Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/02/2013, a pag. 13, l'articolo di Cecilia Zecchinelli dal titolo "Il ministro, l'hotel, l'amica. La blogger che mette in crisi la Tunisia".


Rafik Abdessalam, ministro degli Esteri, Olfa Riahi, blogger
È' iniziato tutto con la scoop di una giovane blogger tunisina, pubblicato online il 26 dicembre per i suoi pochi (allora) lettori. Parole e copie di ricevute d'albergo che in un mese hanno trasformato la 29enne Olfa Riahi in una celebrità e che ora stanno contribuendo alla possibile caduta del governo della Tunisia. Nel Paese pioniere della primavera araba, dove alla fine del 2010 esplosero le prime e prolungate proteste e il14 gennaio successivo il dittatore Ben Ali fu costretto alla fuga, la situazione non è drammatica e violenta come in Egitto. Ma il Paese è in piena crisi economica, la tensione è alta e la coalizione di governo guidata dal partito islamico moderato Al Nahda è in seria e crescente difficoltà.
E' proprio uno degli uomini chiave di Al Nahda il protagonista dello scoop di Olfa: Rafik Abdessalam, ministro degli Esteri nonché genero del leader storico del partito, Rashid Ghannouchi, perché marito della controversa figlia Soumaya. Ricevute alla mano (e sul blog), Olfa Riahi ha dimostrato che il ministro aveva passato sette notti non consecutive al hotel Sheraton della capitale, in Avenue della Lega Araba. E qui era stato accompagnato da una donna. Tutto normale se non fosse che le spese dell'albergo erano state pagate dallo Stato. E che la signora non era Soumaya.
Doppio scandalo per il partito perseguitato negli anni della dittatura che si è proposto, vincendo alle elezioni, come nemico giurato di corruzione, nepotismo e immoralità. Le ricevute mostrate dalla blogger non sono state smentite dall'interessato, né da Al Nahda che lo ha però difeso. La donna era «una parente» del ministro, è stata la spiegazione, il soggiorno allo Sheraton necessario per il lavoro del capo della diplomazia. E Abdelassam ha quindi trascinato Olfa Riahi in tribunale, mentre in tutta la Tunisia scoppiava lo «Sheratongate».
Sotto inchiesta e ancora in attesa del verdetto, libera seppur con il divieto di lasciare il Paese, la giovane tunisina è stata intervistata da tutti, è comparsa in tv in innumerevoli talk show con l'aria sicura e i capelli cortissimi. E proprio in diretta sul canale Ettounsiya, in prime time, non solo ha confermato l'autenticità delle sue prove (anche se ha precisato: «io non l'ho accusato di malversazione e adulterio, altri lo hanno fatto»). Ma ne ha aggiunta un'altra: Abdessalam aveva ricevuto un milione di dollari dal governo cinese e l'aveva versato sul conto del suo ministero, anziché passare come impone la legge dalla Tesoreria generale.
Nuova denuncia di Al Nahda contro la blogger, che a sua volta ne sporgeva una per diffamazione, mentre un collettivo di 25 avvocati faceva causa al ministro e il partito di Ghannouchi, finalmente, apriva un'indagine interna sul suo operato. Insomma, un complicato fogliettone politico-giuridico-mediatico che al di là delle sorti dei protagonisti sta polarizzando l'intero Paese, dividendolo profondamente tra islamici e liberali. Gran parte dei media sono con la blogger: finalmente liberi di esprimersi dopo decenni di censura, ora hanno un rapporto difficile con il partito di Ghannouchi che a sua volta li considera «anti-islamici». E che ritiene Olfa «pilotata» da qualcuno, perché troppo inesperta nel giornalismo investigativo e perché apertamente vicina al partito laico del Congresso della repubblica, membro del governo ma sul punto di andarsene.
Il Congresso e l'altro partner laico e di centrosinistra della coalizione, Ettakatol, vogliono infatti la testa di Abdessalam (e del ministro della Giustizia) e se non l'avranno sono pronti a lasciare. Già prima dello «Sheratongate» avevano chiesto invano le dimissioni di Abdessalam, sostenuti dall'opinione pubblica che urla al nepotismo e lo paragona all'odiato genero di Ben Ali. Ma Olfa Riahi, pilotata o meno che sia, ha fatto precipitare le cose.
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