Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 05/02/2013, a pag. 12, l'articolo di Francesca Paci dal titolo "In Pakistan c’è un’altra Malala. Stuprata, torturata e minacciata".
Fouzia Bibi
Entrambe hanno 15 anni anagrafici ma secoli di rabbia muta alle spalle, entrambe sono vittime d’una cultura maschilista ciecamente legittimata dal Corano, entrambe provengono da quell’oscuro Pakistan che pur vantando in Benazir Bhutto la prima e unica premier del mondo musulmano resiste nella top 3 dei Paesi più pericolosi per le donne, dove i delitti d’onore ne uccidono oltre mille l’anno e almeno il 90% conosce da vicino la violenza domestica.
Malala Yousafzai è la ragazzina di Mingora aggredita dai taleban il 9 ottobre scorso per la sua campagna a favore dell’istruzione femminile, l’altra, appena balzata agli onori della cronaca, si chiama Fouzia Bibi, è cristiana e il 25 gennaio è stata violentata e torturata da due potenti signorotti musulmani nelle campagne del Punjab in cui sgobba quotidianamente in barba alla giovanissima età.
Malala e Fouzia. Una ha parlato ieri per la prima volta dopo il delicato intervento di ricostruzione del cranio effettuatole al Queen Elizabeth Hospital di Birmingham ringraziando chi l’ha sostenuta e giurando di continuare a battersi affinché «ogni bambina e ogni bambino possano studiare». La seconda parla da giorni, da quando sostenuta dai poverissimi genitori ha deciso di denunciare Sher Maometto e Shabir Ali, gli aguzzini armati che dieci giorni fa l’hanno chiusa in una stanza e hanno abusato di lei certi della tripla impunità di maschi, ricchi e musulmani. Il commissariato di Sarai Mughal infatti, non ha neppure registrato il racconto di Fouzia e del padre Malooka Masih che l’ha trovata priva di conoscenza in strada, ma l’impegno giuridico e mediatico dell’Associazione evangelica di sviluppo legale (Lead) è riuscito a rompere il muro dell’omertà e diffondere la storia.
Malala e Fouzia sono piccole donne che crescono, una, nessuna e centomila, identità negate nell’indistinta categoria del sesso inferiore. Appartengono a religioni diverse ma né l’uno né l’altro Dio hanno saputo proteggerle dagli uomini invasati di presunta fede, gli stessi che nei mesi scorsi hanno violato madri, mogli e figlie di Timbuctù, gli stessi che ormai troppo frequentemente si avventano sulle connazionali in sit in a piazza Tahrir fino ad aver reso il Cairo la tristemente nota capitale araba delle molestie sessuali.
«I genitori di Fouzia sono spaventatissimi, vengono minacciati, nessuno di noi si sente più sicuro perché essendo poveri e cristiani non abbiamo protezione» ripete lo zio Ashiq Masih. La minoranza cristiana non se la passa bene in Pakistan, dove la legge sulla blasfemia confina la tolleranza religiosa a un dibattito tra intellettuali, terrorizzando la società con la pena di morte per mancanza di rispetto all’islam. Poi ci sono le donne, Malala come Fouzia.
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