno dell’autrice, Alberto Cavaliere, proveniente da una facoltosa famiglia calabrese, arguto conversatore, giornalista, appassionato del gioco d’azzardo, cattura con il suo fascino italico la giovane Fanny giunta a Roma per studiare arte.
Perno attorno al quale ruota tutto il libro, costituendone un valore imprescindibile, è la Memoria attraverso la quale si dipanano le vicende dei Kaufmann, si formulano le domande e si trovano le risposte ad uno dei misteri più intricati per l’essere umano: quello della vita. Non è facile in tempi di magra letteratura imbattersi in un libro autentico: “Il Novecento di Fanny Kaufmann”, è un’opera di alto artigianato, ricca di contenuti, i cui potenti rintocchi rimarranno a lungo nella mente e nel cuore del lettore.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT