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La Stampa Rassegna Stampa
11.02.2013 L'alleanza tra Usa e Israele non è in discussione
Francesca Paci intervista David Harris

Testata: La Stampa
Data: 11 febbraio 2013
Pagina: 14
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Israele mai così difesa dagli Usa come con Obama presidente»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi,11/02/2013,a pag. 14, l'intervistadi Francesca Paci a David Harris dal titolo " Israele mai così difesa dagli Usa come con Obama presidente ".


Francesca Paci                     David Harris

«Sbaglia chi crede che le relazioni tra Usa e Israele dipendano dall’azione di manovratori occulti, riflettono invece il sostegno popolare americano alla sola democrazia mediorientale». Le voci sulla proverbiale antipatia tra Obama e Netanyahu non scompongono David Harris, direttore esecutivo dell’American Jewish Commitee, una delle più potenti lobby ebraiche nonché, dicono i critici, una delle meno liberal: Israele è tutto fuorché solo.

Si dice che Obama vada in Israele per scongiurare l’attacco all’Iran. Cosa ne pensa?

«La visita ha due scopi: mostrare che gli Usa sostengono Israele e esplorare il quadro regionale, i mutamenti e le strategie a partire dall’Iran fino alla pace con i palestinesi. E’ tempo di gestire il conflitto o di risolverlo?».

Peserà la scarsa sintonia tra Obama e Netanyahu?

«Interrogato su Wagner lo scrittore Mark Twain disse: la musica è meglio di quanto suoni. Vale anche per il rapporto tra Usa e Israele: è radicato e solido. Sul piano della difesa il sostegno americano a Israele non è mai stato forte come con Obama. Certo, i due leader sono diversi e le personalità contano, ma la vera storia è la politica».

Sofia sostiene che l’attentato in Bulgaria porti la firma di Hezbollah. Ne ha parlato con i leader europei?

«Hezbollah ha colpito l’Europa, cosa aspetta Bruxelles a inserirlo tra i terroristi? Ho risposto alle obiezioni con i fatti: si chiede sufficiente evidenza legale ma la coraggiosa Bulgaria nonostante le pressioni ha prodotto prove, si obietta l’effetto destabilizzante della messa al bando di Hezbollah che però col suo esercito privato è la causa prima dell’instabilità libanese, si temono rappresaglie sulle truppe Unifil ma è ora di reagire alle minacce».

Gli israeliani sono divisi sull’attacco all’Iran: si farà o no?

«Gli israeliani concordano sul non permettere che un regime apocalittico e messianico abbia la bomba. Come fermarlo? Per via diplomatica, aumentando le sanzioni: ma per essere efficace devi avere una credibile opzione militare. L’America farà la sua parte? Credo di sì. Un Iran atomico minaccerebbe Israele e il mondo, Paesi arabi compresi.».

L’Arabia Saudita ha protestato contro il raid sulla Siria.

«Dopo tanti anni in Medioriente so che ci sono sempre due tipi di conversazioni, pubbliche e private. Il Golfo è più preoccupato dall’Iran che da Israele».

Polemizzò sulla nomina di Hagel. Continua a non piacerle?

«Nel 2013 Hagel ha detto che le sue opinioni sono cambiate insieme alle circostanze, che il dialogo con l’Iran non ha funzionato e lui segue la linea Obama, no all’Iran atomico. Stop alle polemiche».

ComehapresolelodidiMussolini da parte di Berlusconi?

«L’Italia è in campagna elettorale e per quanto la amo non mi intrometto. Credo che sia stata una dichiarazione infelice, avrei preferito che un amico di Israele e Usa come Berlusconi non l’avesse rilasciata, ma so che abbiamo amici anche in tanti altri partiti. Piuttosto siamo rimasti tutti male per il sostegno dell’Italia all’iniziativa di Abu Mazen all’Onu: come volevasi dimostrare non ha aiutato la pace né la riconciliazione tra Hamas e Fatah, mai così divisi».

Hamas è più forte dopo l’ultima operazione israeliana a Gaza. Bisognerà dialogarci?

«Se fossi un palestinese che vuole la pace non mi interrogherei su Israele ma sulla mia leadership. Sharon, Barak, Olmert e perfino Bibi hanno dato e promesso molto: alla mia classe dirigente chiederei perchè nulla si è mosso. Se poi Hamas cambia il suo statuto antisemita si vedrà: ora è un’organizzazione terrorista con cui si tratta solo sul piano funzionale come per Shalit».

Perché il voto israeliano tradisce disinteresse per la pace?

«E’ una società contraddittoria. Da un lato la maggioranza sostiene l’idea «due Stati per due popoli» ma dall’altro ha perso fiducia nel partner perché pur provando non ottiene nulla. Le cosiddette primavere arabe hanno aggravato la situazione».

E le colonie non la aggravano?

«Sempre più leader israeliani dicono che le colonie vicino alla linea verde resteranno in Israele in cambio di terre ai palestinesi e le altre no: Gaza prova che le colonie nascono e muoiono. Israele deve avere partner come Sadat o re Hussein: se la sua esistenza non è messa in discussione può negoziare i confini».

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