Nuovi scenari in Medio Oriente?
commento di Federico Steinhaus
Federico Steinhaus
In queste ultime settimane tre eventi, non connessi fra loro, suscitano interrogativi:
Mohamed Morsi
1) Il presidente egiziano Morsi ha allagato alcuni dei numerosi tunnel che collegano la striscia di Gaza all’Egitto e che sono fonte di importazione clandestina di beni armi ed uomini verso Gaza ma anche verso l’Egitto; contestualmente Morsi ha ribadito che intende rispettare integralmente il trattato di pace fra Egitto ed Israele, a suo tempo firmato da Sadat e Begin.
Hassan Nasrallah
2) Un portavoce della resistenza siriana ha accusato il leader di Hezbollah Nasrallah di essere un criminale, ovviamente riferendosi al sostegno che Hezbollah garantisce al presidente siriano Assad.
3) In Israele altri 4500 prigionieri palestinesi hanno iniziato uno sciopero della fame parziale (il rifiuto della colazione) che potrebbe trasformarsi in uno sciopero della fame vero e proprio, che già viene attuato da alcuni altri terroristi imprigionati; sassaiole ed altre manifestazioni di violenza o di forte contestazione da parte degli arabi palesstinesi ed israeliani accompagnano questa delicatissima situazione.
Le decisioni di Morsi sono ovviamente importanti e dettate, oltre che dalla necessità vitale per l’Egitto di non perdere le già di per sé modeste simpatie dell’occidente ed in particolare degli Stati Uniti, dal pericolo che per il suo regime proviene dall’esistenza di bande armate islamiste nel Sinai. La resistenza siriana a sua volta mostra diffidenza se non ostilità nei confronti di un’importante componente militare e politica dell’asse Iran-Siria-Libano, ma nell’enigmatico mondo dei rapporti interarabi non riveste altro significato che questo.
Quel che invece potrebbe portare ad inattesi sviluppi della questione palestinese e cogliere impreparato il governo israeliano è proprio la protesta silenziosa – ma non poi tanto – che ruota attorno allo sciopero della fame, un’arma più letale dei kalashnikov e delle cinture esplosive. Gli israeliani sanno difendersi molto efficacemente dalle armi convenzionali e l’uccisione di civili innocenti induce l’opinione pubblica a simpatizzare con le vittime. Ma in questo caso la solidarietà va quasi automaticamente a chi sceglie lo sciopero della fame, qualunque siano le sue motivazioni ed il suo passato da terrorista. Come si fa ad impostare un ragionamento asettico su qualcosa che turba la coscienza e colpisce allo stomaco?