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Informazione Corretta Rassegna Stampa
18.02.2013 IC7 - Il commento di Annalisa Robinson
Dal 10/02/2013 al 16/02/2013

Testata: Informazione Corretta
Data: 18 febbraio 2013
Pagina: 1
Autore: Annalisa Robinson
Titolo: «Il commento di Annalisa Robinson»
Il commento di Annalisa Robinson


Annalisa Robinson
corrispondente dall'Inghilterra di Informazione Corretta

L'altro giorno, rileggendo il Macbeth di Shakespeare, riflettevo sul ruolo delle tre streghe, che nel dramma rappresentano il caos dei tempi e la confusione morale dei protagonisti. Esse  rispecchiano un mondo in cui il buon senso, la ragione e l'umanità vengono meno; in cui male viene percepito come bene, e il bene viene trasformato in male. Nel primo atto, che dà il tono a tutta la vicenda, le streghe cantano: “Il bello è brutto, e il brutto è bello; libriamoci nella nebbia e nell'aria corrotta.” Tuttavia la parola “fair” significa anche giusto, buono, imparziale, equo, leale; mentre la parola “foul” significa molto di più di “brutto”: significa appunto corrotto, fetido, sporco, disgustoso, rivoltante, scorretto, infame, osceno. Rende l'idea di un contesto marcio, di un mondo alla rovescia, nel quale le streghe si propongono solo di aumentare il disordine e il conflitto ai danni degli umani: “Raddoppia, raddoppia la fatica e la discordia”.

Questa settimana è stata un po', nel bene e nel male, la settimana delle saghe e dei complotti, nella quale moderne fattucchiere hanno rimestato molto in una serie di calderoni. Continua la saga delle dimissioni del Pontefice, con ipotesi di complotti e toto-successori; continua la saga intorno al Prigioniero X, morto nelle carceri israeliane, anch'essa col suo corredo di misteri; continua il processo per la morte dell'attivista Arrigoni, della quale il Manifesto illustra gli enigmi; continua il festival di Sanremo, per il quale si prevede il solito strascico di commenti e polemiche; e cosi' via. Saghe e complotti, confusione, aria fritta e corrotta.

Cosi' ho pensato di concentrarmi su un dettaglio insolito, che si inserisce in un'altra saga tutta inglese, anch'essa con la sua brava congiura e le sue brave streghe. 

Infatti questa settimana, non a caso la settimana di Carnevale, mi ha molto colpito un articolo in cui si descrive il quotidiano inglese Guardian come parte di una lobby sionista, di una “colossale operazione, quasi una macchina, architettata per proteggere lo Stato di Israele dalle critiche”. Il mondo alla rovescia, si diceva: siccome il Guardian ha una lunga tradizione di ostilità nei confronti di Israele e un occhio assai benevolo nei confronti dei suoi nemici, compreso Hamas, vale la pena di approfondire un po'.

Tutto inizia con la Giornata della Memoria, una giornata che porta molti di noi a fare del nostro peggio (il bello e giusto che sfocia nel brutto e nell'osceno, come nel Macbeth). In questa occasione, il deputato liberaldemocratico inglese David Ward appone la propria firma in un libro presentato dall'Holocaust Educational Trust, impegnandosi così, come gli altri firmatari, a  ricordare la Giornata; e anche, a titolo personale, a onorare le vittime di tutti i genocidi, e a    combattere razzismo e pregiudizi.  Un po' generico ma fin qui niente di male.

Tuttavia, quando Ward riporta la notizia nel suo sito ufficiale, aggiunge un paragrafo a dir poco inquietante:  “Avendo visitato Auschwitz due volte – una volta con la mia famiglia e una volta con scuole della mia zona – mi rattrista il fatto che gli ebrei, che pure hanno sofferto incredibili livelli di persecuzione durante l'Olocausto, abbiano potuto, pochi anni dopo la liberazione dai campi di sterminio, commettere atrocità nei confronti dei palestinesi nel nuovo Stato di Israele, e continuino a farlo tuttora su base quotidiana in Cisgiordania e a Gaza.”

Il che si potrebbe riassumere in una breve equazione, familiare ai lettori di IC ma raramente espressa in modo tanto cristallino da un parlamentare inglese in questa particolare giornata:    israeliani = ebrei = nazisti.

Non voglio dilungarmi sulla natura crassa e spregevole del paragone – ce ne vogliono, di presunte atrocità, per mettere insieme sei milioni di morti, la sistematicità dei forni, dei treni piombati, la separazione delle famiglie; le montagne di scarpe, capelli, occhiali e cenere, tanta cenere; gli “esperimenti” del Dr. Mengele, le lunghe, lunghissime fosse comuni.... 

Non voglio dilungarmi sul fatto che i superstiti di quelle atrocità non abbiano fatto esplodere bombe, non abbiano sgozzato, non abbiano rapito o ucciso, né dirottato aerei, né incitato all'odio e al martirio.

Non voglio dilungarmi sul fatto che le uniche iniziative dirette a smorzare il conflitto siano state  unilaterali e di parte israeliana: il ritiro da Gaza, il sistema antimissilistico, la costruzione della barriera contro gli attentatori suicidi.

Non voglio dilungarmi nemmeno sulle reazioni alle affermazioni di Ward, che sono immediate e assai dure, e non solo dalle organizzazioni ebraiche. Quelle due pesantissime parole, “gli ebrei”, che non hanno ancora imparato la lezione dei campi di sterminio, appaiono subito per quello che sono, nel loro significato letterale, e attirano su Ward l'ira dei leader del partito (nel quale peraltro  posizioni simili, se non così esplicite, non sono nuove). Ma Ward non vuole né demordere né scusarsi. Alla BBC dice: “Non ci vedo proprio nulla di male. Loro [il partito] considerano deplorevoli i miei commenti; io considero deplorevole la loro censura”, aggiungendo che eventuali azioni disciplinari rappresenterebbero “una triste riflessione sui valori che tutti noi abbiamo cari, in particolare la libertà di espressione.”

A Sky News dice anche di più e di peggio (http://www.guardian.co.uk/politics/2013/jan/25/lib-dem-david-ward-israel), sostenendo di essersi limitato a “constatare un fatto”. Al giornalista che gli chiede se intenda accusare gli ebrei, piuttosto che lo Stato di Israele, di perseguitare i palestinesi, risponde: “Accuso gli ebrei che lo fanno, perciò se lei è ebreo e non c'entra, io non l'accuso. Dico che gli ebrei che lo hanno fatto e continuano a farlo non hanno imparato quella lezione. Se lei è ebreo e non fa queste cose, e non le ha mai fatte, allora naturalmente non la   critico.” Insomma, gli ebrei devono stare al loro posto, nel posto in cui li ha messi l'Olocausto.

A un certo punto però qualcuno deve avergli detto che la sua posizione sta diventando indifendibile, inducendolo a una razionalizzazione a posteriori dell'accaduto: a suo dire, Ward intendeva soltanto prendere spunto dalla Giornata della Memoria per chiedersi se le azioni   degli israeliani e/o sionisti dopo il 1945 possano essere ricondotte all'Olocausto. Chiunque interpreti l'espressione “gli ebrei” come, appunto, “gli ebrei”, mente o è in malafede. E   continua a difendere le sue affermazioni con argomenti speciosi, ad esempio su Twitter, dove scrive che non è “ lo Stato a demolire una casa, bensì una persona – tutto questo riguarda come (non tutti!) i perseguitati diventano persecutori”. E' il mondo irreale di Macbeth, nel quale nulla è ciò che sembra.

Ovviamente il discorso non regge. E' possibile criticare, e in dettaglio, le politiche di Israele (barriera di separazione, insediamenti, Gerusalemme, i rifugiati, l'accesso all'acqua, l'accesso delle merci a Gaza, il blocco, le azioni militari, gli omicidi mirati e così via). Ed è possibile criticare i diretti responsabili o presunti tali: Netanyahu, i singoli partiti, il governo, l'IDF, gli israeliani, i sionisti, gli USA, l'ex presidente Bush, determinate organizzazioni ebraiche eccetera eccetera, senza usare l'espressione “gli ebrei”.

E i vertici del partito (già inguaiato per altri motivi, compreso un ex ministro prossimo al  carcere) si fanno sentire, perchè Ward finalmente pronuncia qualcosa di simile a delle scuse: “Non ho mai, nemmeno per un momento, inteso criticare od offendere gli ebrei nella loro totalità, né come razza  né come entità religiosa, e mi scuso sinceramente per l'offesa involontaria arrecata dalle mie parole.... [tuttavia] continuerò a criticare quanto accade in Palestina nel modo più esplicito finché Israele continuerà ad opprimere il popolo palestinese.”   

Successivamente, però, con la giornalista del Guardian Aida Edemariam, che gli fa presente quanto sia infelice il paragone tra ebrei e nazisti (http://www.guardian.co.uk/politics/2013/feb/06/david-ward-not-racist), Ward ricomincia a giustificare, in modo più indiretto ma ugualmente offensivo, le sue affermazioni originali: “non si dimentichi che molto prima della costruzione dei campi di sterminio il trattamento degli ebrei in molti Paesi europei, e naturalmente dopo il 1933, in particolare nella Germania nazista, era di stampo razzista.... [Era] di lieve impatto, o veniva considerato come una serie di cattiverie e molestie lievi, almeno inizialmente, poi si è inasprito. E quando si considera […] la Cisgiordania, e un intento dichiarato da parte dell'esercito israeliano di molestare, spesso semplicemente infastidire i palestinesi – per esempio con un checkpoint che viene aperto solo in certi giorni, e poi viene aperto, ma a un'ora più tarda, e ancora il giorno dopo viene aperto leggermente più presto, cosicché tu ci vai e poi lo trovi ancora chiuso … di fatto solo per molestare i palestinesi, in molti casi per mandarli via dalla loro terra, semplicemente per farli cedere e andarsene....”   In pratica, vengono aggiustati i termini dell'equazione, paragonando gli israeliani ai nazisti del periodo pre-campi di sterminio.

E viene formulata la teoria di una congiura del silenzio su vasta scala: “C'è una colossale operazione in corso, quasi una macchina, architettata per proteggere lo Stato di Israele dalle critiche. E che entra in azione molto, molto velocemente e si concentra su chiunque venga percepito come critico nei confronti dello Stato di Israele. E alla fine mi ritrovo a considerare quello che mi  è capitato, se dovrei usare questa o quella parola – il che significa che hanno vinto.”

Tuttavia la posizione di Ward riscuote il sostegno dell'immancabile Noam Chomsky, e di attivisti pro-palestinesi come il blogger scozzese John Hilley, che nella sua Glasgow si dà molto da fare per i diritti umani dei palestinesi (Glasgow Campaign for Palestinian Human Rights). Hilley interviene a piedi uniti nella diatriba scrivendo un delirante articolo nel suo blog Zenpolitics (http://johnhilley.blogspot.co.uk/2013/02/guardian-continues-hounding-of-david.html), nel quale si compie il miracolo (o la stregoneria) di trasformare il Guardian (il Guardian!) in un organo della propaganda sionista e delle lobby ebraiche.  Articolo prontamente ripreso da Ward e inserito nel suo blog (http://davidward.org.uk/en/article/2013/659668/guardian-continues-the-hounding-of-david-ward). E a questo punto è difficile che Ward possa riuscire a dissociarsene o a mettere  insieme delle scuse plausibili, perchè le argomentazioni dell'articolo sono veramente insostenibili.

Innanzitutto, si distorce la natura dell'Olocausto riducendolo a strumento sionista, ad “agenda ideologica, politica e militarista centrale per la formula sionista e la creazione di uno Stato ebraico”, a radice del sionismo e fonte di legittimazione dell'oppressione nei confronti dei palestinesi: “Non possiamo ragionevolmente imparare o capire nulla della sofferenza dei palestinesi senza fare riferimento all'Olocausto e ai modi in cui il sionismo lo ha usato per legittimare l'Occupazione.”

Poi si passa alla cospirazione, già menzionata “lobby ebraica”, di cui anche il solidamente filoarabo Guardian sarebbe parte; per cui l'interpretazione deliberatamente distorta dell'espressione “gli ebrei” verrebbe utilizzata “per tenere gli altri giornalisti in uno stato di cauta apprensione riguardo alla discussione dell'Olocausto in relazione all'Occupazione”.

Infine, il vero martire in tutta questa storia sarebbe il povero Ward, coraggioso a dispetto delle sue “successive rettifiche”: “come al solito messo alla gogna come antisemita e perseguitato dai media liberali per non essersi conformato alla narrativa sionista”. E rispunta la trita definizione dell'Olocausto e dell'antisemitismo come strumenti per bloccare qualsiasi legittima critica all'operato di Israele.

Tutta roba già sentita e degna di disprezzo, ma il fatto che la si ritrovi nel sito ufficiale di un esponente di un partito di governo è inquietante, e rende questionabile la sua permanenza in Parlamento. Come sono inquietanti le esitazioni del leader del partito di Ward e vice-Primo Ministro inglese, Nick Clegg, che in Parlamento si è limitato a constatare che “ciascuno di noi ha il dovere di scegliere attentamente le parole e muoversi cautamente quando entra in questo accesissimo dibattito” nonché ad esprimere una generica condanna per chi usi “un linguaggio insensibile, smoderato, provocatorio e offensivo per descrivere un conflitto rispetto al quale la gente prova sentimenti molto forti.”

E' il mondo alla rovescia del Macbeth, il mondo della confusione morale, del caos in cui la ragione, l'oggettività e il buon senso vengono meno; in cui le parole vengono disgiunte dal loro significato, che per di più diventa variabile; in cui i fatti vengono ignorati o dimenticati, mentre l'interpretazione soggettiva dei fatti, ovvero la loro narrativa, diventa realtà; in cui la vittima diventa carnefice e il carnefice diventa vittima; in cui la responsabilità delle parole e delle loro conseguenze non risiede più nell'individuo che le pronuncia ma in colui che le ascolta e le interpreta; in cui, in ultima analisi, il dialogo diventa inutile e si trasforma in una serie di sordi monologhi. 

Ed è in questo contesto che le streghe si librano nell'aria, e rimestano nei loro calderoni.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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