Il commento di Davide Romano
Davide Romano
Conduttore televisivo, scrittore, autore di opere teatrali, collabora con La Repubblica - Milano
“Ma come fate, voi ebrei che avete vissuto le persecuzioni, a comportarvi esattamente come i nazisti nei confronti dei palestinesi?” Quando presento alle scolaresche i miei spettacoli teatrali sulla Shoah e giunge il momento del dialogo con il pubblico, ogni tanto arriva ancora questa domanda terribile (per chi la fa). Ogni volta, ogni maledetta volta, mi va il sangue alla testa. Ma ormai ho imparato a dominare anche questo: faccio un bel respiro profondo, e inizio a spiegare che se si accusa Israele di nazismo si commettono non uno, ma due errori. Il primo è quello di non capire che Israele è una democrazia, e non una dittatura. Di più: è un paese dove al suo interno un sesto della popolazione è arabo-palestinese e gode di più diritti di qualunque altro arabo in Medio Oriente. Il secondo errore, forse ancora più grave, è che se si paragona Israele alla Germania nazista in realtà si dimostra di non avere capito l’abisso di sangue che è stato il nazionalsocialismo. Chi fa questi accostamenti banalizza il regime di Hitler, dimostrando così di non ritenerlo un evento unico nella storia. Un revisionismo di sinistra così tanto estremo da finire per piacere perfino ai negazionisti di estrema destra.
C’è da fare attenzione a citare il nazismo con tanta leggerezza, paragonandolo a un qualsiasi conflitto religioso e territoriale. Come diceva lo scrittore Leonardo Sciascia: ”se tutto è mafia, nulla è mafia”. Lo stesso vale per Shoah. Se tutto è Shoah, allora la Shoah non esiste. O comunque non è stata così terribile, ma un semplice e ricorrente avvenimento della storia.
Spesso queste domande sorgono dal desiderio da parte dei ragazzi di distinguersi e sentirsi alternativi. Ed è proprio per questo che non dimentico mai di sfidarli sul loro terreno: cosa c’è di alternativo nello scimmiottare e ripetere le stesse cose che si urlano laggiù? Non sono forse già abbastanza “bravi” a litigare israeliani e palestinesi per conto loro? Si fanno pure la guerra, ogni tanto… E davvero, urlando con la bava alla bocca a duemila chilometri di distanza, qualcuno pensa di contribuire alla pace? No, dall’Europa devono arrivare messaggi e azioni concrete diverse. A noi che non siamo parte in causa, proprio a noi che siamo fuori dal conflitto, tocca pensare a qualcosa di nuovo. Senza aiuti alla cieca come in passato, ma sostenendo quelle forze che davvero vogliono il dialogo e non lo usano solo come slogan. Solo così facendo si semina la pace di domani.