" Caso Abu Omar: la corte israeliana avrebbe assolto Niccolò Pollari "
analisi di Vitaliano Bacchi
Vitaliano Bacchi
Niccolò Pollari Abu Omar
La condanna di Niccolò Pollari fa discutere tutto il mondo. Il capo del servizio statale di intelligence condannato penalmente per una condotta certamente ascrivibile all'ambito delle sue funzioni di sicurezza è un evento del quale si sta trattando in tutte le centrali mondiali della sicurezza antiterroristica perchè pone la questione preliminare a tutti i servizi del mondo della variazione strategica da adottare per lo scenario operativo italiano.
Se sarà eseguita dipenderà anche dall'esito dell'incidente costituzionale in atto perchè la Consulta sta valutando la questione sul conflitto di attribuzioni la cui soluzione regolerà ex post il giudicato della Cassazione.
Il mondo dell'intelligence internazionale, quindi, sta valutando come regolarsi sulla scena italiana ed una valutazione in questo senso la sta facendo anche un fronte terroristico islamico per la prima volta consapevole di guarentigie istituzionali mai nemmeno attese.
Tuttavia l'analisi certamente più importante dell'evento è quella che i giuristi di tutto il mondo ne stanno facendo; partecipiamo a questa analisi coi nostri lettori, formalizzandone il presupposto razionale di ragionamento: se un caso del genere fosse accaduto in Israele, Pollari sarebbe stato condannato?
Quesito imprenscindibile per i giuristi di tutto il mondo, perchè la civiltà giuridica di Israele è la più antica, la più autorevole, la più rigorosa anche in senso formale e quindi paradigmatica per giudizi costituzionali di questo livello giuridico.
La Corte israeliana avrebbe riconosciuto a Pollari l'esimente dell'art. 51 codice penale che affranca da responsabilità il funzionario per le attività di intelligence connesse al proprio incarico?
La risposta è positiva: l'alta Corte israeliana lo avrebbe assolto.
La spiegazione della risposta è data dall'esame della diversa struttura giuridica dei due sistemi: quello romano è fondato su una idea privata, familiare e personale della responsabilità penale e l'attività della giustizia italiana nella lotta alla criminalità organizzata anche mafiosa non cambia il ratio del sistema, che resta privatistica, che punisce il fatto del delitto e solo correlativamente il suo back-ground terroristico.
Un sistema giudiziario come quello israeliano invece si fonda su un diverso assioma normativo che considera il terrorismo la manifestazione di un progetto militare di guerra, la cui sanzione e prevenzione richiede una normativa speciale ed un sistema giudiziario di repressione parimenti funzionale e di specialità normativa e militare, perchè in Israele il terrorismo è affare militare, mentre in Italia è solo di polizia.
In Israele non si sono mai registrati attentati terroristici a magistrati, in Italia la magistratura ha pagato il prezzo di sangue più alto su tutti i fronti del terrorismo: il giudice Amato è stato assassinato a Roma da terrorista neofascista perchè “si era permesso” di dubitare dello spontaneismo armato neofascista postulando nelle proprie indagini una direzione di “cupola” del neofascismo italiano, commistione rifiutata sdegnosamente da Ordine Nuovo, che lo ha assassinato sopprimendo così un magistrato ma dimostrando anche che il terrorismo politico neofascista può permettersi di “lavare il proprio onore” esattamente come fa la mafia.
Una analogia che dovrebbe rendere accorti, perchè fa vedere la falla del sistema.
Il giurista americano Alan Dershowitz, il massimo teorico mondiale sul diritto del terrorismo, rivendica per il sistema giuridico israeliano il primato mondiale nella prevenzione e sanzione del terrorismo, perchè la normativa e la repressione antiterroristica vantano nel sistema un plesso normativo tale per cui la giurisprudenza israeliana finisce invariabilmente per declinare la responsabilità penale del terrorista con una valutazione procedurale oltre che soggettiva diversa da quella che riserva allo stupratore o al crimine di sangue ordinario, predicandone parimenti criteri di prevenzione correlativi e congrui.
Il canone di giudizio è speciale, non è ordinario; in tema di specialità l'Italia vanta primato ma è una specialità di giurisdizione (militare, tributaria, amministrativa ecc.) non di teoria giuridica: l'istruttoria di un processo israeliano a carico di terroristi risulta da una attività di informazione militare non amministrativa o giudiziaria.
Un sistema di sicurezza, quindi, potentissimo e letale per la strategia terrorista, tale che non solo avrebbe garantito l'impunità a Pollari, avrebbe salvato anche i magistrati Falcone e Borsellino dall'attacco mafioso organizzato che li ha uccisi per le stesse ragioni per cui l'intelligence israeliana ha fornito alla polizia tributaria informazioni sufficienti per stanare i containers pieni di armi nei porti italiani del basso mediterraneo.
Salvare Falcone e Borsellino era possibile con soluzioni intelligenti di sicurezza fondate su assiomi dei sistemi ostensivi di Veblen, che inducono un algoritmo operativo (denied experience) tale per cui l'esperienza quotidiana di un magistrato investito di funzioni antimafia la decide il computer; quella di un magistrato adibito agli sfratti è libera, non quella di un centro intelligente del sistema giudiziario che opera contro il terrorismo, come sarebbe cioè avvenuto in Israele.
Lo scrivono Aaron Cohen della intelligence israeliana. Lo teorizza il giurista Alan Dershowitz, e lo scriviamo noi su queste pagine da un pezzo e adesso che la redenzione di Pollari dipende dalla soluzione costituzionale di un conflitto di attribuzioni, domandiamoci semplicemente se di questo “rigor legis” della giurisprudenza nelle questioni di legittimità della lotta al terrorismo benefici maggiormente il terrorista o le sue vittime.