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Ugo Volli
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L'odio di sè 17/01/2013
 

L'odio di sè
Breve storia, di Ugo Volli

Spett. Redazione, nel riconfermare la mia stima e soprattutto la mia gratitudine per il prezioso lavoro che I.C. svolge, avrei necessità di riferimenti o indicazioni relative ad esempi di "odio di sé ebraico", specialmente da parte di figli o nipoti di persone direttamente colpite dalla Shoah. Il motivo della mia richiesta è legato ad un gruppo di studio in fase di costituzione all'interno della Società Psicoanalitica Italiana di cui faccio parte.
Nel ringraziare, un caloroso shalom.
dott. Alberto Sonnino (Roma) 

Gentile dott. Sonnino,

IC ovviamente si occupa di 'odio di sé' dal punto di vista politico e non psichiatrico o psicanalitico.
Chiamiamo "odio di sé" in maniera riassuntiva, l'atteggiamento di coloro che, pur essendo ebrei, si allineano alle posizioni politiche dei nemici di Israele e in generale del loro stesso popolo.


Shlomo Sand     Noam Chomsky  Ilan Pappe


Naturei Karta

Vi sono diversi gradi di questa sindrome, dalla negazione stessa dell'esistenza del popolo ebraico di Shlomo Sand alla demonizzazione sistematica di Israele ad opera di settori ultraortodossi come i Naturei Karta e i Satmar e di laici come Chomsky e Pappe, fino alla versione morbida di coloro che consentono con Obama che Israele, unico Stato al mondo, non sarebbe in grado nemmeno di identificare i suoi veri interessi e quindi andrebbe commissariato, magari dagli stessi odiatori - naturalmente al fine buono di salvarlo da sé, oltre ad accontentare in suoi nemici.
Questo atteggiamento è però stato spesso defnito in termini quasi-psichiatrici, per esempio in quel libro formidabile e documentatissimo (e per questo largamente ignorato e per esempio mai discusso dall'ebraismo italiano) che è "The Oslo Syndrome" di Kenneth Levin. La sindrome di Oslo somiglia non solo geograficamente a quella detta di Stoccolma: le vittime di rapimenti e di rapine, spesso si sentono in dipendenza psicologica dai loro aggressori, e dunque li appoggiano, e collaborano anche praticamente con loro.
Del resto anche Freud, per esempio nel libro sul Witz, ha ipotizzato che l'umorismo ebraico fosse una forma di autoaggressione simbolica, dovuta sì al tentativo di attenuare la tensione provocata dall'aggressione degli antisemiti, ma anche da una certa introiezione del loro punto di vista nella psiche degli ebrei.
I casi del genere sono numerosi nelle persone maltrattate, che tendono a "punirsi" da sole per colpe immaginarie. Ma colpisce anche interi gruppi sociali emarginati e diseredati, che si disprezzano assumendo lo sguardo dei loro nemici. E' accaduto agli omosessuali, per esempio e non di rado agli ebrei, soprattutto a coloro che non riuscivano a staccarsi dalla loro sorte, restavano ebrei agli occhi della maggioranza anche dopo la conversione. Nei secoli bui dell'Inquisizione cattolica non vi sono stati nemici peggiori dei loro fratelli degli inquisitori convertiti. E i peggiori persecutori stalinisti degli ebrei nell'Urss erano altri ebrei membri del Partito che dovevano farsi perdonare questo stigma.
La sindrome politica può dunque essere anche espressione di un problema psichico.


Otto Weininger

Basta pensare al caso più classico di odio di sé, quello di Otto Weininger, ebreo di origine, che dopo aver scritto un trattato piuttosto delirante intitolato "Sesso e carattere", in cui se la prendeva con le donne e con gli ebrei in quanto femminili, non si accontentò della sua conversione al protestantesimo, forma di suicidio simbolico evidente in questo caso, ma si ammazzò anche nel senso letterale. Non a caso Hitler ebbe a dichiarare dopo la sua morte che Weininger era l'unico ebreo che apprezzava.
Ma per noi, lo ripeto, il problema è politico. Che le conseguenze delle persecuzioni possano essere problemi psichici anche molto gravi e perfino mortali, è cosa che purtroppo si sa di molti scampati ai campi di sterminio. Non possiamo che averne rispetto. Ma che in persone non particolarmente colpite, ma solo timorose, come molti delle ultime generazione degli odiatori di sé alberghi una sorta di rancore per i propri simili e per la loro organizzazione politica, lo stato di Israele, è materia da contrastare politicamente, forse anche da curare, non certo da compatire e da comprendere.

Ugo Volli



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