Il tema centrale del dopo elezioni: la religione
Commento di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Manfred Gerstenfeld
La fragmentazione del dibattito elettorale in Israele – nel quale era mancato un tema centrale – rende poco chiaro ciò che sta avvenendo ora. Chi cerca di capirne gli sviluppi, si trova davanti a situazioni ovvie, altre meno.
Un aspetto determinante era stata la scelta di Likud e IsraelBeitenu di presentarsi in una lista unica. Questo lasciava presagire che avrebbe ottenuto la maggioranza dei suffragi. E’ facile capire quale era la motivazione che aveva spinto Avigdor Lieberman a formare un unico gruppo. L’aver ottenuto il secondo posto in lista gli dava la certezza di poter essere il leader di un prossimo grande partito. Il gioco valeva la candela, anche se si fossero persi alcuni seggi.
Quale invece fu la motivazione di Binyamin Netanyahu rimane invece poco chiaro. Ha dato retta al guru repubblicano Arthur Finkelstein, che la lista unitaria avrebbe ottenuto più seggi dei 42 della precedente 18a legislatura, anche se questa previsione andava contro tutte le esperienze passate ? Forse temeva che si sarebbe formato un forte raggruppamento di centro-sinistra, che avrebbe messo in pericolo il Likud quale partito di maggioranza relativa e la sua posizione di leader ?
Non sapremo mai quale è stato il suo pensiero in proposito.
D’ altro canto, c’è un tema, la religione, largamente ignorato dagli analisti in questa campagna, anche se molti aspetti rimangono oscuri. Eppure è adesso un tema centrale nei colloqui per formare la coalizione di governo. Molti partiti non religiosi avevano candidato dei religiosi in posizioni privilegiate nelle loro liste. Questo valeva non solo per Likud/IsraelBeitenu, ma anche per Yesh Atid di Yair Lapid e Tnuà di Tzipi Livni. Sono stati eletti almeno 38 di loro, un numero più alto di tutte le elezioni precedenti.
I temi ideologici erano rimasti estranei in queste elezioni. Uno dei più sentiti è stato quello dell’uguaglianza nel servizio militare per i giovani ultra-ortodossi. Lo si è visto in diversi partiti, ma soprattutto in Yesh Atid, che ha fatto campagna per il servizio militare o civile per gli ultra-ortodossi un argomento importante, al centro degli incontri fra Netanyahu e Lapid immediatamente dopo i risultati elettorali. Anche Tzipi Livni lo mise come condizione per entrare nel governo.
Si è visto dunque il riemergere della questione religiosa quale risultato di queste elezioni, un aspetto che prima veniva considerato marginale. “La casa ebraica” ha ottenuto 12 seggi, come avevano i partiti religiosi prima, ma il partito ha attirato anche voti dal settore laico e da quello giovanile. Il suo leader, Naftali Bennet, ha giocato un ruolo centrale nella campagna elettorale, diventando una figura centrale nel panorama politico nazionale. Dovuto anche al fatto che in testa di lista c’erano laici e una donna. Anche per Bennet l’uguaglianza nel servizio militare ha rappresentato un tema importante.
Dai risultati, il partito ultra-religioso Shas ha capito che “Casa ebraica” può diventare un concorrente importante, persino potrebbe prenderne il posto quale partito religioso più votato. Per questo Shas l’ha attaccato in varie occasioni, sottolineandone gli aspetti non in linea con l’ortodossia religiosa. L’ex rabbino capo Ovadia Yosef si è chiesto “ ma è gente religiosa ?” “ Non è che sono venuti per sradicare la Torah”, ha commentato, “ chiunque li vota nega la Torah, che casa ebraica è mai ? è una casa ebraica per i gentili “ Aggiungendo che è proibito votarli.
Uno dei temi sollevati da Bennet, che hanno adirato i leader di Shas era la critica alla corruzione dell’establishment religioso, un elemento di grande rilievo. Altro tema, la volontà di arrivare ad una soluzione del problema delle conversioni. Non c’è accordo, infatti, tra i due partiti per il controllo delle attività del Rabbinato Centrale.
Il rabbino Haim Amsalem, uscito da Shas, non è riuscito ad entrare alla Knesset con il suo nuovo partito “Tutta Israele”. Ma anche lui ha introdotto la religione nei temi in discussione. Ha dichiarato che Shas non serve gli interessi dei propri elettori, che nei loro paesi di provenienza erano sempre stati dei moderati. Amsalem crede che soltanto gli studenti più preparati debbano dedicare la loro vita agli studi, tutti gli altri devono fare il servizio militare.
Ha poi aggiunto che gli israeliani hanno molto da imparare dalle estinte comunità ebraiche in Nord Africa. Là, i rabbini, ha detto Amsalem, erano abbastanza intelligenti da accettare tutti gli ebrei nelle loro comunità ortodosse, senza badare a quale livello era la loro pratica. Dopo essere stato attaccato pesantemente da Shas, il suo appello alla tradizionale moderazione non è stato accolto da un numero sufficiente di lettori, e la sua lista non ha superato la soglia dello sbarramento.
Manfred Gerstenfeld fa parte del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs, dove è stato presidente per 12 anni. Collabora con Informazione Corretta.