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Il Manifesto Rassegna Stampa
01.03.2013 Sei in un carcere israeliano e sei palestinese ? Allora sei 'prigioniero politico'
E quasi certamente hai subito torture. La visione distorta di Michele Giorgio

Testata: Il Manifesto
Data: 01 marzo 2013
Pagina: 7
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Samer Issawi, un altro prigioniero politico in fin di vita»

Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 01/03/2013, a pag. 7, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo "Samer Issawi, un altro prigioniero politico in fin di vita".


Michele Giorgio

Michele Giorgio inizia il suo articolo descrivendo lo sciopero della fame (lungo ben 210 giorni !! un caso unico nella storia del digiuno !) del detenuto palestinese Samer Issawi, il quale, ovviamente, viene descritto come vittima e 'prigioniero politico'.
I detenuti palestinesi sono sempre 'politici'. Non hanno mai commesso nessun tipo di crimine. Terrorismo palestinese? Non esiste. In più, ci sarà ben qualche criminale 'comune', qualche ladro, colpevole di qualche reato minore. No, sono solo detenuti politici.
Quello di Samer Issawi, comunque, è solo un pretesto per tornare a scrivere di Arafat Jaradat, detenuto palestinese morto in carcere per lo sciopero della fame. Secondo l'autopsia dei medici israeliani non ha subito torture. Il cadavere presenta una costola rotta (come scrive anche Giorgio) dovuta al massaggio cardiaco praticato dai medici nel tentativo di salvargli la vita.
Giorgio non ci crede, preferisce dare credito alla versione di Richard Falk, odiatore di professione (presentato da Giorgio come "
responsabile del Consiglio dell’Onu per i Diritti Umani in Israele e Palestina"), il quale sostiene che "Non ci sono prove di un infarto mentre ci sono i segni della tortura: un’inchiesta internazionale e indipendente va subito aperta", senza la partecipazione di medici israeliani, ovviamente.
Giorgio ha semplicemente colto l'ennesima occasione per fare ciò che gli riesce meglio, disinformare su Israele.
Ecco il pezzo:

In rete l’allarme corre veloce, rilanciato da twitter e facebook. Samer Issawi stamale, sempre di più, dopo 210 giorni di sciopero della fame alleviato solo da flebo di glucosio e saliminerali. Le condizioni del prigioniero politico palestinese si sono aggravate ulteriormente mercoledì, tanto che le autorità carcerarie israeliane ne hanno chiesto il ricovero immediato all’ospedale di Rehovot. I medici fanno sapere che Issawi è «in condizioni stabili» ma i palestinesi non si fidano e chiedono la liberazione del detenuto, residente a Gerusalemme. Non si fidano dopo aver appreso dei risultati dell’autopsia effettuata dagli specialisti dell’istituto israeliano di Abu Kabir che escludono nettamente abusi e torture sul detenuto palestinese Arafat Jaradat, morto la scorsa settimana nella prigione di Megiddo «per un arresto cardiaco» anche se non eramalato di cuore e aveva qualche costola rotta. Ieri il ministero della sanità di Israele ha comunicato che anche i testmicrobiologici non rivelano elementi a sostegno della tesi di percosse e torture subite da Jaradat durante o dopo un interrogatorio. E ha inviato ai giornalisti stranieri a Gerusalemme una mail per spiegare che le costole rotte di Jaradat sarebbero la conseguenza dei tentativi di rianimarlo con il massaggio cardiaco. Ma queste spiegazioni, peraltro non nuove, non risultano convincenti. Le pressioni internazionali hanno spinto il ministro israeliano per la sicurezza pubblica, Yitzhak Aharonovitch, ad ordinare una nuova autopsia, questa volta al cospetto di un medico indipendente straniero. I risultati si attendono tra qualche giorno ma le pressioni su Israele non cessano. Richard Falk, responsabile del Consiglio dell’Onu per i Diritti Umani in Israele e Palestina, chiede che siano medici internazionali e non israeliani a svolgere gli esami per accertare le cause della morte di Jaradat. «Il dottor Alul (il medico palestinese presente ad Abu Kabir, ndr) ha notato segni di tortura sul corpo del giovane Jaradat, in piena salute prima di entrare in carcere. Non ci sono prove di un infarto mentre ci sono i segni della tortura: un’inchiesta internazionale e indipendente va subito aperta», ha chiesto Falk. Le lotte dei prigionieri politici continuano a tenere alta la tensione in Cisgiordania dove oggi, da Maasra a Bilin, da Nilin a Nabi Saleh, migliaia di manifestanti palestinesi oltre a protestare, come ogni venerdì, contro il Muro israeliano e la confisca delle terre, invocheranno la scarcerazione immediata dei detenuti, a cominciare da Samer Issawi e gli altri che fanno lo sciopero della fame. Ieri Tareq Qaadan e Jafar Azzidin hanno sospeso il digiuno intrapreso tre mesi fa dopo aver ottenuto dalle autorità israeliane che non saranno prolungati gli arresti amministrativi (il carcere senza processo) nei loro confronti. Altri tre prigionieri hanno però cominciato lo sciopero della fame. Si tratta di Ibrahim Ibrahim di Gerico, Mohammed Najar di Hebron e AbdallahHadiyeh di Betlemme, tutti e tre arrestati nelle scorse settimane. Come Samer Issawi non si arrende Ayman Sharawne che prosegue lo sciopero della fame a oltranza. L’obiettivo è la liberazione incondizionata, ma Israele almomento offre solo la deportazione dei detenuti nella Striscia di Gaza, ossia il trasferimento da una prigione normale ad una enorme a cielo aperto. Dall’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) giunge un ammonimento: Israele è responsabile per i prigionieri politici palestinesi chiusi nelle sue carceri. La morte di uno dei detenuti in sciopero della fame, lascia intendere l’Olp, potrebbe scatenare la terza Intifada contro l’occupazione.

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