Elezioni in Israele, il tema centrale è il nucleare iraniano commento di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 16 gennaio 2013 Pagina: 3 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Così l’Iran entra di forza nella campagna elettorale d’Israele»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 16/01/2013, a pag. 3, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Così l’Iran entra di forza nella campagna elettorale d’Israele".
Giulio Meotti
Roma. “La mia priorità sarà impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari”. Così il primo ministro Benjamin Netanyahu ha portato l’Iran dentro alla campagna elettorale d’Israele, dove si voterà il 22 gennaio. Finora lo spettro dello strike militare israeliano contro le centrali atomiche di Teheran, che ha ossessionato l’opinione pubblica per oltre un anno, era rimasto fuori dall’arena politica. E’ stato l’ex premier Ehud Olmert, pur non direttamente coinvolto in questa tornata elettorale, a lanciarsi contro Netanyahu. Nelle scorse settimane altri attacchi erano stati indirizzati nei confronti dell’attuale premier dal capo di stato, Shimon Peres, e da Yuval Diskin, ex capo dello Shin Bet (sicurezza interna). Olmert adesso accusa Netanyahu e l’ex ministro della Difesa, Ehud Barak, di aver sperperato negli ultimi due anni una cifra astronomica – da lui quantificata in undici miliardi di shekel, oltre due miliardi di euro – per progetti militari “di pura fantasia”. Dati sensibili sull’Iran di cui finora non si conosceva l’entità. Anshel Pfeffer, il giornalista di Haaretz che si occupa dello strike contro gli ayatollah, parlando al Foglio dice che “l’enfasi di Netanyahu sull’Iran è stata indebolita da due fatti importanti: l’offensiva contro il premier da parte dei capi della sicurezza, come Diskin, dalla rielezione di Obama alla Casa Bianca e dalla nomina di Chuck Hagel al Pentagono. La scelta di quest’ultimo significa che l’America non è interessata ad attaccare l’Iran”. Il dossier iraniano è stato “silenziato” per una serie di ragioni, continua Pfeffer. “C’erano già stati molti scontri tra Gerusalemme e Washington negli ultimi quattro anni e l’ultima cosa di cui aveva bisogno Netanyahu era che gli venisse ricordato. Il premier ha poi visto tutti gli ex capi dell’establishment della sicurezza schierati contro di lui. Inoltre, per adesso lo strike è sospeso. Netanyahu stesso ha ammesso che Israele non attaccherà prima di metà anno. Gaza infine è molto più vicina di Teheran per lanciare missili”. Parlare di nucleare iraniano in Israele significa parlare di Obama, con cui Netanyahu ha avuto momenti di tensione altissima proprio sul nucleare di Teheran. Secondo quanto riferito dal giornalista Jeffrey Goldberg, il presidente americano alcuni giorni fa avrebbe detto che “Israele non sa quali siano i suoi interessi”. Proprio la volontà di Netanyahu di costruire una coalizione di guerra sull’Iran potrebbe spingerlo a rifiutare l’alleanza con il suo partner naturale, la superdestra di Naftali Bennett, per allearsi con le formazioni del centro, guidato da Tzipi Livni e Yair Lapid. Ne parliamo con l’intellettuale israeloamericano Yossi Klein Halevi, editorialista del New York Times e altre testate e senior fellow all’Hartman Institute di Gerusalemme: “Netanyahu è preoccupato che una coalizione di destra aumenterà l’isolamento d’Israele nel momento in cui dovrà decidere se e quando attaccare l’Iran. Finora Netanyahu è stato in grado di creare la pressione internazionale, che prima non esisteva, sul nucleare iraniano. E’ questa la chiave del successo politico di ‘Bibi’. Avere nella coalizione un partito che vuole annettere il sessanta per cento della Cisgiordania (riferimento a Naftali Bennett, ndr) sarebbe un problema enorme sul fronte iraniano. Il 2013 sarà l’anno della decisione israeliana su Teheran, perché nessun altro attaccherà, non certo l’America. E’ questo il significato della nomina di Chuck Hagel a ministro della Difesa da parte di Obama. Significa che l’America non interverrà nelle crisi internazionali, ma sarà più simile all’Europa. Ma molto dipende anche da come Israele sarà percepito nell’opinione pubblica internazionale, se come uno stato ragionevole o come un ‘rogue state’. Quella di Olmert è una delle più irresponsabili dichiarazioni pubbliche mai fatte da un ex primo ministro israeliano. La minaccia di Netanyahu ha funzionato ed era costosa. Il 2013 adesso sarà l’anno della decisione sull’Iran”. Con ironia, il giornale filogovernativo Israel Hayom scrive che Hagel “sarebbe il candidato idoneo alla carica se vivessimo in un mondo utopico”. Dice invece Amnon Lord, direttore del quotidiano Makor Rishon e intellettuale vicino a Netanyahu: “Hagel è una scelta sbagliata non per la sua attitudine nei confronti di Israele, ma per la sua tendenza isolazionista e perché è un perdente sulla questione iraniana. Hagel vuole difendere le spiagge della Florida e schierare i missili Arrow a difesa di Washington”. Il leader di destra Naftali Bennett è stato uno dei pochi a non criticare la nomina al Pentagono dell’eroe di guerra del Vietnam: “E’ un affare americano, non nostro”, ha detto Bennett su Hagel. Paradossalmente, un certo isolazionismo in politica estera unisce il nuovo leader di Focolare ebraico e il realista Hagel: riduzione degli aiuti statunitensi a Gerusalemme e diritto di quest’ultima a lanciare un attacco preventivo contro Teheran, con o senza il consenso degli americani. “L’aiuto militare americano è l’un per cento dell’economia israeliana”, ha detto Bennett. “Dobbiamo liberarcene. Israele è forte e deve essere indipendente”. Quanto ad attaccare i siti di Teheran, Bennett è stato chiaro: “Per la prima volta nella storia un regime islamico maniacale potrebbe acquisire armi atomiche. Spetta a noi fermarli”.
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