Consigli per i leader occidentali: non visitate il Medio Oriente
Commento di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz)
Mordechai Kedar John Kerry
Rivolgendosi a diplomatici americani durante il suo tour mediorientale, il Segretario di Stato americano John Kerry ha “creato” un nuovo stato: il Kyrzakhistan. Pare abbia confuso il Kirghizistan con il Kazakistan.
Questo lapsus è un’ ulteriore riprova che coloro che detengono posizioni chiave nel governo americano non sono stati nominati per esperienza, capacità, conoscenza del settore, ma per le loro relazioni personali con il Presidente .
Il Segretario di Stato, appena nominato, non ha alcuna esperienza in politica estera, in breve tempo deve imparare storia, cultura, i nomi dei leader, dei politici e dei governanti, e conoscere i conflitti in cui sono coinvolti almeno duecento Stati.
Il nuovo Segretario di Stato non ha alcun periodo di apprendistato, per cui il risultato è inevitabilmente caratterizzato da superficialità, mediocrità e da errori come quelli che Kerry ha già commesso, e da altri ancora più seri che commetterà.
Ancora peggio, il nuovo Segretario di Stato occupa posizioni di rilievo nel Dipartimento di Stato, è circondato da collaboratori , che, come lui, non hanno alcuna familiarità con la scena internazionale. All’interno del Dipartimento esiste ovviamente un nucleo di funzionari professionali permanenti, che però non vengono interpellati nelle scelte politiche prese tra la Casa Bianca e il Segretario di Stato.
Il Medio Oriente è uno degli aspetti della politica più difficili da capire per un americano, perché la società americana si basa sull’individuo, mentre quella orientale poggia su gruppi tribali, etnici, religiosi divisi in molte fazioni.
Gli americani vedono il Medio Oriente attraverso la lente della loro cultura e poi si domandano: “Cos’è che non va con quella gente?”.
Le visite di alti funzionari, americani come europei, si risolvono in genere con dei fallimenti, che derivano da diversi fattori:
1. L’itinerario del viaggio: naturalmente, il percorso non può includere tutti gli Stati della regione, ne consegue che qualcuno si sentirà offeso per non essere stato incluso nel tour. Una giustificazione non elimina la sensazione di disprezzo percepita da chi è stato tenuto fuori dal percorso, si sentirà parte lesa, e troverà in futuro l’occasione di vendicarsi per l’esclusione subita.
2. Il visitatore in genere incontra non solo i rappresentanti del governo, ma anche dell’opposizione. Succede negli Stati Uniti e in Europa, ma non in Medio Oriente. Nel mese di giugno del 2009, il Presidente Obama aveva visitato l’Egitto invitato da Mubarak, ma aveva incontrato anche l’opposizione, i Fratelli Musulmani. Questo incontro fu percepito da Mubarak come un coltello nella schiena, si sentì umiliato e profondamente offeso. Questo è il vero motivo della sua assenza quando Obama tenne un discorso alla nazione islamica. Quell’incontro aveva rafforzato e incoraggiato la Fratellanza, e ancora oggi, molti fra gli oppositori del governo egiziano incolpano Obama per il successo dei Fratelli Musulmani nella conquista del potere in Egitto.
3. Il visitatore può essere tentato dal farsi coinvolgere nelle questioni interne dello Stato di cui è ospite, assumendo quasi la parte di mediatore fra maggioranza e opposizione. In Medio Oriente questo comportamento è percepito in modo molto negativo, perché, secondo la tradizione locale, un mediatore è considerato come un giudice, e come può esserlo uno straniero, che non capisce la cultura del Medio Oriente ?
4. Il visitatore di solito tiene una conferenza stampa con il Presidente, o con il Primo Ministro, in cui esprime sostegno e amicizia nei confronti dell’ospite. In Occidente - dove il governo gode di legittimità – le parole del visitatore vebgono cosiderate come stima e amicizia verso lo Stato ospitante. Ma nella maggior parte dei paesi del Medio Oriente, in cui il governo è percepito come illegittimo, un visitatore che esprima sostegno e amicizia verso un dittatore, è visto dalla popolazione come un nemico e un complice dell’oppressore.
5. Il visitatore cerca di offrire soluzioni ai conflitti regionali, ma queste “ soluzioni “ invece di risolvere i problemi alla radice provocano la reazione delle opposizioni e suscitano ostilità verso chi le ha proposte. L’esempio più evidente sono gli aiuti finanziari, che incoraggiano la corruzione all’interno del governo e il visitatore viene visto come colui che l’ ha implicitamente incoraggiata.
6. Il visitatore si comporta secondo codici di comportamento accettati nel proprio paese, ma che possono differire da quelli dello Stato ospitante, in particolare se riguardano la condizione femminile. In Occidente le donne che ricoprono posizioni di rilievo – come Madeleine Albright, Condoleezza Rice, Catherine Ashton - sono considerate al pari degli uomini. In Medio Oriente invece non è accettabile che una donna si comporti in modo indipendente nei confronti dell'altro sesso, anche se rappresenta un altro Stato. Questo successe a Condoleeza Rice, che dovette sfidare la cultura dei popoli del Medio Oriente affinché accettassero la sua autorità, nonostante il fatto che lei fosse una donna, non sposata, e di origine africana. Queste tre componenti, e in particolare l’ultima, avevano spinto molti a non considerarla affatto degna della posizione che ricopriva.
7. Anche il Presidente Obama rappresenta una sfida culturale difficile per il Medio Oriente: un uomo dalla pelle scura di origine africana in arabo si chiama “Abed”, cioè “schiavo”; quindi come può una tale persona dire agli arabi, agli iraniani e ai turchi cosa fare o non fare? A questo si aggiunga la possibilità che lui o suo padre abbiano abbandonato l’Islam, per cui, secondo la legge islamica, chi abbandona l’Islam deve essere ucciso. Molte persone in Medio Oriente si chiedono: “Come può una persona così avere il coraggio di venire al Cairo, in Arabia Saudita, in Iraq come Capo di Stato?”. Queste parole non sono pronunciate ad alta voce, ma questo è il sentimento di molti, di troppi, in Medio Oriente.
8. I visitatori di solito parlano in inglese o francese. Ma queste erano le lingue del colonialismo, così quando l'ospite fa dichiarazioni in pubblico in una di queste lingue, viene considerato come un colonialista, uno straniero, un arrogante che umilia e sfrutta, per cui viene respinto.
9. In preparazione delle visite di leader occidentali, molti cercano di offrire uno speciale “ricevimento” sotto forma di attacchi terroristici e altre operazioni affini, al fine di dimostrare chiaramente “chi è che comanda qui”. Questo è successo in Iraq dopo il 2003, e durante l’Intifada palestinese tra il 2000 e il 2007.
Si può concludere affermando, senza tema di smentite, che la visita di leader occidentali in Medio Oriente porta sempre con sè bagni di sangue. La conclusione che deriva da tutte queste considerazioni è che è preferibile per i leader e gli alti funzionari occidentali non venire in Medio Oriente.
Queste visite complicano vecchi problemi e ne creano di nuovi, e per di più, le probabilità che queste visite possano ottenere un effetto positivo o offrire una vera soluzione a un problema qualsiasi, sono piuttosto basse.
È auspicabile che la diplomazia faccia il suo corso dietro le quinte, con una presenza visibile minima. E’ meglio offrire sostegno e aiuti a Capi di Stato, politici, enti e associazioni, invece effettuare visite frettolose, che non raggiungono alcun obiettivo significativo.
È giunto il momento per i leader in Occidente di capire che la cultura del Medio Oriente non è come la cultura europea o americana. I popoli del Medio Oriente sono consapevoli della propria storia, e hanno un sistema di valori e priorità completamente diversi da quelli delle culture occidentali. La realtà mediorientale – da punto di vista etnico, tribale, religioso - è incommensurabilmente diversa da quella della cultura occidentale, e non è possibile esportare in Medio Oriente soluzioni cucite su misura per le culture europee o americane.
Le considerazioni religiose svolgono un ruolo chiave: ai leader degli Stati, dove la religione appartiene alla sfera personale di ogni individuo, e quindi applicano la separazione tra religione e Stato, manca una componente fondamentale e necessaria per comprendere la cultura del Medio Oriente. Le visite dei leader sono una parte importante della cultura politica in Occidente, ma sono percepite in maniera totalmente diversa in Medio Oriente.
Perciò è importante per i leader mondiali capire che le loro visite in queste aree non sono affatto efficaci nè positive, quindi non possono portare i risultati desiderati.
La mia analisi si riferisce anche a Israele, perché questo paese non si trova in Europa o in America, ma deve trovare la sua strada nel labirinto mediorientale. Le visite in Israele dei Primi Ministri europei e americani e dei Capi di Stato non producono risultati positivi: è sufficiente citare il Presidente Clinton, la cui visita aveva spinto i leader israeliani a firmare gli accordi di Oslo, che poi hanno portato all’ascesa di Hamas e alla sua presa del potere sulla Striscia di Gaza. L’imminente visita di Obama in Israele potrebbe - inoltre - spingere Israele ad accettare la creazione di un ulteriore stato terrorista, questa volta in Giudea e Samaria, perché nessuno al mondo, neppure Obama, è in grado di assicurare che Hamas non prenderà il controllo anche su questa regione.
Come un medico deve studiare almeno dieci anni prima di poter operare il suo primo paziente, allo stesso modo, un ingegnere studia molti anni prima di poter progettare il primo ponte. Così anche un diplomatico dovrebbe studiare il Medio Oriente bene a fondo, la cultura, le religioni e la storia prima di venirci per la prima volta. Sarebbe meglio se i leader occidentali avessero un diploma di laurea in Storia del Medio Oriente e conoscessero le caratteristiche culturali di questa regione prima di progettare soluzioni per società come quelle in Afghanistan e in Iraq, prima di venire in visita per tentare di risolvere problemi come quelli che esistono tra Israele e i suoi vicini.
I problemi del Medio Oriente - e il bagno di sangue in Siria lo dimostra nel modo più terribile - nascono dal tentativo di imporre in Medio Oriente la cultura politica che appartiene ad altre società.
È giunto il momento per il mondo di abbandonare questi progetti e di iniziare invece a relazionarsi con il Medio Oriente in base a quello che è in realtà, e non ai sogni di visitatori che vengono qui per un paio di giorni.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link: http://eightstatesolution.com/
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