Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 21/02/2013, a pag. 15, l'articolo di Francesca Paci dal titolo "Israele, il ritorno di Tzipi Livni piace a Obama".
Tutte le carte sono ancora da giocare, le trattative sono in corso.
Francesca Paci
a destra, Bibi Netanyahu con Tzipi Livni
Tzipi Livni, nuovo ministro della Giustizia israeliano nonché responsabile dei colloqui (al momento fermi) con i palestinesi, sa bene che la sua nomina è se non una cortesia quantomeno una mano tesa al presidente americano in arrivo (tutt’altro che intimo con Netanyahu). Tanto che, con la scusa di rispondere alle critiche dei colleghi del partito Hatnuah, si è affrettata a precisare di non voler essere «la foglia di fico» di Bibi ma d’avere intenzione di spendersi solo a condizione che il processo di pace riparta davvero. Riuscirà l’ex pupilla di Sharon e di Olmert a compensare la scarsa popolarità internazionale dell’attuale premier? Netanyahu, rinunciando a negoziare in prima persona, ha scommesso di sì. In fondo non aveva molta scelta, con Washington che chiede a gran voce un cambio di passo e l’Europa che minaccia il boicottaggio dei marchi israeliani in caso le colonie continuino a fiorire in Cisgiordania. Eppure, notano i politologi, il compito di Tzipi Livni, ex ministro degli Esteri e primo esponente dell’opposizione ad allearsi con i vincitori del voto del 22 gennaio, è tutt’altro che in discesa. Secondo il principe degli analisti Naum Barnea, pur avendo Livni un certo margine di manovra, qualsiasi suo tentativo di ridimensionare il sostegno governativo agli insediamenti troverà barricate esterne, da parte degli ultranazionalisti di Habayit Hayehudi (il partito di Naftali Bennett per ora fuori dalla coalizione), e interne, tra gli irriducibili del Likud-Beiteinu. Il punto è che, così come il premier, la neo ministra della Giustizia aveva ben poche frecce al suo arco dopo essere uscita dalle elezioni con soli 6 seggi (anche quando ne aveva 28 non contava granché alla Knesset). E, così come il premier, non ha il tempo per fare carriera di cui dispongono invece Bennett e la sorpresa delle urne Yair Lapid. È dunque un matrimonio di convenienza quello tra Bibi e la Livni che in campagna elettorale lo dipingeva come una sorta di sciagura nazionale? Che funzioni è certamente interesse degli Stati Uniti ma anche dei palestinesi, almeno di Fatah, i quali per bocca del consigliere di Abu Mazen Nemer Hammad hanno definito il ritorno di Tzipi «un segnale positivo» (Hamas corre in proprio).
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