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Il Giornale Rassegna Stampa
25.01.2013 al Qaeda in Libia, occidentali a rischio
commento di Gian Micalessin

Testata: Il Giornale
Data: 25 gennaio 2013
Pagina: 14
Autore: Gian Micalessin
Titolo: «Altro che allarme Mali. È la Libia 'liberata' il fortino di Al Qaida»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 25/01/2013, a pag. 14, l'articolo di Gian Micalessin dal titolo "Altro che allarme Mali. È la Libia 'liberata' il fortino di Al Qaida ".


Gian Micalessin

La Francia vuole trascinare l'Europa nelle sabbie del Mali e il nostro governo si prepara a se­guirla. Eppure il vero santuario del terrore jihadista è la Libia «liberata» da Gheddafi grazie alla Francia e alla Nato. Un ruo­lo confermato da Londra, Am­sterdam e Berlino che ieri han­no lanciato un’allerta ai conna­zionali presenti nel Paese nor­dafricano, invitando i propri cittadini ad abbandonare Ben­gasi e il sud dove tutti gli occi­dentali sarebbero nel mirino.
Del resto - come il Giornale è in grado di ricostruire - l'atten­tato agli impianti della Bp di In Amenas in Algeria - conclusosi con la morte di 37 ostaggi e di 29 terroristi agli ordini di Mo­khtar Belmokhtar- è stato orga­nizzato a Tripoli attingendo ad armi, mezzi e munizioni di pro­venienza libica.
Tutto inizia quando Mo­khtar Belmokhtar, appena espulso da Al Qaida Maghreb (Aqim) per il suo coinvolgimen­to nei traffici di droga, si presen­ta nel Nord del Mali. Lì gli ex col­leghi di Aqim e quelli di Ansar Dine e del Movimento per l'Unità e la Jihad in Africa Occi­dentale, le altre due organizza­zioni jihadista presenti a Tim­buctu, lo costringono alla ritira­ta.
A dare una mano al «guer­cio » Belmokhtar, arriva Liami­ne Bouchenab, un trafficante di armi e droga che ha trasfor­mato l­a frontiera libica e algeri­na intorno a In Amenas nel pro­prio regno. Lì ha messo in piedi il gruppo narco terroristico dei «Figli del Sahara per la giustizia islamica» coinvolto nel rapi­mento di Sandra Mariani la tu­rista italiana sequestrata in Al­geria nel febbraio 2011. Liami­ne Bouchenab può inoltre con­tare su numerosi contatti con i gruppi integralisti libici con cui collabora ancor prima del­la caduta di Gheddafi. Grazie a Bouchenab, il «guercio» Bel­mokhtar si trasferisce al di là della frontiera libica e si mette in affari con i miliziani custodi degli ingenti arsenali razziati nei depositi d'armi del Colon­nello.
Tra una trattativa e l'altra, Belmokhtar arriva a Tripoli do­ve soggiorna per 18 giorni. No­nostante sia uno dei più perico­losi
capi terroristici del Ma­ghreb, la sua presenza nella ca­pitale s­fugge sia ai servizi segre­ti occidentali, sia all'intelligen­ce libica. Eppure il fantasma Belmokhtar non fa affari da po­co. In 18 giorni mette le mani su un'ottantina di pick up, tra cui 13 appartenuti alla scorta di Gheddafi e custoditi da una mi­lizia fedele al nuovo governo, centinaia di kalashnikov e mi­tragliatrici russe Fmpk, una de­cina di missili antiaerei russi Sam 7s, una cinquantina di lan­ciarazzi anticarro RPG-7V2, bombe a mano e tante ricetra­smittenti. In soli 18 giorni accu­mula un arsenale sufficiente ad armare e trasportare un eser­cito di almeno 400 uomini.
Il blitz di In Amenas che gli re­gala nuova fama e­potenza è pe­rò frutto dell'alleanza con Bou­chenab
e i suoi amici libici. Il suo nuovo braccio destro è in­fatti in contatto con i Ghediri, una famiglia algerina proprie­taria della compagnia di tra­sporti che rifornisce l'impian­to. Sicuro di avere in mano chia­vi e coordinate dell'impianto, Buchenab entra dalla Libia alla testa del commando terrorista. In cuor suo ha la certezza di po­ter non solo catturare gli ostag­gi, ma anche di poterli portare oltre la frontiera per poi ripiega­re verso le basi di partenza in­torno all'oasi libica di Gharda­ias. La mancata cattura del bus di lavoratori occidentali sfuggi­to all'agguato nelle prime fasi trasforma il blitz in un assedio e poi nel massacro costato la vi­ta anche a Buchenab e ai suoi uomini. Il ruolo di retrovia e di arsenale giocato dalla Libia di­mostra però che il nuovo san­tuario ed il vero arsenale africa­no di Al Qaida non è il Mali, ma la nostra ex colonia consegna­ta al disordine dall'intervento di Parigi e della Nato.

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