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Cecità selettiva Cari amici, come si è visto anche dalle elezioni italiane, capita spesse che protagonisti, esperti, osservatori e giornalisti sottovalutino i fenomeni fino a che non esplodono loro in faccia. Che si tratti di quello stato che gli inglesi chiamano “wishful thinking”, pensiero desiderante, di distrazione o di propaganda ideologica non conta, perché le conseguenze di questo modo di fare sono comunque disastrose. Qualcosa del genere succede sistematicamente, da molti anni, col Medio Oriente. I giornali, i politici, gli opinion leader non vedono perché non vogliono vedere, non sanno, non credono fino a che non è troppo tardi. Non hanno visto e ancora non credono ai tentativi di Saddam Hussein di costruire un impero, non si sono accorti dei tentativi siriani di dotarsi di armamento atomico, non considerano ancora le conseguenze del piano ben più massiccio dell'Iran nello stesso senso, non hanno capito che la cosiddetta “primavera araba” è stata la foglia di fico per la conquista del potere del movimento islamista in tutto il mondo arabo, non sono capaci neppure di prendere in considerazione le conseguenze dell'immigrazione islamica in Europa che hanno sotto gli occhi e che pure ha già costruito forti ed evidenti contropoteri in Belgio, Olanda, Gran Bretagna, Danimarca, Norvegia eccetera. Dato che la loro ideologia pensa agli immigrati come poveri e deboli fuggitivi che meritano di essere aiutati come nuovo proletariato, non vogliono vedere che anche in questo caso vi sono conseguenze radicali sulla forma della convivenza sociale e sul potere che ne deriva. Ma il luogo dove la cecità selettiva si esercita per eccellenza è Israele. Qui la pigriazia intellettuale, l'ideologia e un certo antisemitismo di fondo, insieme all'appoggio massiccio del mondo islamico, hanno costruito un filtro così spesso che è difficilissimo trovare qualcuno che percepisca la verità pura e semplice. La quale è semplicissima. Da cent'anni in qua il mondo arabo e islamico è in guerra per la distruzione di Israele. Nel tempo, ha cambiato molti metodi, dai pogrom agli assalti individuali alle case, dalle grandi guerre degli eserciti ai dirottamenti aerei, dai terroristi suicidi all'uso dell'arma del petrolio, dai razzi alla guerra legale. Ha cambiato alleati, dalla Germania nazista all'Inghilterra, dalla Russia agli Stati Uniti di Obama; ha cambiato ideologie, dal nazionalismo all'islamismo al “socialismo nazionale” cioè nazismo. Ma non ha cambiato il primo obiettivo che è la distruzione di Israele e possibilmente la mattanza degli ebrei che vi abitano. Ciò è evidente per chi abbia gli occhi per vedere, ma viene sistematicamente ammorbidito, travestito, presentato come incidentale, negato. Si dice che è Israele che, essendo più forte, deve “fare concessioni” “per la pace” (lo direste a un generale in guerra che per “fare la pace” deve perere una battaglia campale?), che Israele (7 milioni di abitanti, 40 mila chilometri quadrati, niente petrolio o risorse naturali) è Golia e gli arabi (300 milioni, 8 milioni di chilometri quadrati, metà del petrolio del mondo) sono Davide, o peggio che Israele è “come i nazisti” e naturalmente gli arabi “come gli ebrei”. L'ha ripetuto ancora di recente, in occasione della giornata della memoria, un deputato inglese non nazista né comunista (in questo caso purtroppo comprenderei) ma liberaldemocratico. Ora questa cecità si estende naturalmente anche alla fase attuale che è estremamente delicata. Il secondo governo Obama è spostato nettamente più a sinistra e in senso antisraeliano del primo, come si vede dalla nomina (ancora combattuta per fortuna, ma alle soglie del successo) di Chuck Hagel, un piccolo politico antisraeliano e isolazionista, al posto di ministro della difesa; l'Iran sta finalmente arrivando all'arma atomica, non bloccato dalle sanzioni né minacciato davvero da una reazione armata americana e quindi Israele deve pensare entro pochi mesi a difendersi da sé o a vivere con la minaccia perenne di un nemico giurato ed esplicito fornito di armi nucleari e missili capaci di recapitarle su Gerusalemme e Tel Aviv. Ciò che sta cambiando più rapidamente e che è del tutto inosservato da parte della stampa, dei politici e dell'opinione pubblica occidentale è l'atteggiamento dell'Autorità palestinese. Sarà per il suo stato pre-comatoso sul piano economico-istituzionale, cui non ha giovato né il riconoscimento dell'assemblea dell'Onu né l'aiuto finanziario promesso e sempre però “non pervenuto” dei “fratelli arabi”, sarà il fallimento dei colloqui di riconciliazione con Hamas, o il suo rafforzamento militare grazie all'appoggio iraniano che ha costretto Israele a trattative indiretta, sarà infine per il timore di un contagio delle piazze arabe - fatto sta che l'Anp ha deciso di creare il più possibile di torbidi e di agitazioni dove esercita la sua influenza, di dare il via libera a manifestazioni, assalti a colpi di pietra e di molotov, tentativi di occupazioni delle terre. Non si tratta ancora di lotta armata, non è il tris di quelle “intifade” o sollevazioni che produssero tanti lutti fra la fine del secolo scorso e i primi anni di questo. Ma c 'è il tentativo sistematico di andare in questa direzione da parte dell'Anp. Si dice che questo accada in previsione della prevista visita di Obama, per fornrgli dei pretesti per premere su Obama, la cui visita è prevista fra un mese, per “premere” sul governo israeliano per ulteriori “concessioni”, naturalmente sulla strada della “pace” o piuttosto della resa. Può essere. Ma è chiaro che i palestinesi cercano in tutti i modi di trovare delle crepe nella corazza israeliana, dei punti di debolezza su cui agire e adesso ci provano di nuovo coi metodi degli anni Novanta. Ed è chiaro anche che una volta partiti questi movimenti, è difficile fermarli senza che si sviluppi una dose di violenza certamente pesante. L'Anp potrebbe esserne travolta dai terroristi meglio organizzati e più decisi; Israele potrebbe essere trascinato in una repressione in cui sarebbe difficile la “proporzionalità” e che certamente sarebbe usata contro di lui. Potrebbe scaturirne un nuovo episodio di “guerra non convenzionale” che metterebbe ancora a fuoco il Medio Oriente. E potremmo star sicuri che questo, a differenza della strage continua siriana, sarebbe sotto gli occhi dei giornali e del pubblico europeo. Ma per ora, nessuno ne parla, nessuno raccoglie e documenta le dichiarazioni di appoggio dell'Anp a manifestazioni sempre più violente, nessuno dice che il detenuto morto in un carcere israeliano, da cui i palestinesi hanno tratto negli ultimi giorni pretesto per i loro tumulti, era stato sottoposto ad autopsia congiunta da medici israeliani e arabi e trovato vittima non di torture (!) ma di un banale attacco cardiaco. Ecco la cecità selettiva in azione. Non meravigliamoci se i risultati saranno imprevisti e magari molto negativi anche in Medio Oriente.
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