Il Qatar si allunga in Giordania commento di Daniele Raineri
Testata: Il Foglio Data: 24 gennaio 2013 Pagina: 1 Autore: Daniele Raineri Titolo: «Il re e gli islamici»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 24/01/2013, a pag. 1-4, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "Il re e gli islamici".
Daniele Raineri re Abdallah emiro del Qatar
Roma. Il giorno dopo il voto in Israele, sono arrivate le elezioni parlamentari in Giordania. Re Abdullah è in una posizione difficile: insieme con il Marocco, il suo è l’unico regno arabo a essersi impegnato a fare riforme reali, meno corruzione, meno povertà, politica più aperta, ma tutto si sta muovendo con troppa lentezza per accontentare i due milioni e mezzo di elettori giordani. In strada ci sono state manifestazioni di massa, che ricordano le proteste in Egitto e Tunisia, anche se sono state domate senza violenza. I gruppi islamisti giordani, su tutti la Fratellanza musulmana, accusano il governo di Amman di avere fatto leggi elettorali per favorire i partiti laici – nello specifico: avrebbero ritagliato i collegi elettorali secondo la divisione che tutti conoscono, le zone rurali dei clan stanno con il governo e quelle metropolitane, piene di palestinesi, pendono più verso i Fratelli, è facile diluire il voto avversario. Per questo gli islamisti hanno boicottato il voto di ieri, nella speranza di svuotarlo di significato. Il voto boicottato di ieri rischia di nominare un Parlamento che sarà una replica beffarda, invecchiata e ancora più conservatrice di quello attuale. L’esatto contrario di quanto sperava re Abdullah, che vedeva la giornata di ieri come l’inaugurazione di una nuova fase riformista che avrebbe permesso di scansare le proteste di rabbia – inevitabili, considerando il prezzo della benzina che aumenta e i video scandalosi che escono, come quello di pochi giorni fa che mostra candidati dei partiti di governo mentre bevono liquori e parlano malissimo del governo. Per battere il boicottaggio islamista ed evitare che il voto si trasformi in un insuccesso, nelle ultime settimane re Abdullah si è gettato in campagna elettorale – fatto senza precedenti. Incontri con l’opposizione, editoriali firmati sui giornali, interviste a tutto campo. Tanto che le previsioni, che indicavano un voto apatico e senza significato, potrebbero invece lasciare il posto a sorprese, come è successo ieri in Israele. Soprattutto, il re ha accettato di cedere parte dei suoi poteri, per prevenire la rabbia di piazza. Il potere di nominare il primo ministro passerà al nuovo Parlamento, che sarà anche responsabile della maggior parte degli affari quotidiani – sicurezza e politica estera rimangono nelle mani del re. Ai giordani sono concesse più libertà di opinione e di riunirsi in assemblea. Venerdì scorso l’ultima manifestazione dei Fratelli musulmani prima del voto è stata un flop, niente strade strapiene di folla, poche migliaia di manifestanti. I giordani sono stanchi del governo, ma temono anche gli effetti dell’instabilità: vedono la strage quotidiana in Siria, i profughi scappati al di qua del confine tra i due paesi nei campi di accoglienza trasformati in laghi di fango dal maltempo eccezionale di questo gennaio, osservano la brutta prova dei Fratelli musulmani al governo in Egitto, poco pratici e poco attenti ai problemi reali della gente nel loro desiderio scoperto di potere. Sebbene il paese sia piccolo, la minaccia alla stabilità della Giordania preoccupa i governi occidentali, in almeno due campi. Uno è la guerra in Siria. Americani, arabi e ribelli siriani stanno usando il confine nord come piattaforma di lancio per azioni contro il governo del presidente Bashar el Assad. Washington aiuta l’opposizione nella speranza che – assieme ai militari giordani e a quelli turchi – si prenda cura delle armi chimiche siriane, nel caso non siano più sotto il controllo diretto di Damasco. L’altro campo è la sicurezza di Israele, che si sente già troppo impegnato su altri fronti dal Sinai al Golan.
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