Mali: la vittoria francese potrebbe non essere così scontata commento di Carlo Panella
Testata: Il Foglio Data: 01 febbraio 2013 Pagina: 3 Autore: Carlo Panella Titolo: «I jihadisti senza cerotti hanno impantanato Hollande in Mali»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 01/02/2013, a pag. 3, l'articolo di Carlo Panella dal titolo "I jihadisti senza cerotti hanno impantanato Hollande in Mali".
Carlo Panella
Roma. “Non si è mai visto, a mia memoria, un esercito che parte per la guerra e non trova il nemico e deve attendere di essere contrattaccato”. La sintesi è di un ex ministro della Difesa di un paese europeo ed è tanto impietosa nei confronti della strategia di François Hollande in Mali quanto indiscutibile. L’esercito francese è penetrato sino a Gao, Timbuctù e Kidal “senza sparare un colpo”, come ha detto il colonnello Thierry Burkhard comandante della missione; non uno dei seimila jihadisti che le occupavano da un anno si è dovuto mettere nemmeno un cerotto e ora è pronto ad attaccare come, quando e dove deciderà; qualche centinaia di pick-up con mitragliatrici pesanti e centinaia di tonnellate di materiale bellico e carburante sono scomparse nei monti Adrar; i blindati francesi separano a Kidal l’esercito del Mali dai tuareg del “laico” Mnla (Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad), ambedue “alleati” della Francia, che possono spararsi – come hanno fatto per un decennio – da un momento all’altro. Quanto al risultato della strategia francese nelle città “liberate” è esaustivo un sottotitolo del filosocialista Monde: “Per i saccheggi è già troppo tardi; per i linciaggi, c’è ancora tempo per intervenire”. “Non c’è da stupirsi – continua l’ex ministro – Se si sostituisce a una strategia sbagliata una ‘non strategia’, si arriva all’assurdo, che in guerra tende al tragico”. La strategia sbagliata di Hollande si basava su alcuni presupposti poi caduti: nessun intervento militare francese (decine le dichiarazioni da Parigi sul punto); nessun tentativo di costruire una coalizione europea nel nome della grandeur francese; mandato dell’Onu soltanto a una forza militare africana; tempi lunghi per un intervento militare, non prima del settembre 2013, e tolleranza nei confronti del quadro caotico del governo del Mali. L’offensiva jihadista su Konna del 10 gennaio, che minaccia la presa di Bamako in tre giorni, sbriciola gli assunti strategici di Hollande, costretto a ordinare un rapido intervento (obbligato, indiscutibile), privo però di una nuova strategia. Se l’obiettivo ora è “sconfiggere il terrorismo”, come dice Hollande, i terroristi vanno presi di sorpresa dove si trovano, affiancando all’intervento di terra su Konna e a quello dall’aria su Gao, Kidal e Timbuctù improvvise operazioni di truppe aviotrasportate là dove i terroristi sono attestati. Légion e parà francesi sono in grado di operare queste sortite. O mancano i piani, dato che questo intervento era stato escluso, o i piani ci sono, ma manca la volontà politica. Risultato: i francesi avanzano lentamente verso nord, lasciando ai jihadisti settimane per ripiegare indisturbati nei loro santuari. Non sconfitti e neanche scalfiti, i jihadisti attendono ora che si scatenino le tensioni tra il governo di Bamako e i tuareg laici del Mnla, alleati con Parigi. Fu il Mnla (non i jihadisti) a sconfiggere un anno fa l’esercito del Mali che consegnò loro l’Azawad (per arroccarsi a Bamako col suo leader, il capitano Amadou Sanogo, e fare un golpe). Forte dei disertori dei migliori reparti maliani addestrati dagli Stati Uniti, il Mnla ha ottenuto la città tuareg di Kidal dai jihadisti. Ma per ragioni etniche e politiche, né il capitano Sanogo né le forze politiche maliane vogliono concedere ai tuareg del Mnla l’autonomia che rivendicano. Oltre ad avere preservato la forza militare, i jihadisti possono quindi attendere che si scatenino le tensioni tra tuareg laici ed esercito e governo di Bamako, obbligando Hollande a una permanenza a oltranza in Mali. E intanto organizzarsi per una nuova offensiva, dove, come e quando vogliono, contro i “crociati” francesi, il cui intervento è fonte di scandalo per la umma intera, come dimostra l’opposizione di Egitto e Qatar.
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