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Il Giornale Rassegna Stampa
29.01.2013 L'ipocrisia della sinistra italiana il Giorno della Memoria
meritano solidarietà solo gli ebrei morti nella Shoah. Quelli viventi in Israele no

Testata: Il Giornale
Data: 29 gennaio 2013
Pagina: 8
Autore: Fabrizio Rondolino
Titolo: «Sinistra filoebrea per un giorno. Gli altri 364 abbraccia Hamas»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 29/01/2013, a pag. 8, l'articolo di Fabrizio Rondolino dal titolo "Sinistra filoebrea per un giorno. Gli altri 364 abbraccia Hamas". Rondolino è stato a lungo nel PCI-PDS-DS-PD, sia con la segreteria di Ochetto che come portavoce di D'Alema, è quindi un profondo conoscitore delle cose interne dell'ex partito comunista. Acquista così maggiore autenticità il commento che pubblichiamo.


Pierluigi Bersani            Nichi Vendola        Massimo D'Alema con Hezbollah

La sinistra italiana, che si considera la parte migliore del Pa­ese e fra le cui mani sventola da sempre la bandie­ra del «politicamente corret­to », ha celebrato anche que­st’anno con compita parteci­pazione la Giornata della Me­moria. E quando Silvio Berlu­sconi s’è lasciato scappare un giudizio infelice su Mussolini, non le è sembrato vero di sbra­nare - come si usa dire oggi - il Cavaliere e il suo presunto fa­scismo di ritorno. Lasciamo da parte Berlusconi, e volgia­mo per un attimo lo sguardo al­la sinistra scandalizzata­ o me­glio sarebbe dire scandalosa, e fastidiosamente ipocrita, perché ogni 27 di gennaio è sì orgogliosa di commemorare la Shoah, ma negli altri 364 giorni dell’anno non esita ad applaudire Hamas. Lasciamo da parte le frange più estreme, i militanti del «Fo­rum per la Palestina» - quasi tutti di Rifondazione e del Pdci, e oggi con Ingroia - che bruciano in piazza le bandiere di Israele, inneggiano al terro­rismo e invocano una perver­sa riedizione della «soluzione finale». E lasciamo da parte gli studenti che lo scorso novem­bre hanno lanciato oggetti e scandito slogan minacciosi davanti alla sinagoga e alla scuola ebraica di Roma, senza che nessuno si sentisse in do­vere di pronunciare una paro­la di condanna. E lasciamo an­che da parte i lettori oramai ap­passiti del Manifesto , che ap­prezzano le parole di Valenti­no Parlato sulla «sanguinosa aggressione dello Stato di Isra­ele contro i disperati di Gaza» e coprono di insulti (è accadu­to tre anni fa) un collaborato­re storico come Zvi Schuldi­ner, reo di aver scritto che «il calcolo di Hamas è crimina­le » .
Ma se dagli«estremisti»spo­stiamo l’attenzione sulla «sini­stra di governo » - quella di Ber­sani e di Vendola- il paesaggio non muta un granché. Nel cor­so dell’ultimo conflitto di no­vembre, il governatore della
Puglia non ha speso una paro­la per condannare i razzi che piovevano su Tel Aviv, e si è in­vece scatenato contro la «vio­lenza israeliana contraria a ogni convenzione internazio­nale e, soprattutto, a ogni ele­mento di diritto», schierando­si senza se e senza ma con «una popolazione civile stre­mata dall’isolamento impo­sto da Israele». Che poi buona parte di questa «popolazione civile» inneggiasse allo stermi­nio degli israeliani è per Ven­dola un dettaglio trascurabi­le.
Non si è comportato molto meglio Bersani, che in quei giorni, incontrando la Comu­nità ebraica di Roma, ha spara­to ancora una volta su Israele ­«Le colonie e i check point so­no un’umiliazione quotidia­na » - e poi non è stato capace di andare oltre una pericolan­te equidistanza- « il Pd non è ti­foso né di Israele né dei palesti­nesi » - fingendo di ignorare che da una parte c’è uno Stato democratico in lotta per la pro­pria sopravvivenza fisica, e dall’altra un’organizzazione terroristica senza scrupoli.
Già, Hamas. È qui il cuore dell’ambiguità del Pd, qui c’è
il nocciolo duro, ineliminabi­le e imbarazzante, di una poli­tica estera che, se dovesse di­ventare la politica estera del nostro Paese, potrebbe creare un serio problema internazio­nale. Intervenendo al semina­rio dei progressisti europei al Cairo, lo scorso 20 gennaio, Massimo D’Alema ha spezza­to l’ambigua equidistanza di Bersani sostenendo che «non è più accettabile fare finta che la relazione fra i palestinesi fra­gili e divisi e i potenti israelia­ni sia su una base di parità». E ha poi ribadito una sua radica­ta convinzione: bisogna «favo­rire una riconciliazione politi­ca all’interno della fazioni pa­lestinesi.
Non avere avuto relazioni con Hamas da parte degli euro­pei è stato un errore perché questo ha reso più difficile il processo di unità politica pale­stinese ». Naturalmente, ha concluso D’Alema, «non è in
discussione il diritto di Israele a esistere».
Peccato che Hamas non sol­tan­to non riconosca questo di­ritto, ma anzi sia nata proprio per negarlo alla radice. L’arti­colo 11 dello statuto spiega in­fatti che «la terra di Palestina è un bene inalienabile, terra islamica affidata alle genera­zioni dell’Islam fino al giorno della resurrezione. Non è ac­cettabile rinunciare ad alcuna parte di essa». L’obiettivo di Hamas è di conseguenza quel­lo di «sollevare la bandiera di Allah sopra ogni pollice della Palestina» cancellando la pre­senza ebraica. Davvero un pro­gramma democratico e pro­gressista con cui dialogare.
Aveva avvertito Matteo Ren­zi, durante le primarie: «La si­nistra italiana deve abituarsi a ridire che Israele ha il diritto di esistere, perché troppo spesso c’è stato un atteggia­mento anti-israeliano incon­cepibile e insopportabile». Ma non è affatto andata così, e oggi la sinistra continua a flir­tare con chi lavora per la di­struzione di Israele. Come se gli ebrei meritassero ogni ono­re soltanto quando sono morti
da molti anni.

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