Siria, il regime resiste anche grazie alla mancanza di strategia dell'Occidente e continuano le stragi
Testata: Il Foglio Data: 16 gennaio 2013 Pagina: 3 Autore: Redazione del Foglio Titolo: «La guerra più giusta»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 16/01/2013, a pag. 3, l'editoriale dal titolo "La guerra più giusta".
Aleppo
Ieri mattina era il primo giorno di esami, nell’Università di Aleppo, e già questo suona strano, perché la seconda città della Siria è sotto assedio da mesi e non te l’aspetti che vuole vivere, ma siccome qui gli studenti sono maggioranza, l’università impone il suo business as usual: si studia, si va a fare gli esami, si mette un voto sul libretto, un giorno tutto questo ti sarà utile – sembra di sentirlo, quel business as usual. Ieri sera l’Università di Aleppo era stata sventrata, la facciata giallognola non esisteva quasi più, al suo posto c’erano aule a vista, calcinacci, corpi, tanti ragazzi che piangevano e si contavano e non si trovavano e si disperavano. Almeno cinquanta le vittime secondo l’Associated Press, più di 80 secondo la France Presse. Ma non c’era bisogno di un numero preciso per capire che quello era uno squarcio, nelle vite degli studenti e nelle vite di noi occidentali che commentiamo, pontifichiamo, ci riempiamo la bocca con le disserzioni sulle guerre giuste, le guerre sbagliate, le non guerre. L’opposizione al regime di Bashar el Assad dice di aver visto le bombe dal cielo, la tv di regime sposava la solita tesi del “terrorismo”, razzi lanciati dai gruppi fondamentalisti che infestano il nord della Siria, accomunati ai ribelli dalla causa del regime change, causa contingente al servizio del sogno più grande della vendetta sunnita, del califfato qaidista. In Siria c’è una guerra civile ammantata di surrealismo, con i funzionari del regime che dicono che Assad si vuole candidare alle prossime elezioni, come un normale “incumbent” che cerca la conferma del popolo e che quando parla sembra che sia seduto su uno scranno sicuro e tranquillo, tutto quello che vedete è propaganda, non fatevi ingannare. Assad ha lanciato il solito finto appello al dialogo che abbiamo già visto in paesi come lo Zimbabwe e che è stato rifiutato perché il dialogo con un capo di stato che bombarda il suo popolo non è possibile neppure per un’opposizione tanto frammentata e scomposta. La repressione del regime va avanti da quasi due anni, molti invocano un intervento ma nessuno fa barricate, perché in “Siria tutto è diverso”. Tanto diverso che non si sa nemmeno a chi dare le armi, tanto diverso che guardiamo gli studenti che piangono e dobbiamo voltare lo sguardo, logorati, imbarazzati come siamo dalla mancanza di una strategia.
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