Israele: chi vince e chi perde
Analisi di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
ULTIM'ORA !! con il voto dei militari, alcuni cambiamenti:
1) "Jewish Home" Bayit Yehudi, aumenta 1 seggio = 12
2) "United Arab List" perde 1 seggio = 4
Manfred Gerstenfeld
Dopo una campagna elettorale priva di reali novità, i risultati compensano le mancate aspettative. Tutti sondaggi avevano previsto una maggioranza del centro-destra, alleato con i partiti ultra-religiosi, contro il centro sinistra più i partiti arabi.
Anche se mancano ancora i voti dei militari (si sapranno stasera n.d.t.), non ci saranno spostamenti rilevanti, la gara si chiuderà in parità. Il che vuol dire che c’è una coalizione di centro-destra con 50 deputati di Likud/IsraelBeitenu più “C’è un futuro”, il nuovo partito di centro di Yair Lapid, ma per arrivare alla maggioranza di 61 si devono aggregare altri partiti, come “Casa degli ebrei”, nazional-religioso, con 11 seggi, e Kadima che ne ottenuti solo 2. Un governo che potrebbe essere guidato dal Primo Ministro Benjamin Netanyahu.
Che si troverà di fronte alla prima sfida, il taglio del grave deficit di bilancio, 39 miliardi di Shekel – 4.2% del Pil- nel 2012, e che quindi dovrà prendere difficili misure. Il taglio del bilancio delle spese militari può essere il primo a farne le spese.
Una possible valutazione indica che gli israeliani hanno scelto volti nuovi. Per sfiducia nei partiti tradizionali, i loro leader e i loro rappresentanti alla Knesset.
Naftali Bennet, il miliardario self-made è l’altro candidato che ha avuto un relativo successo, portando a 11 i 5 seggi precedenti, una figura centrale durante la campagna elettorale, che però ha ottenuto un risultato lontano dalle previsioni.
Netanyahu, sebbene duramente contestato, è il vincitore con molti problemi delle elezioni, il suo partito, è seguito a molta distanza da “C’è un Futuro” . Nella passata Knesset aveva 27 seggi, mentre il partito di Avigdor Lieberman “IsraelBeitenu” ne aveva 15. Invece di superare i 45, come il guru americano Arthur Finkelstein aveva previsto, ne hanno persi 11 dei 42 che avevano in liste separate.
La situazione può persino peggiorare se i due partiti rimangono adesso separati.
Netanyahu guiderà un Likud con un solo seggio in più di “C’è un futuro”, i ministri Likud saranno in minoranza nel prossimo governo e ci saranno meno ministeri da dividere fra loro rispetto a quelli della passata legislatura. In più, Netanyhau, finchè non ci sarà il processo a Avigdor Lieberman, non sa se potrà ancora riservargli la carica di Ministro degli Esteri. Un risultato lontano dagli slogan in campagna elettorale, che invitavano gli elettori a votare un Primo Ministro più forte.
Anche Shelly Yachimovich può gridare vittoria per i 15 seggi del Partito Laburista, che con Ehud Barak come leader nel 2009 ne aveva 13. Barak, con altri quattro deputati, aveva lasciato il partito nel 2011, lasciandolo a 8. Yachimovich si è presentata in campagna elettorale come la leader dell’opposizione, ha promesso che non sarebbe entrata in un governo senza esserne Primo Ministro, per cui, anche se cambierà opinione, il suo ruolo in qualunque governo sarà limitato. In ogni caso il numero di seggi che ha ottenuto è inferiore a quanto indicavano i sondaggi.
Il partiti ultra-ortodossi – “Shas” sefardita e “United Torah Judaism” ashkenazita- mantengono i loro seggi, rispettivamente 11 e 6. Se rimarranno fuori dalla coalizione di governo, saranno loro i veri perdenti di queste elezioni. Il loro unico scopo è ottenere sussidi e finanziamenti per i loro elettori, molti dei quali mancano di una educazione laica e hanno molti figli. In un governo senza di loro, è probabile che verranno obbligati a condividere la legge che impone il servizio militare o quello civile. Il raggiungimento di questo obiettivo qualificherà in modo importante il futuro del prossimo governo, in modo ancora più rilevante del pur necessario taglio delle spese di bilancio e l’aumento delle tasse, che non saranno certo accolti in modo favorevole.
Questa volta ci sono stati più sondaggi che in ogni altra elezione, ma l’alto numero degli indecisi, perfino alla vigilia del voto, hanno ridotto fortemente il loro valore.
Con tutta la confusione e l’incertezza che c’è stata, saranno in pochi a stupirsi se le prossime elezioni parlamentari si terranno molto prima delle loro regolare scadenza nel 2017.
Manfred Gerstenfeld fa parte del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs, dove è stato presidente per 12 anni. Collabora con Informazione Corretta