Tunisia: chi sono e dove sono andati i salafiti assassini di Chokri Belaid commento di Pio Pompa
Testata: Il Foglio Data: 14 febbraio 2013 Pagina: 4 Autore: Pio Pompa Titolo: «Chi sono i salafiti dietro l’omicidio del leader dell’opposizione tunisina»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 14/02/2013, a pag. 4, l'articolo di Pio Pompa dal titolo "Chi sono i salafiti dietro l’omicidio del leader dell’opposizione tunisina".
Una manifestazione pro Chokri Belaid in Tunisia
Secondo fonti di intelligence interpellate dal Foglio, l’uccisione dell’oppositore tunisino Chokri Belaid sarebbe opera di militanti salafiti appartenenti alle forze di sicurezza, legati a filo doppio con gli estremisti della “Lega per la difesa della Rivoluzione”. “E’ esibendo i loro distintivi – affermano i nostri interlocutori – che gli attentatori hanno potuto distrarre l’autista di Chokri mentre il killer apriva il fuoco contro di lui, uccidendolo a sangue freddo”. L’autore materiale dell’esecuzione avrebbe già lasciato il paese e attualmente si troverebbe in Siria, dove si sarebbe ricongiunto al gruppo armato salafita guidato dal tunisino Ismail al Marzouki (chiamato anche Abu Bilal), ritenuto dal regime di Damasco tra i più pericolosi capi ribelli jihadisti. L’assassinio sarebbe stato deciso all’inizio di settembre dello scorso anno, quando la campagna condotta da Chokri contro i ministri degli Interni e della Giustizia raggiunse il culmine con l’accusa di complicità nei linciaggi e violenze perpetrati dalla Lega per la difesa della rivoluzione. Molteplici erano stati i segnali sulla deriva violenta del movimento salafita che, forte anche dei suoi legami con i sauditi, avrebbe tentato in tutti i modi di imporre le proprie prerogative. Un primo segnale lo si ebbe con il varo, nell’aprile del 2012, della prima rivista online dei salafiti tunisini, al Diyar al Tunisia, che da subito rivolse i propri strali contro l’opposizione laica e i musulmani “apostati”. “Nel frattempo – continuano le nostre fonti – i salafiti perfezionano le operazioni di proselitismo e infiltrazione tra le forze di sicurezza e militari tunisine, così come già ampiamente sperimentato in Libia ed Egitto. Operazioni che hanno diviso i Fratelli musulmani, aprendo all’interno di Ennahda e del paese una crisi di incalcolabile portata”. Uno scenario che venne astutamente anticipato dagli stessi salafiti, che il 12 ottobre scorso lanciarono l’allarme terrorismo in tutto il paese, accusando apertamente le autorità di voler “ridurre la Tunisia come l’Algeria degli anni Novanta”. In quella occasione, lo sceicco Khamis al Majri affermò di essere in possesso “di informazioni dettagliate secondo cui le autorità governative stanno pianificando attentati per scatenare reazioni incontrollate di violenza, per far esplodere il paese e addossarne la responsabilità a noi salafiti”. A rincarare la dose intervenne un altro capo salafita, lo sceicco Imad ibn Saleh (noto come Abu Abdullah al Tunisi), il quale affermò di temere “azioni criminali e terroriste che verrebbero poi usate per scatenare nel paese una caccia all’uomo contro i salafiti”. L’annuncio dei capi salafiti suonava già da allora come una mossa strategica. La stessa che, culminata nell’assassinio di Chokri Belaid, ora percorre come un brivido quel che resta della primavera dei gelsomini.
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