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Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.02.2013 Chi delegittima Israele e ne auspica la distruzione sta solo facendo delle 'critiche'
Sergio Romano sempre peggio

Testata: Corriere della Sera
Data: 07 febbraio 2013
Pagina: 43
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Pacifismo nelle piazze, il caso siriano e israeliano»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/02/2013, a pag. 43, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo " Pacifismo nelle piazze, il caso siriano e israeliano ".


Sergio Romano


I pacifinti nostrani all'opera

La parte finale della risposta di Romano è dedicata ai pacifinti occidentali e alle loro manifestazioni contro Israele.
Secondo Romano, le loro "
critiche non sono fondamentalmente diverse da quelle che molti israeliani hanno indirizzato in questi ultimi anni al governo di Benjamin Netanyahu". Anche gli israeliani che non hanno votato per Netanyahu alle ultime elezioni e che chiedono di riprendere i negoziati con i palestinesi e di bloccare le costruzioni nei territori contesi (non occupati, contesi) come, per fare un esempio, A. B. Yehoshua, girano per strada bruciando bandiere israeliane e mostrando poster contro Israele ?
Quelle dei pacifinti nostrani non sono semplici 'critiche' ad un governo, ma manifestazioni di odio e delegittimazione. Definire 'resistenza' movimenti terroristici come Hamas non ha nulla a che vedere con le 'critiche'.
Romano, per altro, non risponde alla domanda posta del lettore il quale chiedeva, giustamente, come mai non ci siano, in occidente, manifestazioni contro il regime siriano che ha mandato l'esercito contro la popolazione e, dall'iniziio della rivoluzione, ha massacrato decine di migliaia di persone, donne, bambini e anziani compresi. Il lettore faceva giustamente notare che i nostri pacifinti a senso unico sono pronti a mobilitarsi solo quando si tratta di attaccare Israele, ma hanno sempre la bocca ben sigillata con i regimi islamisti. Romano si è ben guardato dal rispondere.
Ecco lettera e risposta:

In Siria sono stati trovati i cadaveri di decine di cittadini assassinati e gettati in un corso d'acqua con le mani legate dietro la schiena. È stato calcolato che oltre 100.000 civili siano stati trucidati (per non parlare degli altri innumerevoli diseredati, uomini, donne e bambini, costretti a rifugiarsi, a rischio della vita, in Turchia, Libano ecc.) È stato calcolato che mediamente ogni giorno il regime di Assad uccide 200 civili. Mi chiedo: dove sono finiti i nostri cosiddetti pacifisti sempre pronti a manifestare violentemente contro Israele per episodi infinitamente meno gravi? Perché non manifestano nelle strade, non bruciano le bandiere della Siria ecc.? Sorge un leggero sospetto: non è che per caso i nostri «pacifisti» siano semplicemente degli anti-israeliani e, essendo Israele per definizione lo Stato Ebraico, dei genuini antisemiti?
Franco Cohen
novafodera@libero.it

Caro Cohen,
H o avuto spesso l'impressione che molti pacifisti fossero lupi travestiti da agnelli. Bertrand Russell, presidente della Campagna antinucleare, obbediva a convinzioni profonde, ma quando marciava nelle vie di Londra contro gli arsenali atomici si tirava dietro molte persone che condannavano le bombe americane molto più di quanto condannassero le bombe sovietiche. Più o meno lo stesso accadde tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta quando vi furono grandi dimostrazioni contro l'installazione di missili americani in alcuni Paesi dell'Alleanza Atlantica. Molti di quei dimostranti, evidentemente, consideravano i Cruise e i Pershing degli Stati Uniti molto più pericolosi degli SS20 sovietici.
Nel caso della Siria credo che i pacifisti siano comprensibilmente incerti e confusi. Si dice che le vittime, dall'inizio della insurrezione, ammontino ormai a 100.000 (60.000 secondo il negoziatore dell'Onu Lakhdar Brahimi), ma nessuno può dire con esattezza quanti siano in quella cifra i militari siriani, i combattenti della resistenza e i civili. La documentazione fotografica e cinematografica non ha un'accertata paternità, non fornisce indicazioni precise, è avvolta nella nebbia. I giornalisti stranieri presenti a Damasco e Aleppo sono pochi e si muovono con grande difficoltà. La resistenza sembra essere una galassia di gruppi e gruppuscoli di diversa estrazione con una forte componente alqaedista. Quando il leader riconosciuto dall'Occidente, lo sceicco Ahmad Moaz Al Khatib, ha proposto l'avvio di un dialogo con i rappresentanti del governo di Damasco, le sue parole sono state immediatamente sconfessate dalla componente radicale del movimento. Aggiungo che gli avvenimenti egiziani delle scorse settimane hanno impartito a tutti una lezione di prudenza. Non è facile, in queste circostanze, inscenare manifestazioni «pacifiste».
Il caso di Israele è alquanto diverso. Vi è certamente un settore importante dell'opinione pubblica europea che sostiene i palestinesi contro il governo israeliano, soprattutto quando il problema in discussione è quello degli insediamenti coloniali nei territori occupati. Ma queste critiche non sono fondamentalmente diverse da quelle che molti israeliani hanno indirizzato in questi ultimi anni al governo di Benjamin Netanyahu.

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