Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 25/02/2013, a pag. 14, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Siria, il no dei ribelli ferma Kerry".
Maurizio Molinari Barack Obama con John Kerry
Bashar al Assad
C’ è la Siria in cima all’agenda del primo viaggio di John Kerry all’estero e la missione si presenta tutta in salita. L’intenzione del segretario di Stato americano di proporre al collega russo Serghei Lavrov, che vede domani a Berlino, un patto sulla transizione a Damasco si scontra infatti con la contromossa dell’opposizione siriana che si chiude a riccio. Nell’arco di 48 ore Mouaz Alkhatib, leader del Consiglio nazionale siriano, ha prima annullato la partecipazione alla riunione di Roma fra i Paesi «Amici della Siria» e poi ha fatto sapere che non accoglierà l’invito a recarsi a Washington e Mosca. A quasi due anni dall’inizio della rivolta, superata la boa dei 70 mila morti e con i quartieri popolari di Aleppo sotto una pioggia di Scud lanciati dalle basi del regime, l’opposizione rimprovera alla Russia le «vergognose forniture di armi ad Assad» e sente odore di realpolitik nell’incontro di Berlino. Il timore di un compromesso Kerry-Lavrov alle spalle della rivolta di piazza si unisce alla rabbia per il silenzio della comunità internazionale sui bombardamenti ad Aleppo, spingendo il Consiglio nazionale siriano verso le posizioni di Arabia Saudita e monarchie del Golfo, contrarie a qualsiasi soluzione che non porti alla fine non solo della dittatura degli Assad ma anche del regime del Baath. Per Kerry ciò significa essere stretto fra due fuochi: Mosca gli chiede di spingere l’opposizione al compromesso con gli eredi di Assad e l’opposizione gli volta le spalle perché vorrebbe un’America più impegnata a rovesciare un dittatore sanguinario. Da qui l’ipotesi che le tappe più importanti della maratona di 9 giorni in 10 Paesi possano rivelarsi le ultime tre: in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar da dove provengono la maggioranza dei fondi e delle armi per la rivolta contro il raiss di Damasco. Ciò che più preoccupa queste capitali arabe è il recente rafforzamento delle milizie Hezbollah dentro la Siria, sostenute dalle Guardia della rivoluzione iraniana. Il timore è che Teheran si stia preparando a combattere nel dopo-Assad una guerra civile in stile libanese, per non perdere il controllo della Siria. Si spiega così la minaccia dei ribelli, formulata dal generale Selim Idriss, di attaccare con l’artiglieria le roccaforti Hezbollah nella valle libanese della Bekaa «se non cesseranno i bombardare le nostre posizioni a Qusayr».
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