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Il Giornale Rassegna Stampa
22.02.2013 Ecco dove finiscono i nostri soldi
1milione di € al terrorista Abu Omar

Testata: Il Giornale
Data: 22 febbraio 2013
Pagina: 15
Autore: Luca Fazzo
Titolo: «Abu Omar, così l’Italia risarcisce un latitante»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 22/02/2013, a pag. 15, l'articolo di Luca Fazzo dal titolo "Abu Omar, così l’Italia risarcisce un latitante".


Il terrorista Abu Omar

Un milione di euro al terrorista Abu Omar, più tutti i fondi che regioni, comuni e province destinano a Ong impegnate nel boicottaggio e la delegittimazione di Israele, ecco dove finiscono i soldi degli italiani.

Un milione di euro in contanti. É questo il risarcimento che Abu Omar, già predicatore nella moschea milanese di via Quaranta, si prepara ad incassare grazie ad una sentenza della Corte d’appello di Milano, che ha con­dannato cinque 007 del Sismi come complici della Cia nel suo rapimento. Risarcimento cospicuo ma indubbia­mente giustificato dal trattamento in­flitto all’imam, caricato su un furgone e poi su un aereo, e consegnato in Egit­to ai bruschi interrogatori della polizia di Mubarak.C’è però un piccolodetta­glio: per la giustizia italiana Abu Omar non è solo la vittima di un rapimento. È anche un terrorista latitante, colpito or­mai otto anni fa da un mandato di cattu­ra tutt’ora in vigore che lo accusa della «preparazione ed esecuzione di azioni terroristiche da attuarsi contro gover­ni, forze militari, istituzioni, organizza­zioni internazionali, cittadini civili ed altri obiettivi». Il mandato di cattura spiccato il 24 giugno 2005 dal giudice Guido Salvini non è mai stato eseguito, Abu Omar nel frattempo è uscito dalle carceri egiziane, oggi verosimilmente - dopo la salita degli islamici al potere­vive tranquillo in Egitto. E dall’Egitto si prepara a riscuotere il risarcimento, at­traverso una delega ai suoi legali. I primi a venire condannati a risarci­re Abu Omar erano stati gli agenti della Cia colpevoli dell’organizzazione e del­la realizzazione del rapimento: ma era­no da tempo tornati tutti in patria, e per gli avvocati del terrorista non c’era mo­do di andare a bussare a quattrini. Ma due settimane fa, ribaltando le senten­ze precedenti, la Corte d’appello di Mi­lano ha condannato per concorso nel sequestro anche Niccolò Pollari, ex di­rettore del Sismi, il suo vice Marco Man­cini, e altri tre funzionari dell’intelli­gence, condannando anche loro a pa­gare immediatamente, in solido con i colleghi della Cia, il megarisarcimen­to. E qui per Abu Omar l’odore dei soldi comincia a farsi fragrante. I suoi legali nei giorni scorsi hanno già iniziato a chiedere a Pollari & C. il risarcimento delle spese legali, poche migliaia di eu­ro. Ma subito dopo arriverà la richiesta del milione. E altro mezzo milione por­terà all’incasso la moglie (nel frattem­po ripudiata) di Abu Omar, anche lei ri­sarcita come parte civile. Gli 007 do­vranno pagare. E ovviamente gireran­no la cambiale al governo, visto che la presidenza del Consiglio poche setti­mane fa ha dato atto per iscritto che i cinque del Sismi hanno agito a fini isti­tuzionali nell’ambito della lotta al ter­rorismo islamico. Così Abu Omar si prepara a diventa­re, a spese dell’erario italiano, uno dei latitanti più benestanti di cui si abbia notizia. La giustizia italiana, d’altron­de, nei suoi confronti sembra viaggiare a due velocità: si ricorda (e giustamen­te) bene di lui come vittima, ma come indagato sembra averlo dimenticato. Tutti i suoi complici, la banda di Ansar al Islami attiva a Milano all’inizio del 2000, sono stati processati e in larga parte condannati. La sua posizione è stata stralciata. A un certo punto la Pro­cura di Milano ha­chiesto al giudice pre­liminare di dichiararlo latitante per po­terlo rinviare a giudizio: ma il gip ha ri­sposto che non c’era prova che fosse davvero in fuga, e non chiuso nelle gale­re di Mubarak. Peccato che nelle gale­re egiziane ci sia finito Mubarak stesso, e che al Cairo comandino i Fratelli Mu­sulmani.

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