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La Repubblica Rassegna Stampa
17.02.2013 Yoani Sanchez libera ! Racconterà Cuba, le vera prigione a cielo aperto
Cronaca di Omero Ciai

Testata: La Repubblica
Data: 17 febbraio 2013
Pagina: 17
Autore: Omero Ciai
Titolo: «Il giro del mondo di Yoani Sanchez 'racconterò i diritti negati a Cuba'»

Ecco una buona notizia, Yoani Sanchez può finalmente lasciare Cuba - la vera prigione a cielo aperto, altrochè Gaza- e andare in giro per il mondo a raccontare l'inferno cubano. Su REPUBBLICA di oggi, 17/02/2013, a pag.17, con il titolo " Il giro del mondo di Yoani Sanchez ,racconterò i diritti negati a Cuba" la cronaca di Omero Ciai.

Finalmente il passaporto !

Yoani Sanchez, la blogger dissidente più famosa di Cuba prepara le valigie. Ma non per andare in esilio. Per la prima volta, grazie alla riforma migratoria approvata a gennaio dal governo di Raùl Castro, molti esponenti dell’opposizione interna potranno uscire liberamente dall’isola e farci ritorno, al contrario di tutti coloro che negli ultimi cinquant’anni sono stati espulsi come traditori della Rivoluzione castrista ed hanno perso perfino la cittadinanza. L’altra notte è toccato a Rosa Maria Payà, la figlia del leader cattolico Osvaldo Payà morto l’anno scorso in un incidente d’auto, che è partita per un viaggio in Spagna e Svizzera. Presto sarà la volta di Berta Soler, la portavoce delle «Damas de blanco», il movimento delle mogli dei prigionieri politici, che ha già ricevuto il suo passaporto. Mentre stasera raggiungerà l’aeroporto dell’Avana Yoani Sanchez per iniziare un lungo tour che nelle sue intenzioni durerà esattamente 80 giorni e toccherà almeno dodici paesi.
Negli ultimi anni la Sanchez, filologa e giornalista nata all’Avana il 4 settembre del 1975, è diventata la più internazionale e mediatica rappresentante dell’opposizione cubana prima grazie ad un blog,Generacion Y,
e poi ai suoi articoli sulla vita quotidiana nell’isola pubblicati dalla stampa di tutto il mondo. Nominata nel marzo del 2012 corrispondente dall’isola dal quotidiano spagnolo El Paìs,
Yoani Sanchez era diventata, a partire dal 2007, anche un simbolo della persecuzione del regime che gli ha negato «per dodici o tredici volte» il permesso di uscire dal paese. La prima tappa del viaggio è in Brasile, a Recife, dove arriverà nelle prime ore del mattino di domani.
In una intervista al quotidianoLa Folha, la blogger cubana ha detto di aver scelto il Brasile come prima tappa «perché lì ci sono molte persone che hanno lottato per farmi avere il passaporto». Prima fra tutti la “presidenta” Dilma Rousseff che l’anno scorso in occasione di una visita ufficiale all’Avana intervenne personalmente a favore della Sanchez presso Raùl Castro. L’itinerario di Yoani Sanchez proseguirà verso il Messico, il Canada e gli Usa prima di attraversare l’Oceano e raggiungere l’Europa.
A Puebla, in Messico, parteciperà all’assemblea annuale della Sip, l’associazione americana della stampa. Ma la tappa più succosa del suo viaggio sarà sicuramente New York (15 marzo) dove, oltre ad un incontro con gli studenti della New York University, sono previste visite alla sede del
New York Times e alla Columbia. Negli Stati Uniti, dove è già prevista un’altra tappa a Washington (e forse una a Miami per incontrare sua sorella), Yoani Sanchez vorrebbe anche visitare le sedi dei social network che l’hanno resa famosa, Twitter e Facebook, conoscere i responsabili di Google e probabilmente visitare la sede di Time, il settimanale che l’ha nominata tra le 100 personalità più influenti al mondo. La parte europea di questo giro del mondo in 80 giorni inizierà a fine marzo ad Amsterdam in Olanda. Poi la Germania, la Spagna, l’Italia (20 aprile), Repubblica ceca e Polonia. Prima di lasciare l’Avana la Sanchez ha dichiarato di provare una «sensazione agrodolce» e una «certa tristezza » rispetto alla sua partenza: «Che qualcuno abbia un passaporto e possa viaggiare dove vuole — ha detto — non dovrebbe essere una notizia. Secondo me questo conferma l’irregolarità della situazione cubana ». E ha concluso: «Approfitterò del viaggio per raccontare tutti i diritti che sull’isola ci vengono negati».

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