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Informazione Corretta Rassegna Stampa
05.03.2013 Secondo mandato Obama, più filoarabo ancora del primo
analisi di Stefano Magni

Testata: Informazione Corretta
Data: 05 marzo 2013
Pagina: 1
Autore: Stefano Magni
Titolo: «Secondo mandato Obama, più filoarabo ancora del primo»

" Secondo mandato Obama, più filoarabo ancora del primo "
analisi di Stefano Magni


Stefano Magni

Se il buon giorno si vede dal mattino. La seconda amministrazione Obama, a meno di un mese dal suo insediamento, ha già fatto capire come si muoverà nella difficile arena mediorientale.
Fiducia nelle Primavere: John Kerry, prima ancora che si riunisse il vertice degli Amici della Siria a Roma, ha annunciato subito che invierà aiuti “non letali” ai ribelli anti-Assad. In realtà, dietro a quell’etichetta rassicurante, sarebbero inclusi anche mezzi corazzati (come rivela il Washington Post) compresi di consiglieri militari per addestrare le truppe ribelli al loro uso. L’idea di abbattere il regime di Assad in Siria è condivisa sia dai Democratici che dai Repubblicani. Il problema si presenta sotto altre forme: chi armare? Fra i ribelli, come in tutte le insurrezioni mediorientali, si sono imposti soprattutto gli jihadisti. Al Nusrah, fra questi, è la sigla più nota e secondo le stesse fonti di intelligence statunitensi, è legata ad Al Qaeda. Del pericolo islamico in Siria, questa amministrazione ha parlato poco e malvolentieri. L’unica volta che ha provato a inserire Al Nusrah nella lista delle organizzazioni terroriste, lo scorso dicembre, ha incassato una bordata di contestazioni da tutti i movimenti insurrezionali siriani, a riprova che il livello di collusione è molto diffuso fra loro.
In Egitto, la nuova amministrazione, non solo accetta, ma addirittura sostiene attivamente il governo integralista dei Fratelli Musulmani. Proprio John Kerry, quando era senatore, si era recato in Egitto per portare la sua consulenza al partito Libertà e Giustizia, che è diretta emanazione del fronte fondamentalista. In seguito alla sua visita al Cairo, domenica, Kerry ha promesso al governo egiziano 190 milioni di dollari in aiuti immediati, come antipasto per un pacchetto di sostegno di 450 milioni di dollari e in più altri 60 milioni da investire in un nuovo fondo a supporto delle imprese locali. E questo nonostante i tagli alla spesa pubblica americana. “Si è diffusa la netta sensazione che l’amministrazione Usa stia sostenendo in modo molto marcato i Fratelli Musulmani – dichiarava ieri, in un’intervista, il generale in pensione Sameh Seif al Yazal – e questa sensazione non è diffusa solo fra i manifestanti in strada, ma anche fra intellettuali, politici e professionisti”. A giudicare da questi aiuti economici, preceduti da forniture militari (nuovi caccia F-16 per l’aviazione egiziana) non si tratta solo di una “sensazione”.
Per quanto riguarda l’Iran, l’amministrazione Obama, può vantare anche il parziale successo dei colloqui di Almaty, in Kazakhstan, dove il negoziatore di Teheran, Saed Jalili, ha aperto uno spiraglio definendo “ragionevoli” e “realistiche” le richieste del gruppo di contatto 5+1 (i cinque membri del Consiglio di Sicurezza più la Germania). Le proposte, infatti, si limitano a due concessioni a basso costo politico: accesso per gli ispettori nei siti nucleari sospetti e la sospensione dell’arricchimento dell’uranio in solo uno di essi, l’impianto fortificato e sotterraneo di Fordo. Proprio ieri, però, l’Iran ha annunciato pubblicamente l’installazione di 3000 nuove centrifughe per l’arricchimento dell’uranio, materiale fissile utile anche per la costruzione di testate nucleari. Senza contare che un think tank americano, l’American Foreign Policy Council e la prestigiosa Rand Corporation, ipotizzano che… l’Iran possa già avere l’atomica. Perché si sospetta che il test sotterraneo compiuto dalla Corea del Nord, all’inizio del mese scorso, fosse un esperimento congiunto iraniano-nordcoreano. Anche con la Repubblica Islamica, dunque, l’amministrazione Obama sfugge alla regola d’oro della diplomazia “trust but verify” (fidati, ma verifica). Qui c’è molto “trust”, ma ben poco “verify”. E d’altra parte è coerente con la linea di politica estera preannunciata da Obama già ai tempi del suo discorso al Cairo del 2009: riconciliarsi con il mondo islamico. Che, nei suoi termini, vuol dire anche: dare fiducia ai Fratelli Musulmani, credendo che possano diventare democratici; dare fiducia ai ribelli in tutto il mondo arabo, credendo che possano instaurare un regime democratico; dare fiducia all’Iran, credendo che possa diventare una potenza ragionevole e responsabile. Ma Obama ci crede o ci vuole credere?


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