Che succede in Giordania ? La STAMPA pubblica oggi, 26/01/2013, a pag.15, un reportage di Francesca Paci dal titolo "Giordania, dove il re Abdallah cavalca la primavera araba". Ci chiediamo, aldilà delle valutazioni personali che la giornalista esprime, come mai ogni volta che cita l'opinione di qualche politico governativo israeliano debbe sempre anteporre al nome la qualifica di "falco". Ma è una ossessione ! che, oltre a tutto, non viene mai applicata a nessun politico di nessun altro paese ! che i falchi esistano solo in Israele ?
Andiamo, cara Francesca Paci, rinnovi il suo lessico, oppure lo applichi a tutti, tertium non datur.
Ecco l'articolo ( la parola 'falco' è all'interno del pezzo):
Re Abdallah di Giordania, in alto Francesca Paci
Quando l'imam della moschea Hussein termina la preghiera di mezzodì, i fedeli stipati sul piazzale si alzano, recuperano le scarpe, parlottano tenendo d'occhio i poliziotti che cordonano via al-Hashimi e ripiegano verso i vicoli di Downtown. Qualcuno intona «il popolo vuole la caduta del regime», slogan simbolo della primavera araba, ma non c'è seguito. Dopo aver proclamato il venerdì della rabbia post elettorale, i Fratelli Musulmani sono tornati sui loro passi e hanno cancellato la manifestazione. Re Abdallah II ha forse segnato un punto a suo favore? L'ultimo atto della guerra a bassa intensità in corso tra la monarchia hascemita e l'opposizione risale a mercoledì, quando i giordani sono andati alle urne per rinnovare la camera dei deputati sciolta tre mesi fa dal sovrano che, nel tentativo di sottrarsi alla sorte di Mubarak, ha già silurato invano 5 premier in due anni. La stragrande maggioranza dei 150 seggi è toccata, come previsto, ai fedelissimi della corona, ma il fatto che siano entrati in Parlamento anche 27 candidati islamisti e di sinistra contrari al boicottaggio promosso dai Fratelli Musulmani (che qui si chiamano Fronte Islamico d'Azione), dal Fronte Nazionale per le Riforme e da altri gruppi liberai ha regalato a re Abdallah il vantaggio della sorpresa. dl re si è mosso con furbizia: mentre gli osservatori confermano la correttezza del voto, l'opposizione si rende conto che avrebbe fatto meglio a partecipare», osserva Daoud Kuttab, direttore del Community Media Network di Amman. Certo, ammette, la Giordania è lontana dal Marocco, dove Mohammed VI può contare su un sistema di partiti che, rafforzato da riforme istituzionali, garantisce gradualità ai cambiamenti chiesti dalla piazza. Ma qualcosa si muove: «Il Fronte Islamico sperava che la comunità internazionale non consentisse il voto senza di loro e l'Egitto li sostenesse, peccato che Morsi li avesse sconsigliati dall'Aventino». Per quanto apparentemente tranquilla, la Giordania è marcata stretta dalle potenze regionali, a cominciare da Israele, dove alcuni giorni fa il falco del Likud Yak Shamir ci ha confessato di temere che «Abdallah potrebbe essere l'ultimo re hascemita». Con sei milioni e mezzo di abitanti di cui oltre la metà palestinesi, un tasso di disoccupazione giovanile del 40% (il 60% della popolazione ha meno di 30 anni), almeno 300 mila profughi siriani già dentro e 20 mila alle porte, 2 miliardi di dollari da rendere al Fondo Monetario Internazionale, il Paese naviga a vista. E quando a dicembre la piazza ha gridato «Irhal» (vattene), mettendo per la prima volta in discussione il monarca, a tremare non è stata solo Amman. «Nessuno vuole cacciare Abdallah, neppure i Fratelli Musulmani che qui, diversamente dall'Egitto, sono sempre stati alleati del regime» spiega l'attivista Khaled Ghazal Per capire la precarietà dell'equilibrio giordano bisogna osservare le donne velate che fanno la spesa. «Mai viste finora offerte speciali sul cibo» commenta Asma. Un kg di mele 0,99 dinari (circa un euro) invece di 2,55, un kg d'agnello 3 dinari invece di 7: con i 400 dinari al mese del marito impiegato c'è poco da scialare. «La crisi economica accentua il malcontento per la corruzione e per la mancanza di democrazia» dice Labin Kamhawi, analista politico e portavoce del Fronte Nazionale per le Riforme che rischia fino a 16 anni di carcere per vilipendio della monarchia. Domani i giudici decideranno se è responsabile degli insulti alla corona pronunciati (non da lui) durante un talk show cui partecipava. La Giordania balla sul Titanic: «Se il re insiste con riforme cosmetiche vedremo una deriva estremista dei giovani. Questo voto è una farsa. Dicono che ha partecipato il 56% degli elettori senza precisare che se n'era registrato solo il 68%, significa che hanno votato poco più di un milione e 200mila?». Alcuni fanno notare che Abdallah ha fatto un passo indietro, promettendo di consultarsi con i deputati per la nomina del prossimo premier. «Non sarà l'elezione ideale ma è qualcosa, tanto che per la prima volta sono andato a votare» racconta il grafico Ramzi Arabi, 38 anni. «Noi non arretriamo dalle nostre richieste di riforme» ripete il leader del Fronte Islamico Zaki Batti Rusheid. Sa che presto il sovrano dovrà nuovamente scontentare i suoi sudditi rincarando l'elettricità dopo il salasso sulla benzina. E non può farlo contando solo sulle tribù devote delle zone rurali, ha bisogno delle città dove prosperano la popolazione palestinese, gli islamisti, la protesta. Abdullah gioca le sue carte, per le prossime mosse il tempo stringe.
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