Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 05/02/2013, a pag. 16, l'articolo di Paolo Colonnello dal titolo "Sequestro Abu Omar: dodici anni per Pollari".
Niccolò Pollari Abu Omar
Come abbiamo già scritto sabato scorso (02/02/2013 - http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=47943), è incredibile che, in Italia, si chieda la condanna di chi difende dal terrorismo islamico, mentre il terrorista Abu Omar diventa eroe del giorno. Solo in Italia la giustizia funziona in questo modo.
Ecco il pezzo:
«Mai la struttura del Sismi avrebbe potuto partecipare a un’operazione congiunta con la Cia, non rientrando i sequestri di persona tra i fini istituzionali. Pertanto, l’eventuale partecipazione di agenti italiani al rapimento di Abu Omar avvenne a titolo individuale». Per questo, alle due del pomeriggio, il Procuratore Generale Piero De Petris chiede per gli ex vertici del servizio segreto militare, il generale Niccolò Pollari, l’ex capo dell’antiterrorismo Marco Mancini e tre
«capicentro», condanne pesanti: 12 anni per Pollari, 10 per Mancini, 8 ciascuno per gli altri 3 dirigenti. Una mazzata, in linea con quanto aveva chiesto il pm Armando Spataro in primo grado per lo stesso processo - poi finito in Cassazione e rimandato in Appello dopo che la suprema corte aveva ritenuto illegittima «la copertura dell’immunità del segreto di Stato».
La storia è nota: il 17 febbraio 2003 nelle strade di Milano andò in scena un pezzo della «guerra sporca» al terrorismo, con 23 agenti della Cia mobilitati per sequestrare l’ex Imam della Moschea di via Quaranta, Abu Omar. Trasportato poi nelle carceri egiziane, tra torture e minacce. L’ex Imam, padre di tre figli e già sotto indagine per un’inchiesta milanese sull’antiterrorismo (archiviato) ha riportato lesioni permanenti e ora, attraverso il suo avvocato di parte civile, chiede un risarcimento di 10 milioni.
Per l’accusa le responsabilità di Pollari e Mancini sono dimostrate sia dalle testimonianze dell’ex capocentro di Milano, D’Ambrosio, sia dai racconti dell’ex capo della Cia, Bob Seldon Lady, attualmente ricercato con un mandato di cattura internazionale e al tempo stesso l’unico davvero contrario alla «extraordinary rendition».
«Gli stessi imputati, che hanno agito in un quadro opaco e al di fuori delle istituzioni, si sono resi responsabili di crimini in violazione del diritto umanitario per i quali non sono ritenuti sufficienti nemmeno le coperture funzionali per la particolare gravità del reato. La partecipazione fu posta in essere a livello apicale da quegli uomini che dovrebbero essere presidio delle libertà democratiche e dei valori fondamentali della nostra Costituzione».
In mattinata Pollari e Mancini, avevano sostenuto la loro innocenza presentando una lettera del «Dis», il coordinamento dei servizi segreti, secondo la quale gli agenti «agirono anche a fini istituzionali» nell’ambito del sequestro Abu Omar. «Ho sempre avversato e respinto con forza ipotesi di sequestri in funzione antiterrorismo - aveva spiegato Pollari - In ogni caso, nel rispetto del segreto di Stato, ove taluno mi avesse anche ordinato di eseguire un’attività illecita, avrei disobbedito a tale ordine. Ma per mantenere il segreto di Stato, cui sono obbligato per legge, sopporto da oltre 7 anni un processo nel quale sono innocente». La sentenza è attesa settimana prossima.
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