Gentilissima Redazione,
ho appena letto l'articolo di Giulio Meotti "B XVI non era amico di Israele e degli ebrei". Avrei qualche domanda per l'Autore:
- che cosa gli fa pensare che la frase sul 'resistere alla tentazione del terrorismo' implichi biasimo per Israele? Per la teologia cattolica, la tentazione è il tentativo di Satana di indurre l'uomo a peccare, ossia a disobbedire alla Legge divina, una suggestione che l'uomo deve vincere per restare fedele a Dio. E, naturalmente, in una società che glorifica una mostruosità quale il terrorismo, per i giovani sottrarsi a questa tentazione richiede ancor più 'coraggio';
-che cosa lo induce a pensare che l'osservazione sul fatto che 'i muri possono essere abbattuti' sia, nel contesto dei discorsi del Papa, un 'chiaro incitamento alla violenza' anziché l'auspicio che, prima o poi (meglio prima che poi), la pace renda inutile la barriera difensiva (che, nel tratto fra Gerusalemme e Betlemme che il Papa vide personalmente, è effettivamente un muro, ovviamente per una protezione più efficace contro gli attentati)?
- se non ho frainteso, mi è parso che l'Autore giudichi molto negativamente le affermazioni del Papa in favore della costituzione di uno Stato palestinese. Ma, se lo stesso Primo Ministro uscente (e presumibilmente rientrante) di Israele ha appena confermato l'impegno in tal senso (sempre ammesso che i Palestinesi si degnino di accettare di fare la pace e non una mera hudna), che cosa c'è di male nelle parole del Papa?
- non ha alcuna importanza che il Papa abbia espressamente chiesto che sia 'universalmente riconosciuto' (dunque, da tutti in tutto il mondo) il diritto dello 'Stato di Israele' di 'godere pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti' (v. il discorso di commiato all'aeroporto Ben Gurion)?
-Mi permetto, infine, di segnalare, a proposito di benedizioni, senza alcuna pretesa di completezza, quelle per Israele subito all'arrivo all'aeroporto.
Sarei molto grata al Dott. Meotti se potesse trovare il tempo di rispondere. Leggendo da qualche anno i suoi commenti, abitualmente acuti e molto interessanti, mi ha sempre lasciata un po' perplessa il suo giudizio così persistentemente negativo su un Papa che ha mostrato una costante attenzione, riguardo e amore sia verso Israele che verso l'ebraismo: un amore e riguardo che posso solo sperare che si diffonda ad ogni livello tra i cristiani e si traduca in concreto sostegno internazionale ad Israele, in attesa che, a Dio piacendo, maturino le condizioni per la pace.
Con i più cordiali saluti,
Annalisa Ferramosca
Risponde Giulio Meotti:
Gentile Sig.ra Ferramosca,
- Il terrorismo non può essere definito una tentazione a meno che il Vaticano non pensi che ci siano delle ragioni per ricorrervi. Il terrorismo palestinese é pura Shoah, la peggior forma di antisemitismo. Questo il Papa doveva dire a Betlemme
- Il Vaticano può pensare che il 'muro', o barrira, debba venire giù se non vede i morti ebrei sull'asfalto oppure se gode nel vederli. Delle due l'una. Altrimenti si deve capire che la barriera é stata la più grande opera umanitaria: ha fermato i kamikaze, ha consentito all'esercito israeliano di non fare più molte incursioni fra i palestinesi e fra questi ha riportato la calma. Ipocrita e violento l'appello ad abbattere i muri come se si trovasse a Berlino nel 1988
- Un conto é il diritto israeliano a concedere uno stato palestinese come frutto dei negoziati, progetto pure fallimentare, altra cosa é il sostegno politico del Vaticano all'imposizione sulle spalle dello stato ebraico di uno stato palestinese. Nell'ambito di chi sostiene la nascita di un simile stato l'unica posizione accettabile é stata quella americana, che si é opposto al voto dell'Onu. Ma d'altronde il sostegno del Vaticano all'Olp risale al 1982, ben prima che rinunciasse anche solo formalmente al terrorismo.
cordialmente, (gm)