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Il Foglio Rassegna Stampa
01.02.2013 Algeria: ambiguità nei confronti di al Qaeda in Mali
commento di Pio Pompa

Testata: Il Foglio
Data: 01 febbraio 2013
Pagina: 3
Autore: Pio Pompa
Titolo: «L’Algeria ora fa la dura con i terroristi, ma negli ultimi 10 anni...»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 01/02/2013, a pag. 3, l'articolo di Pio Pompa dal titolo "L’Algeria ora fa la dura con i terroristi, ma negli ultimi 10 anni...".


Algeria e Mali

E’nelle pieghe del deserto del Sahel che ora dovranno essere cercati i jihadisti fuggiti dal nord del Mali dopo l’intervento militare francese”. Esordisce così una fonte saharawi, sentita dal Foglio, nel commentare quanto sta avvenendo nella regione dell’Azawad puntando il dito contro l’Algeria che con le sue scelte politiche avrebbe spinto le popolazioni tuareg nelle braccia degli islamisti. “Sorridevo amaramente nell’ascoltare, durante l’attacco all’impianto gasiero di In Amenas, che Algeri non avrebbe mai trattato con i terroristi conoscendo i compromessi raggiunti, nel corso del tempo, dai servizi algerini proprio con i gruppi armati attivi nel nord del Mali e lungo la frontiera meridionale del paese. Compromessi che avevano come principale obiettivo quello di mantenere tali gruppi lontani dal territorio e dagli interessi algerini, replicando la scelta strategica di reprimere le formazioni islamiste presenti all’interno del paese e di tollerarne l’operato al di fuori dei confini nazionali”.
Da qui l’impetuosa crescita di al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi), composta prevalentemente da jihadisti salafiti algerini fuoriusciti dal paese, che nel 2003 scelse di stabilirsi nel nord del Mali approfittando della debolezza del governo di Bamako e dell’alto livello di corruzione dei vertici militari dediti a ogni tipo di traffici a partire da quelli di armi e droga. Così l’esercito itinerante del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento (Gspc), da cui trae origine Aqmi, riesce ad avere una base stabile, da cui lanciare una vasta offensiva di proselitismo rivolta all’intero nord Africa, potendo soggiornare per dieci anni nell’Azawad perfezionando, nel frattempo, la collaborazione con i jihadisti del Mujao e di Ansar Eddine.
“Il tutto – continua il nostro interlocutore – sotto gli occhi indifferenti dell'Algeria divenuta, dopo la scomparsa di Gheddafi, l’unica potenza in grado di interagire efficacemente con i paesi del Sahel e di prospettare una qualche forma di soluzione al problema centrale della crisi maliana, la questione delle rivendicazioni indipendentiste dei tuareg. Invece il governo algerino, sotto l’influenza dei vertici militari e di sicurezza, ha rinunciato, in attesa di chi sostituirà l’anziano presidente Abdelaziz Bouteflika, a tale ruolo abbandonando i tuareg al loro destino”. Come aveva già fatto dopo il fallimento degli accordi, di cui Algeri era il principale negoziatore, tra le tribù tuareg e le autorità maliane a Tamanrasset, nel 1991, e ad Algeri, nel 2006. Sennonché uno dei principali firmatari di ambedue gli accordi è stato Iyad Ag Ghali, tuareg della regione di Kidal, riapparso all’inizio del 2012 nella veste di leader del gruppo terrorista Ansar Eddine e di sostenitore dell’applicazione della sharia in tutto il Mali. Cosa che conferma le dinamiche, complici l’indifferenza algerina e il mancato rispetto degli impegni assunti sull’Azawad dal governo di Bamako, che hanno condotto i tuareg ad abbracciare la causa islamista.
“Sento parlare in questi giorni – aggiunge la nostra fonte – di una scissione interna ad Ansar Eddine da parte di una fazione che vorrebbe aprire a una pace negoziata in Mali. E’ la replica della strategia talebana, conclusasi con l’apertura di una propria rappresentanza a Doha: avviare negoziati senza mai smettere di uccidere i ‘crociati’ e afghani. Tra i terroristi di In Amenas c’erano anche miliziani di Ansar Eddine. Il capo dei servizi segreti algerini, Mohamed Mediène, e il direttore del Dsi, Bachir Tartag, sanno bene che i jihadisti algerini non dimenticano e che una volta cacciati dalla porta potrebbero rientrare dalla finestra con i tuareg al seguito. Ecco perché appare indecifrabile la posizione dell’Algeria rispetto alla crisi nel Mali”.

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