Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 30/01/2013, a pag. 1-29, il commento di Domenico Quirico dal titolo " Una Guernica siriana ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 12, l'articolo di Davide Frattini dal titolo " Siria, nuovi orrori. Decine di corpi lungo il fiume ".
Finora non abbiamo potuto rintracciare nessun esperto che cerchi di capire l'intrinseca connessione tra dispotismo arabo-musulmano e conseguente impossibilità di una sua trasformazione in un regime per lo meno decente.
Chi più, chi meno, non esiste uno Stato islamico che possa esibire una benché minima patente di accettazione da parte delle democrazie occidentali i cui governi, però, tutti, indistintamente, chiedono con arroganza a Israele di fare la pace con i palestinesi, come se il loro governo fosse dissimile dalle varie realtà dittatoriali che contraddistinguono l'islam.
Ecco i pezzi:
La STAMPA - Domenico Quirico : " Una Guernica siriana "
Domenico Quirico
Bisogna espiare per i morti, bisogna riparare per i morti affinché ci riscattino a loro volta. Bisogna farlo soprattutto per i morti di Aleppo, città martire, carnaio o cloaca sovraccarica di storia dove soffrono lottano e muoiono creature viventi.
Guernica siriana che la nostra viltà d’Occidente non ha saputo far diventare simbolo, indignazione, voglia di fare giustizia. Non solo gli almeno 65 gettati come stracci in questa fogna, dunque; ma per gli altri sessantamila che non abbiamo visto, che non sono diventati immagine, che sono numero e per cui non abbiamo patito l’orrore l’angoscia un povero sbigottimento. Che sono morti del nostro silenzio. Che abbiamo, noi Occidente, politici giornalisti intellettuali, animuccie sfinite, contribuito ad assassinare. Perché non abbiamo inviato aerei, missili, bombe, soldati contro il Tiranno assassino? Anche la domanda ci fa paura.
La riconciliazione dei vivi non è possibile se non dopo la riconciliazione dei morti. Allora guardiamoli ancora una volta in faccia, tocchiamo i loro piedi e le loro mani martoriate dai legacci, cerchiamo di farci stordire del loro odore di carne ormai putrefatta, fino al vomito, prima di lasciarli ad un’altra Storia: che non è più la nostra, non potrà più essere la nostra. Questi che noi sospettiamo integralisti fanatici pericolosi seguaci del detestato Verbo islamista: la nostra paura la nostra angoscia. E invece lì nel rigagnolo, sotto i palazzi sventrati dalle bombe, sui marciapiedi insanguinati dai razzi, uomini ragazzi donne bimbi, semplicemente morti. Il loro sangue non si coagulerà presto.
Abbiamo visto svolgersi, come il Libro dell’odio, la rivoluzione siriana, coprirsi di martiri e di umili eroi, abbiamo ascoltato le parole arroganti del despota Assad senza trasalire: preferivamo distinguere, interpretare, sottilizzare sui nostri interessi geopolitici. E abbiamo lasciato che la rivoluzione morisse, e per risorgere diventasse un’altra cosa: jihad guerra islamica groviglio tribale. Ovvero quello che temevamo.
Non abbiamo gran che da opporre ad Assad e ai suoi alleati Cina Iran Russia. Eppure la minaccia sospesa sul nostro capo non è la disfatta: l’Occidente ne ha già subite tante, il Ruanda, il Darfur, la Somalia E’ l’annientamento, nella vergogna, di quello che siamo, per cui meritiamo di essere.
CORRIERE della SERA - Davide Frattini: " Siria, nuovi orrori. Decine di corpi lungo il fiume "
Davide Frattini
GERUSALEMME — Il rigagnolo di fango e sangue esce dalle orecchie, il marchio di come sono stati uccisi e di dove sono stati gettati. Le piogge dell'inverno stanno finendo, il canale si è svuotato, dalla poca acqua sono emersi i corpi. Per ora ne sono stati recuperati un'ottantina, giovani tra i venti e i trent'anni, le mani legate, freddati con un colpo alla testa.
Un viadotto di periferia, di quelli che incanalano gli scoli fuori da Aleppo, la città che da metà luglio è contesa tra ribelli e fedeli a Bashar Assad. Il massacro è stato denunciato dall'Osservatorio siriano per i diritti umani, gruppo che sta a Londra e legato all'opposizione. Gli attivisti accusano il regime, sostengono che gli uomini siano stati ammazzati perché sunniti: «Questa è un'altra strage commessa in Siria, mentre il mondo continua a guardare in silenzio». Negli scontri le truppe regolari sono affiancate dai miliziani alauiti, la minoranza che ha controllato il Paese attraverso il clan degli Assad fino alla rivolta cominciata ventidue mesi fa.
Non sono stati trovati documenti per identificare gli uccisi e le fonti ufficiali di Damasco ribaltano la versione per incolpare le «bande di terroristi»: «L'opposizione ha deciso di far ritrovare questi morti adesso per coprire i propri crimini — commenta una funzionario all'agenzia France Presse —. Prima sono stati rapiti perché accusati di sostenere il presidente Assad, le famiglie hanno cercato di negoziare la loro liberazione. Senza riuscirci».
I video diffusi su YouTube mostrano i corpi allineati sul cemento ancora coperto di muschio verde e umidità. Alcuni sarebbero stati gettati in acqua con le mani legate e sarebbero morti annegati. I parenti arrivano sui minibus per cercare di riconoscere un figlio o un fratello scomparso. I cadaveri vengono portati in una scuola vicina e ricoperti con dei teli blu, solo il volto resta fuori per l'identificazione. «I soldati del regime li hanno buttati nel fiume perché la corrente li trasportasse nelle nostre aree e la gente pensasse che siamo noi i colpevoli», dice un combattente.
La zona è quella di Bustan al-Qasr, a sud del centro. I ribelli, dopo l'offensiva del 19 luglio, controllano le aree a est e verso sud, mentre le truppe del regime sono trincerate a nord-ovest. I sobborghi a sud-ovest sono diventati la prima linea e pochi abitanti di Aleppo si avventurano tra posti di blocco e cecchini.
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