Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/02/2013, a pag. 19, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo "Tunisia senza pace. Si dimette il premier, trionfano i falchi".


Hamad Jebali Francesco Battistini
«Non ci sto». Come i piccoli indiani, uno dopo l'altro cadono gli uomini che tentano d'evitare alla Tunisia il caos. Neanche due settimane fa ci avevano pensato i sicari, ad ammazzare la speranza laica di Chokri Belaid, capo dell'opposizione. Ieri è toccato ai cecchini islamici impallinare la speranza pragmatica dell'ingegner Hamad Jebali, loro premier e compagno di partito che dopo l'assassinio eccellente stava tentando la via difficile d'un governo tecnico. Sostenuto solo a parole dalla maggioranza turbomusulmana di Ennahda, più attento alla crisi economica che alle riforme politiche del dopo rivoluzione, Jebali ha perso la sua sfida impossibile al padre padrone di Ennahda, Rashid Gannouchi: formazione francese, co-fondatore del movimento islamico e incarcerato sotto la democratura di Ben Ali, l'ingegnere aveva capito che non si va lontano se in testa si ha solo la tabaa, il callo sulla fronte dei musulmani osservanti, e non un'idea riformatrice del Paese. «Il governo tecnico è la via migliore per uscire da questa situazione», aveva detto. Tre giorni fa, a margine d'una contro manifestazione in cui sventolavano pure le bandiere nere dei salafiti, Gannouchi aveva dato il suo pollice verso: «Non lasceremo mai il potere», l'avvertimento che tutti hanno capito. Non restano che le elezioni, probabilmente dopo l'estate. Jebali s'accommiata: «Me ne vado, ma non è il fallimento della Tunisia o della rivoluzione dei gelsomini». Sarà per il gelo che spazza Tunisi: ne fioriscono pochi, due anni dopo.
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